Regicidio a Monza, festival di celebrazioni tra brindisi e “pizzoccheri alla brianzola”

A distanza di 118 anni c’è chi ancora celebra il regicidio o come giorno di festa o come giorno di lutto.
Era il 29 luglio 1900 quando l’anarchico Gaetano Bresci assassinò a Monza Re Umberto I per vendicare gli eccidi monarchici in Lunigiana, in Sicilia e a Milano nei moti popolari del 1898 causati dalle gravissime condizioni sociali in cui si trovava l’Italia. A distanza di 118 anni c’è chi ancora celebra il regicidio o come giorno di festa o come giorno di lutto, a seconda delle idee politiche e delle nostalgie di tempi che la storia ha già giudicato, ma che ancora troppa gente, e troppi politici, prendono a modello.
Tra chi ha deciso di festeggiare il regicidio segnaliamo il centro sociale Foa Boccaccio 003 di Monza, che per oggi, alle ore 21, ha organizzato in collaborazione col Teatro degli Zingari lo spettacolo “Bresci chi?” nei giardini pubblici di via Pier della Francesca. Lo spettacolo narra “la storia di un uomo – si legge nella locandina promozionale – che tra ‘sopportare gli strali e i colpi di balestra di una fortuna oltraggiosa o impugnare le armi contro un mare d’affanni e contrastandoli por fine a tutto’, scelse la seconda strada, andando fino in fondo e accettandone le conseguenze. E lo fece non per amor proprio, né per un senso di vendetta, ma per giustizia e amore per una umanità libera”. Ricordiamo che ufficialmente Bresci, condannato all’ergastolo, morì suicida, ma molti indizi hanno portato gli storici a ritenere che sia stato massacrato di botte dalle guardie carcerarie. L’evento del Foa Boccaccio 003 sarà preceduto da una cena condivisa.
Una cena è anche quella organizzata, sempre stasera, dal Laboratorio anarchico PerlaNera di Alessandria. “A tavola con Bresci” è il titolo dell’evento che include una “bicchierata in ricordo del gesto vendicatore”. Gli anarchici piemontesi sottolineano la pagina più nera del regno di Umberto I, quando avallò la decisione del generale Fiorenzo Bava Beccaris di prendere a cannonate la folla milanese che chiedeva pane da mettere sotto i denti, uccidendo e ferendo molte centinaia di persone. “Per questo suo gesto ‘eroico’ – si legge nei dettagli dell’evento Facebook – il re gli diede una medaglia al valore (la Croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine Militare dei Savoia, ndr). Gaetano Bresci decise di dare al re tre medaglie al cuore”. Il riferimento è ai tre proiettili di pistola che l’anarchico originario di Prato, giunto apposta dagli Stati Uniti, sparò al sovrano dove oggi sorge la Cappella Espiatoria. “Gli anarchici del PerlaNera – si legge ancora – vogliono ricordare quel gesto con al pomeriggio vari giochi e cotillons e alla sera una cena approfittando anche del fatto che ci sarà la luna rossa e brinderemo a Bresci fotografando la luna”. A proposito di cena, gli anarchici alessandrini conoscono poco la cucina lombarda perché, avendo deciso di preparare un menù dedicato alle tre città della vita di Bresci (Prato dove è nato, Paterson dove è emigrato e Monza dove ha compiuto il gesto), hanno inserito come specialità monzese i pizzoccheri alla brianzola, quando è risaputo che i pizzoccheri sono una specialità valtellinese (avrebbero semmai dovuto cucinare il risotto con la luganega).
Il 29 luglio è invece un giorno di lutto per i monarchici, ma non solo. Ogni anno centinaia di nostalgici di Casa Savoia giungono a Monza per ricordare l’assassinio del cosiddetto “re buono” che però, chiaramente, tanto buono non era. Quello che lascia più che perplessi è a che a volte, come quest’anno, a tali celebrazioni si associno in forma ufficiale le autorità comunali e provinciali, non rendendosi conto (si spera) che tale adesione è offensiva nei confronti della memoria delle centinaia di vittime (tra cui molti che non c’entravano nulla coi manifestanti e che mai si sarebbero immaginati l’esercito sparare colpi di cannone in centro a Milano) e della Costituzione repubblicana. Nella cerimonia di quest’anno, tenutasi in anticipo lo scorso sabato, la Banda municipale ha persino suonato tra gli altri l’inno di Mameli e la Canzone del Piave. Ci domandiamo a quale titolo, dato che l’inno di Mameli è l’inno della Repubblica che ha sostituito la Marcia Reale dei Savoia mentre la Canzone del Piave è stata scritta ben 18 anni dopo la morte del Re Umberto I per spronare l’esercito italiano a riconquistare i territori perduti dopo la disfatta di Caporetto. È come se alla festa della Repubblica, il 2 giugno, suonassero la Marcia Reale e We are the Champions dei Queen…