Casa Bramini sigillata: “Me la riprenderò, non mi hanno fermato”

18 maggio 2018 | 21:26
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Casa Bramini sigillata: “Me la riprenderò, non mi hanno fermato”

La mobilitazione popolare e parlamentare non ha impedito che oggi fosse pignorata la casa di Sergio Bramini. Una giornata da cardiopalma. Ecco cosa è successo.

La volontà di cambiare le cose che si scontra con le regole, che vanno rispettate ma che tante volte, come ha dichiarato ieri Luigi Di Maio, seppur legali non sono giuste. La speranza di poterci riuscire dimostrando buona volontà, che scontra ancora con la rigidità di un sistema forse necessario con chi si approfitta della legge, ma implacabile e inumano con chi cade per colpe che non sono le sue. Questo è l’epilogo di quanto accaduto a Sergio Bramini, imprenditore monzese fallito con 4 milioni di euro di credito dallo Stato e che dopo 27 anni ha dovuto abbandonare la sua casa, per decisione del Tribunale Fallimentare di Monza. Mentre i fabbri mettevano i grimaldelli alle porte di casa sua, al termine di un pomeriggio al cardiopalma dove il suo entourage, avvocati, amici, politici, cronisti, hanno sperato fino all’ultimo di vederlo rimanere, Sergio ha fatto una promessa: “se pensano di avermi fermato si sbagliano, mi spezzeranno, ma non mi piego”. Poi ha aggiunto “farò di tutto per riprendermi casa mia”.


Un anno e mezzo fa, personalmente, lo incontrai sulle scale di Palazzo di Giustizia, con un cartello al collo, che chiedeva aiuto. Lo avvicinai e gli chiesi cosa non andasse. Da allora, insieme a tanti altri colleghi di stampa e televisione, abbiamo seguito la sua storia, scavando a fondo per capire cosa lo abbia portato al tracollo. Dopo aver lavorato per decenni nello smaltimento rifiuti con la sua “Icom”, nel 2011 Bramini ha dovuto chiedere i battenti. I crediti che vantava dalle Ato di vari comuni del sud Italia, lo hanno portato alla bancarotta. Per cercare di salvare azienda e dipendenti, Sergio ha ipotecato la sua casa, sperando che negli anni la liquidità bancaria derivante da quell’impegno sarebbe stata più che sufficiente per arginare l’attesa dei pagamenti che le Ato gli dovevano. Soldi che però non sono mai arrivati. Quando è fallito, Sergio ha spiegato di essersi sentito dire che “avrebbe dovuto chiudere prima, licenziare e non ipotecarsi casa”, ovvero si sarebbe sentito accusare di aver causato lui il collasso della sua vita. Secondo gli atti a suo carico, sarebbe anche stato sospettato di aver simulato una separazione fittizia dalla moglie per farle intestare casa e salvarla, e di aver rifiutato due proposte di acquisto. In un esposto che lo stesso imprenditore ha presentato alla magistratura milanese, opponendosi alla procedura del curatore fallimentare, Sergio ha scritto “l’ipoteca non si sarebbe estinta, quindi mi hanno accusato di aver simulato la separazione da mia moglie, quando non sarebbe servito a nulla”. Secondo il suo racconto invece, in quel momento, proprio per la sua decisione di ipotecare la casa senza l’appoggio dei suoi cari, la famiglia avrebbe vissuto realmente un grave momento di crisi. Quelle due proposte di acquisto, secondo l’imprenditore, erano sottostimate e non gli avrebbero permesso di estinguere il debito. Inoltre Sergio ha sempre dichiarato che alcuni dei suoi macchinari “furono venduti con atti illegittimi”.

Ieri sera e stamattina, richiamati dalla folla di persone che nelle ultime settimane si sono fatte portavoce della sua storia, anche Luigi Di Maio e Matteo Salvini, leader di Cinque Stelle e Lega, sono venuti personalmente a portare sostegno a Bramini, assicurandogli di voler lavorare per mettere mano alla legislatura fallimentare. Dopo la proposta che ieri gli ha fatto Luigi di Maio di diventare consulente del nuovo Governo in materia di fallimenti, Bramini ha assicurato: “ce la metterò tutta, per fare in modo che queste cose non accadono più”.

Accanto a lui si sono schierati numerosi parlamentari, tra cui Andrea Crippa della Lega e Gianmarco Corbetta del M5S, i quali avevano spostato il loro domicilio parlamentare a casa dell’imprenditore nelle scorse settimane. Oggi, dopo circa un’ora di trattativa, gli ufficiali giudiziari hanno però comunicato a Bramini l’avvio della procedura di sgombero, negando il rinvio di 30 giorni chiesto dal suo avvocato William Morelli, nonostante la presenza di un imprenditore pronto a saltare il suo debito. Quando Sergio è uscito dall’ufficio, passando per il giardino dove oltre duecento persone sono arrivate a sostenerlo, si alzato un unico coro: “Vergogna”.

Poi l’imprenditore è rientrato in casa e a quel punto c’è stato un momento di tensione. Chi era fuori voleva entrare, ma la Polizia all’interno della sua abitazione, per non creare situazioni di pericolo, ha tentato di contenere la folla. Bramini è finito nel mezzo, poi tra tra le braccia della Polizia e, sfinito dalla tensione, ha accusato un malore. Ripresosi dopo essere stato visitato dai sanitari del 118, chiamati per sicurezza, Sergio ha ripreso forza e ha iniziato a portare fuori le sue cose, accompagnato dalle figlie, dalla sorella e da altri familiari ed amici. Poi sono scattate le serrature alle porte, mentre lui restava appoggiato alla porta di casa sua per l’ultima volta, gli occhi gonfi ma fieri, profondamente abbattuti, ma non sconfitti.

“Dopo 27 anni lascio la mia casa, essere cacciato in questo modo è un’umiliazione tremenda” – ha detto, ribadendo di essere rimasto sconcertato perché – “la banca aveva detto di si, ma il curatore si è opposto”. Poi ha aggiunto – “hanno voluto dimostrare che la magistratura scavalca gli altri poteri, questo è stato anche un conflitto istituzionale, di cui chi va al governo dovrà tenere assolutamente conto”. E ha concluso “se pensano di avermi fermato, si sbagliano, forse mi spezzeranno, ma non mi piego”. Quando a bordo della sua auto ha lasciato la sua abitazione, alcune delle circa duecento persone che oggi lo hanno affiancato, hanno applaudito urlando il suo nome.