Da Milano a Los Angeles, la storia del giovane Edoardo Achilli

Edoardo, 29 anni il prossimo 19 ottobre, vive negli Usa da 4 anni. Dopo un corso di studi in filmmaking, da un anno lavora soprattutto come direttore di fotografia e gaffer. E ha preso parte a circa 60 film.
Entrare a far parte dello star system del cinema hollywoodiano è il sogno di tanti sin dalla più tenera età. Per la maggior parte delle persone, però, la cosiddetta settima arte resta un mondo irraggiungibile pieno di luci sfavillanti, colori abbaglianti e immagini spettacolari. C’è chi, invece, con la caparbietà, la passione e lo studio, riesce ad aprirsi qualche porta. E da uno spiraglio, magari all’inizio minimo, piano piano trova il proprio spazio. Una strada lunga e difficile, ma con tante possibili soddisfazioni personali.
Anche perché il mondo del cinema non è fatto solo di attori strapagati e famosi, dei loro ricchi agenti, di registi e di compositori di colonne sonore. Ci sono anche tante figure che, quasi sempre sconosciute al grande pubblico, si occupano delle molteplici mansioni tecniche ed organizzative necessarie alla realizzazione di un’opera filmica. Esempi sono il direttore di fotografia e il gaffer, la persona a capo del reparto di luci che collabora, proprio con il direttore della fotografia, nel creare l’illuminazione della scena.
Due tra i ruoli per i quali si sta facendo strada negli Stati Uniti Edoardo Achilli. Un giovane che dal nostro territorio, per l’esattezza dalla vicina Milano, è sbarcato nel maggio 2015 a Los Angeles, la capitale indiscussa del cinema hollywoodiano e del jet set internazionale. Nella metropoli californiana Edoardo, 29 anni il prossimo 19 Ottobre, ha completato il suo corso di studi in filmmaking, che aveva iniziato nel 2014 a New York, prima tappa del suo personale viaggio in America.
Dopo 4 anni di frequentazioni nel mondo del cinema ed uno di lavoro in questo particolare tipo di industria, ha fatto esperienza nella crew cinematografica di circa 60 film, di cui un buon numero ha vinto dei premi. Ed è solo all’inizio del suo percorso. Perché, come ci racconta in questa intervista, il giovane milanese, medico e biologo mancato dopo gli studi scientifici al liceo, sta continuando ad accrescere le sue poliedriche competenze nel mondo della cellulosa. E’ soprattutto un gaffer e cinematographer, ma continua a scrivere le sue sceneggiature e ha altri progetti come regista.
Edoardo, a soli 29 anni, hai già una vita ricca di cambiamenti ed episodi da raccontare. Senza partire dal tuo battesimo, come è successo che oggi vivi a Glendale, un sobborgo alle porte di Los Angeles?
Sono nato e cresciuto a Milano, ho intrapreso studi scientifici fin dal liceo, con l’idea di entrare a medicina. Quando ho iniziato la mia carriera universitaria non sono riuscito ad entrare a medicina al primo tentativo, allora mi sono iscritto a biologia. Quando è arrivato il momento di iscrivermi di nuovo a medicina stavo studiando per degli esami di biologia. Ero così impegnato che ho mancato la data di iscrizione a medicina per un giorno. A quel punto ho realizzato che studiare ad una scrivania sui libri non faceva per me. Cercando di capire che volessi fare mi sono trovato davanti a due scelte: una scuola di gastronomia molto prestigiosa oppure una scuola di cinema, le due mie grandi passioni.
Ed evidentemente hai scelto la seconda, giusto?
Assolutamente sì. Così ho trovato la New York Film Academy (NYFA), una buona scuola basata su un programma molto pratico. Sono partito per Firenze, dove la scuola offre vari corsi e ho provato il mondo del cinema per un paio di mesi. Mi sono subito appassionato a tutto il procedimento per portare alla luce queste storie e sentimenti scritti nelle sceneggiature. Qui inizia il mio viaggio verso l’America.
In che anno succedeva tutto questo?
Era il Gennaio 2014 quando ho iniziato il mio corso di studi in filmmaking a New York, vivendo in uno squallido appartamentino a Brooklyn. A Dicembre, finito il primo anno, ho dovuto tornare in Italia per un semestre a causa di problemi personali. A maggio 2015 ero a Los Angeles per iniziare il mio secondo anno. Due anni dopo, nel maggio 2017, ho terminato il mio corso di studi. Adesso è un anno che lavoro nell’industria del cinema.
Tra le tanti mansioni del mondo del cinema, in quali ti sei specializzato?
Durante i miei studi mi sono sempre più appassionato al lavoro relativo alla telecamera e alle luci. Ho lavorato in molte delle posizioni di cui è composta una crew cinematografica, ma mi sono specializzato come cinematografo/direttore della fotografia e gaffer, la mia attività principale attualmente. Ho anche lavorato e a volte lavoro tutt’ora come Key grip, electrician, Assistant camera. Ovviamente continuo a scrivere le mie sceneggiature e ho altri progetti come regista.
Puoi spiegare a noi profani chi sono il gaffer e il Key Grip?
Il gaffer è la persona a capo del reparto di luci che collabora con il direttore della fotografia nel creare l’illuminazione della scena. Sotto di lui ci sono vari elettricisti. Il direttore della fotografia si occupa anche di creare il lavoro con la telecamera, posizione/movimento/inquadrature, insieme al regista. Il Key grip è a capo della manovalanza.
Nei tuoi 4 anni nel mondo del cinema, a quanti film hai partecipato?
Ho lavorato in circa 60 film. Un buon numero ha vinto dei premi. Mi piace ricordare “Locked” (2016), “Cage”, “Red”, “Curse Named Love” e “Black Moonlight”, tutti del 2017, in cui ho svolto la mansione di gaffer. Nel 2018, inoltre, ho lavorato in una collaborazione della mia scuola (NYFA) con Mariano Di Vaio, che ha 6,3 milioni di followers su Instagram, per una pubblicità di un prodotto di capelli della sua compagnia Nohow. Nei giorni scorsi ho lavorato per il regista Meshal Al Jaser, che ha 1,6 milioni di followers su Instagram ed è molto conosciuto in Medio Oriente, specialmente in Arabia Saudita, per “Humanitarian MV”. Ho appena svolto la mansione di gaffer per un film che sarà presto un lungometraggio e sta venendo girato a pezzi.
Quali consigli daresti a chi avesse voglia di lavorare nel mondo del cinema?
Bisogna credere in se stessi e nelle proprie possibilità, farsi molta gavetta e non mollare mai. Fondamentale è crearsi una rete di conoscenze, perché è così che si trova lavoro. E’ un’attività stancante con una certa nota di incostanza, ma è divertente e non c’è un altro lavoro come quello della crew cinematografica! Io mi ci sono appassionato dal momento in cui l’ho provato, è un po’ come portare alla luce sogni, rendere qualcosa che è fantasia realtà.
Non hai ancora vinto un Oscar, cosa che da italiani ti auguriamo. Ma a chi faresti i tuoi ringraziamenti di rito per essere arrivato dove sei?
La mia più grande gratitudine va ai miei genitori che mi hanno sempre sostenuto nonostante i miei errori e la mia inesperienza. D’altro canto non credo che sarei dove sono senza tutto ciò che è successo nel mio passato… e tanto è successo.