Giuseppe Malaspina: il passato difficile, l’ascesa e l’arresto

23 maggio 2018 | 09:11
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Giuseppe Malaspina: il passato difficile, l’ascesa e l’arresto

Ecco il ritratto di un uomo descritto dai suoi stessi collaboratori “di una bramosia oltre decenza”.

Un impero da milioni di euro, ville, barche, cavalli. Una vita sopra le righe, dedita a fare affari che, però, secondo la maxi inchiesta della Procura di Monza non sarebbero stati altro che una facciata “di fantasia”, per continuare ad accumulare ricchezza, suo obiettivo nella vita.

E’ questo il ritratto che emergerebbe dalle indagini della Guardia di Finanza di Monza, di Giuseppe Malaspina, già condannato per omicidio e poi riabilitato e il cui nome era emerso in un’inchiesta sulla cosiddetta ‘Banca della ‘ndrangheta’ (un presunto boss lo definisce “uno a cui interessa fottere e basta”), arrestato il 21 maggio dalle fiamme gialle in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e fallimentari, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e corruzione, insieme ad altre 21 persone.
Calabrese trapiantato a Monza, quando aveva 19 anni Malaspina finì in galera per aver freddato un lontano parente. Una volta fuori, si era rimboccato le maniche, riuscendo a costruire un impero immobiliare, una strada lastricata di difficoltà che lo ha portato anche a trovarsi a testimoniare contro una tentata estorsione messa in atto da un’altra famiglia di origini calabresi, con tanto di “attentati” alle vetrate delle sue società.
Poi nel 2011 il fratello dell’imprenditore è stato vittima di un tentativo di sequestro. Per gli episodi di tentata estorsione di cui fu vittima l’imprenditore, pare il movente su una contesa su un terreno, furono condannati i fratelli Giovanni e Vincenzo Miriadi, le cui condanne sono state da qualche tempo ridotte in Appello.

Nel frattempo l’impero di Malaspina si è ingrandito sempre di più, tanto che lui, secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, avrebbe iniziato a intestare ville al mare e in montagna e barche a parenti ed amici, tutti presunti prestanome compiacenti. Negli affari, oltre a produrre una presunta “galassia” di falsi documenti necessari a svuotare società da far fallire per recuperare denaro e arricchirsi ancora di più, tra hotel di lusso, maneggi e appartamenti da costruire, in Brianza si è fatto conoscere sempre di più.

Nelle carte della passata inchiesta “Tibet”, quella che nel 2014 smantellò la cosidetta “banca dell’Ndrangheta” il suo nome viene citato parlando di chi facendo i suoi affari, non guarda in faccia a nessuno. I suoi stessi collaboratori lo hanno descritto, senza sapere di essere intercettati, una persona per cui “la proprietà e la bramosia sono oltre la decenza”. In carcere dopo quattro anni di indagine durante i quali le fiamme gialle e la Procura hanno ascoltato migliaia di conversazioni e riunioni operative tra lui e i suoi fidi collaboratori, Malaspina si dovrà difendere dalle accuse, difeso dall’avvocato Luca Ricci.