Costruire la pace ogni giorno, da Monza parte la sfida per un’umanità migliore

Un convegno, promosso dalla sezione brianzola della Universal Peace Federation, ha fornito spunti interessanti ed esperienze concrete su come sia possibile un mondo fondato sull’unità e sull’amore.
Più che un diritto è un dovere da perseguire ogni giorno con le parole e i fatti. Perché la pace parte da ciascuno di noi ed è un valore a cui tutti dobbiamo contribuire ed essere educati. Soprattutto i giovani. E’ questo il messaggio che emerge dal convegno “Educazione alla Pace”, promosso al Binario 7 di Monza dalla sezione brianzola della UPF – Universal Peace Federation – insieme alla Federazione delle Donne per la Pace. L’occasione è stata la Giornata Internazionale per la Pace e la Risoluzione dei Conflitti nel Mondo, indetta dalle Nazioni Unite. Che quest’anno cade nel 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
A Monza il dibattito ha fornito spunti di riflessione e testimonianze concrete, provenienti da diversi ambiti, su un tema, quello della pace appunto, che emerge come la premessa indispensabile per dare futuro e un sano sviluppo all’umanità. Come spiega ad MBNews Carlo Chierico, presidente della UPF Monza, un’organizzazione che a livello mondiale è stata fondata nel 2005 dal Reverendo Sun Myung Moon e da sua moglie Hak Ja Han Moon ed oggi è presente in 180 nazioni.
Il raggiungimento di un’armonia globale, l’integrità personale e la cooperazione sono alcuni dei passi che possono condurre il mondo verso la pace. Sogni irrealizzabili? Non se si comprende che il cambiamento è da compiere prima di tutto in noi stessi e nei piccoli gesti quotidiani. “Le guerre da combattere sono tra noi, in famiglia, nel contesto in cui viviamo, per poi arrivare alle armi e ai grandi conflitti – afferma Renato Bonomo del Sermig-Arsenale della Pace di Torino – le prime bombe da disinnescare sono le persone. Noi, dal 1964, cerchiamo di farlo con opere di giustizia, la promozione dello sviluppo, la solidarietà verso i più poveri”.
“In più di 50 anni, grazie alle idee del fondatore Ernesto Oliviero e dei tantissimi volontari e sostenitori, siamo riusciti a trasformare un’antica fabbrica di armi in disuso in un monastero metropolitano aperto 24 ore su 24 – continua – accogliamo persone che hanno bisogno di cure, di casa, di lavoro, abbiamo l’Università del dialogo, il Laboratorio del suono, la Scuola artigiani restauratori, siamo un luogo di incontro, di preghiera e un punto di riferimento per i giovani”.
La pace si costruisce, quindi, anche dando cibo, vestiti e un letto su cui dormire a chi non ne ha. O fornendo delle opportunità lavorative e di crescita personale. Perché sono i soggetti più deboli e fragili a poter diventare i protagonisti del riscatto dell’intera società verso l’unità e la condivisione tra i popoli. Andando al di là delle barriere e dei conflitti etnici, razziali e religiosi.
“Stiamo organizzando il 6° appuntamento internazionale ‘Giovani della Pace’ – annuncia Bonomo – si svolgerà l’11 maggio 2019 a Bergamo e sarà un’occasione per riunire migliaia di persone di diverse provenienze intorno ad iniziative che diano un volto concreto alla pace e contribuiscano al cambiamento della realtà che ci circonda”. Muoversi nella direzione della pace non è, insomma, una missione da affidare ai grandi della Storia, santi, filosofi, leader spirituali e uomini di Stato. La sfida deve essere colta soprattutto nelle storie dei tanti uomini comuni.
“E’ necessario ricostruire luoghi del confronto vero, non arrendiamoci alle forme – afferma in un videomessaggio il senatore brianzolo Roberto Rampi, coordinatore della Associazione internazionale dei Parlamentari per la Pace – le differenze non devono impedire il dialogo sui diritti umani. Bisogna credere nella politica e nei Parlamenti, in un laicismo che non toglie, nei ministri di culto e fede che diano segnali decisi di pace – continua – noi tutti possiamo costruirla a partire dalle parole e da un gesto semplicissimo come il sorriso”.
Oltre all’ottica di collegare la pace mondiale con la qualità dell’amore vissuta dalle persone all’interno delle famiglie, il convegno dell’Upf Monza, che ha visto anche la presentazione del libro “Teologia per tempi incerti” del teologo Brunetto Salvarani, ha sottolineato anche il ruolo importante dell’informazione. “Il giornalismo deve dare spazio al bene, che fa parte di noi ed ha una capacità di suscitare edificazione maggiore rispetto alla cattiva notizia” afferma Fabrizio Annaro, fondatore de “Il dialogo di Monza-la provocazione del bene”.
Lavorare per la pace non può che essere un compito anche delle istituzioni e di chi ha responsabilità pubbliche. “Si può partire anche dall’essere più equi e giusti, ad esempio facendo bene il proprio lavoro – sostiene Pierfranco Maffè, Assessore all’Istruzione del Comune di Monza – la pace non deve restare uno slogan, ma una realtà del nostro essere quotidiano attraverso la creazione di rapporti che ci cambiano”.
E in una realtà medio-piccola come il capoluogo della Brianza ci sono cittadini che sono disposti a mettere in campo le loro idee per creare le condizioni di una maggiore integrazione. “Quest’anno abbiamo organizzato nella nostra città la 13esima edizione del Trofeo della Pace, un torneo interetnico di calcio a 7 – racconta Chierico – sono scesi in campo squadre di richiedenti asilo, adulti del Centro Permanente Istruzione, ragazzi, con l’intento di unire le diverse nazionalità in una prospettiva comune di pace”.
A Monza c’è poi chi sta pensando a qualcosa che riguarda più direttamente l’educazione e la trasformazione dell’esperienza in sapienza comune. “Ho potuto constatare che molte famiglie straniere vivono separate perché il padre lavora e la mamma è spesso nel Paese d’origine per far imparare ai figli la lingua dei genitori e le proprie tradizioni – spiega Wesam El Husseiny, di origine egiziana, ma cittadina italiana – allora ho pensato: perché non permettere a questi ragazzi di studiare in Italia la propria lingua d’origine? Siamo partiti in un Centro civico di Monza, ma vorremmo avere la possibilità di utilizzare anche le scuole cittadine chiuse il sabato e la domenica”.
La risposta a questa richiesta è arrivata seduta stante al Binario 7. “Mettere a disposizione le scuole è piuttosto complicato per una questione di gestione degli edifici, legata anche al personale, ma si può valutare – afferma Maffè – più facile puntare di più sui Centri civici, presenti in ognuno dei dieci quartieri della città e con spazi a disposizione”. Un dialogo, comunque, si è già aperto. Forse la parte più difficile è fatta. E, costruendo vere relazioni tra le persone, nel prossimo futuro, non solo a Monza, si potrebbero avere altre iniziative ed investimenti sicuramente più utili dei 1700 miliardi di dollari che ogni anno nel mondo si spendono in armamenti. “Monza città della pace” è l’augurio e la speranza del presidente locale della UPF. Perché non dovrebbe essere così?