Fallito con 4 mln di credito dallo Stato: Bramini scrive al Tribunale

30 aprile 2018 | 15:04
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Fallito con 4 mln di credito dallo Stato: Bramini scrive al Tribunale

Lettera al Tribunale, l’imprenditore chiede giustizia. Lui che da anni si batte contro uno Stato che gli sta per togliere tutto. “Lotterò per la mia casa”

E’ fallito con quattro milioni di euro di credito dallo Stato, la sua azienda di smaltimento rifiuti ha chiuso i battenti nel 2011, quando le Ato, enti locali a partecipazione pubblica, hanno smesso di pagare i lavori svolti in numerosi comuni italiani.

Il 18 maggio prossimo è previsto lo sgombero con pignoramento della sua abitazione di Monza, villa che l’imprenditore ha ipotecato per non chiudere e mantenere i posti di lavoro dei suoi dipendenti, nella speranza che i crediti gli venissero saldati.

Parliamo di Sergio Bramini, imprenditore come tanti se ne vedono nella nostra bella Italia, molto lontano dagli stereotipi televisivi dove chi fa impresa viene spesso dipinto come un ladro, sfruttatore e con la villa in Costa Azzurra e la Porche in garage (che pure, se guadagnate onestamente, non sono un’onta).
Lui ha lavorato per una vita, si è costruito sudando una bella casa per la sua famiglia, moglie, tre figli e una nipotina a carico, che ora si vedrà strappare via sotto il naso per un errore che non ha commesso lui.

A volte succede, seppur con le migliori intenzioni, di commettere errori di valutazione nel momento di mercato sbagliato, e in men che non si dica perdere tutto. Non esiste un paracadute per gli imprenditori, ma questo è un altro discorso. Qui la vicenda è diversa. Bramini è fallito perchè lo Stato non ha pagato.

Di diverso avviso è il Tribunale di Monza che, tramite nota ad un quotidiano, afferma che a far fallire Bramini non sia stato un credito di Stato. L’imprenditore, a tale nota, ha risposto così “apprendendo dai giornali le considerazioni della Presidente del Tribunale di Monza Laura Cosentini, mi sento in dovere di rispondere nel merito anche perché il suo tentativo di garantire la completa informazione è probabilmente sfumato”. Poi prosegue Bramini “in primo luogo mi preme puntualizzare che gli ‘enti locali’, verso i quali ero creditore, sono di fatto pubbliche amministrazioni e pertanto amministrazioni dello Stato”, il Tribunale ha invece scritto che i crediti con le Ato non sono crediti dello Stato, “so di non essere un Giudice o anche solo un avvocato ma se la Presidente del Tribunale non mi crede, la invito a leggere l’art. 1 comma 2 del Decreto legislativo 165 del 2001 che lo spiega in maniera inequivocabile”. Secondo Bramini “come la Presidente la pensavano anche il curatore ed il Giudice del tribunale fallimentare di Milano, visto che non solo non hanno cercato di ottenere la certificazione con garanzia dello Stato dei crediti della Icom, ma hanno anche pensato bene di “transare” a saldo e stralcio”.

Stando quanto dichiarato da alcuni imprenditori che come Bramini sono falliti per crediti non saldati da Enti pubblici “d’altra parte parliamo di uno Stato dove anche il passato Governo tentava di nascondere i debiti delle Pubblica Amministrazione alla Comunità Europea, negando la certificazione alle imprese. Forse non può essere considerato irrazionale credere che anche i Tribunali fallimentari perseguissero questa linea”. Ha continuato ” quello che dico è pacificamente dimostrabile, ci sono i documenti a comprovarlo, così come i documenti provano che il curatore si è insinuato nell’esecuzione immobiliare sulla base di un atto nullo intestato a mio figlio e non al sottoscritto”.

Lo svolgersi delle procedure, secondo l’imprenditore, non sarebbero state corrette “il curatore fallimentare sta continuando a chiedere soldi alla società di mia moglie accusandola di aver tenuto delle attrezzature che in realtà ha venduto lui, cosa peraltro dimostrata anche dal programma televisivo “Le Iene”. A restituire il denaro che a Bramini sarebbe servito per sanare l’esposizione con le banche, avrebbe quindi dovuto pensarci l’ente pubblico “oggi la banca quei soldi li rivuole (giustamente) indietro e con gli interessi, ma gli interessi sui crediti della Icom previsti dalla Legge 231/2002 che fine hanno fatto? Ah già…quelli sono stati probabilmente stralciati dal curatore fallimentare!”.

Bramini chiude rivolgendosi direttamente alla Presidente del Tribunale “come vede Presidente, le questioni assumono forme diverse a seconda del lato da cui le si guarda, ma sono comunque contento di aver potuto leggere la sua nota ufficiale perché ho potuto scoprire il motivo della volontà del Tribunale di Monza di sgomberare l’abitazione già prima dell’eventuale vendita”.

In casa sua, per la cui eventuale messa all’asta Bramini afferma di non aver mai fatto ostruzionismo a che l’immobile venisse valutato o visitato da potenziali acquirenti, i due parlamentari Corbetta dei 5 stelle e Crippa per la Lega, hanno eletto il proprio domicilio parlamentare, facendo appello all’articolo 68 della Costituzione, che impedisce perquisizioni e pignoramenti di immobili sede di attività parlamentari.

Durante una puntata delle “Iene”, andata in onda domenica sera, viene mostrato un documento nel quale il magistrato (che non ha voluto rispondere alle domande dell’intervistatore) avrebbe informalmente chiesto un parere al Senato relativamente all’inviolabilità del domicilio parlamentare, cosa che la stessa segreteria del Senato avrebbe invece smentito.