In 60mila sono con Bramini. “Contro lo sgombero sostenetemi”

8 maggio 2018 | 08:42
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In 60mila sono con Bramini. “Contro lo sgombero sostenetemi”

Un’operazione di “crofounding” è in atto per il salvataggio della sua abitazione. Se il denaro raccolto sarà sufficiente, l’uomo potrebbe essere in grado di ricomprarsi casa sua.

“Sono qui a chiedervi di tornare a sostenermi, il prossimo 18 Maggio, in un sit in davanti a casa mia, quando è previsto lo sfratto, anticipato rispetto al primo giugno di due settimane”. Con queste parole Sergio Bramini, imprenditore fallito con 4 milioni di euro di crediti con lo Stato, ha lanciato il suo appello dalla sua bacheca Facebook, nella quale viene costantemente raccontato ogni sviluppo della sua vicenda, contorta e spesso bistrattata a seconda dell’occhio con cui viene guardata.

Il Tribunale di Monza, tramite il Corriere della Sera, dieci giorni ha fa reso nota la precisazione secondo la quale il debito di Bramini sarebbe con la banca, presso la quale l’imprenditore aveva acceso ipoteca sulla sua casa per continuare a beneficiare della linea di credito necessaria a non chiudere l’azienda. Sempre secondo il Tribunale quindi, a far fallire Bramini sarebbe stato il mancato rientro del debito bancario e non i crediti da quattro milioni di euro che l’uomo vanta da parte di Ato del sud Italia, enti pubblici “ibridi”, sui quali la giurisprudenza è combattuta e reagisce (soprattutto tramite Tar) in svariate modalità, quasi caso per caso.

Formalmente il debito di Bramini è verso la banca, lui stesso ha risposto alla comunicazione del Tribunale spiegando che la banca “legittimamente vuole indietro i suoi soldi”, ma va detto che se nei sei anni in cui l’imprenditore ha cercato di continuare a tenere aperti i battenti per non lasciare oltre 30 famiglie senza stipendio le Ato avessero saldato il loro debito, Bramini non sarebbe fallito. In Italia paga l’ultimo della fila, quindi, in materia debitoria e non chi ha causato la catena fallimentare? Forse bisognerebbe interrogarsi su quanto questo sistema sia corretto. Al di là di domande e congetture, secondo quanto presentato dall’imprenditore e chi lo sostiene, nella procedura fallimentare sarebbero stati compiuti errori da parte degli addetti ai lavori, ipotesi però rigettata dallo stesso Tribunale Fallimentare e dai magistrati a cui Bramini si è rivolto per chiedere giustizia. Il tenace imprenditore però, ormai divenuto simbolo di coloro che, nonostante crisi e difficoltà, nonostante i pagamenti pubblici che tardano ad arrivare, non vogliono arrendersi ma lottare. Il 18 maggio prossimo, per l’esecuzione del pignoramento di casa sua, per questioni di sicurezza sarebbe stata addirittura prevista la chiusura della circolazione nella sua via, proprio per evitare che il suo giardino si riempia di sostenitori, rendendo lo sgombero difficoltoso.

In oltre sessantamila hanno già firmato la petizione in suo favore, centinaia promettono di essere al suo fianco il giorno dello sfratto, e i due senatori che hanno trasferito il proprio domicilio parlamentare a casa sua, stanno ancora aspettando delucidazioni in materia. Sergio, nel frattempo, è stato coinvolto in un’operazione di “crofounding” per il salvataggio della sua abitazione. Se il denaro raccolto sarà sufficiente, l’uomo potrebbe essere in grado di ricomprarsi casa sua.