Commercialisti sotto inchiesta: l’Ordine scende in campo per difendere la categoria

Intervista al presidente Federico Ratti: “Le indagini sono sempre partite da segnalazioni dei colleghi. La rete è fatta da professionisti seri e preparati”
Arresti inaspettati, perquisizioni imbarazzanti e inchieste scottanti: mai come in queste ultime settimane i commercialisti brianzoli sono finiti nel mirino di Procura e Guardia di Finanza. In almeno un paio di circostanze, grazie alle presunte malefatte di alcuni loro colleghi, sono i professionisti della dichiarazioni dei redditi finiti negli articoli di cronaca giudiziaria di diverse testate locali e non solo. E ovviamente, con titoli decisamente poco lusinghieri.
Tuttavia, a difendere l’onorabilità della categoria è sceso in campo l’Ordine dei commercialisti di Monza e Brianza attraverso il suo presidente, Federico Ratti, che ha messo in evidenza un fatto forse passato sotto silenzio: le indagini della Procura e della Guardia di finanza sono partite grazie a delle segnalazioni di altri commercialisti. Il primo episodio di cronaca risale allo scorso 13 febbraio quando, nell’ambito di un’inchiesta ribattezzata Project, le fiamme gialle hanno arrestato quattro imprenditori e due commercialisti brianzoli, padre e figlio, collaboratori del Tribunale di Monza con incarichi di curatori fallimentari in numerose procedure concorsuali e custodi di beni pignorati. L’accusa nei loro confronti è di bancarotta fraudolenta.
Prima di loro, tuttavia, era toccato a un altro a un alto commercialista brianzolo che, assieme a una mediatrice immobiliare e un imprenditore, è stato arrestato dalla guardia di finanza di Monza con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta per una presunta procedura pilotata per una gara di assegnazione di un capannone nel comune di Muggiò. A questi episodi se ne sono poi aggiunti alcuni altri di minore rilevo, ma che hanno comunque contributo a creare un certo clima.
“Ne capisco le ragioni – ha commentato il presidente Ratti -. Tuttavia, credo valga la pena notare che la prima segnalazione alla Procura che qualcosa non stava girando per il verso giusto e che qualcosa non quadrava nei conti, è arrivata proprio dagli stessi curatori colleghi di quelli che sono poi finiti nei guai”.
Il segnale, insomma, è che la rete dei commercialisti brianzoli al massimo presente qualche smagliatura, ma non certo dei buchi. “Il tessuto è sano e la dimostrazione sta nel fatto che quando è servito, i meccanismi di controllo sono scattati tempestivamente. Fra noi e la Procura esistono ottimi rapporti, lavoriamo nella medesima direzione, a favore di legalità e trasparenza e il nostro compito è di fare in modo che le procedure fallimentari seguano l’iter previsto”.
Il timore dell’Ordine è che per colpa delle classifiche due o tre mele marce, l’intera categoria finisca per perdere di credibilità. Attualmente i commercialisti che collaborano col tribunale sono circa 200, vale a dire il 10% degli iscritti complessivi all’Ordine. “Qualcuno potrebbe persino pensare che il nostro sia un mestiere a rischio – ha aggiunto Ratti -. Visto che lavoriamo così a stretto contatto con fallimenti, ingenti somme di danaro e via dicendo, si qualcuno potrebbe dire che prima o poi la tentazione arriva. Invece non è così. Noi abbiamo a che fare con un sistema di regole ben definito e con un sistema di controlli altrettanto ben equilibrato. La dimostrazione è che il padre e il figlio finiti nei guai a metà febbraio, già un anno fa erano stati sospesi proprio a seguito di alcune segnalazioni da parte di altri colleghi che avevano riscontrato passaggi poco chiari nei loro conti”.