Malattie professionali, Cgil MB denuncia: “Troppa importanza al DVR”

27 settembre 2018 | 07:00
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Malattie professionali, Cgil MB denuncia: “Troppa importanza al DVR”

Per il sindacato di via Premuda l’Inail, nell’accogliere le domande di riconoscimento, attribuisce più importanza al Documento di Valutazione Rischi rispetto all’evidenza scientifica.

“Il lavoro è fondamentale per la dignità delle persone” ha detto Papa Francesco lo scorso 1 maggio per la Festa dei lavoratori. Ma, per parafrasare l’inizio di una famosa canzone di Irene Grandi, il lavoro può anche fare male. E non solo metaforicamente. Lo testimoniano, sui luoghi dove ci si dovrebbe semplicemente guadagnare da vivere, le decine di migliaia di morti, infortuni e malattie professionali. Per quanto riguarda queste ultime, i numeri sono davvero considerevoli.

Nel 2017, secondo i dati forniti dall’Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), i casi di malattia professionale denunciati in Italia sono stati 58.029. Ma di questi solo il 37% ha ricevuto esito positivo alla domanda di riconoscimento. Ben il 12% in meno rispetto al 2013. Il trend, insomma, non è certamente confortante. E, se si pensa che nei primi otto mesi del 2018, le patologie di origine professionale denunciate sono state 40.219, in crescita del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2017, c’è da temere che quest’anno le domande di riconoscimento non accolte possano essere ancora di più.

Tra i motivi che rendono concreto questo rischio, potrebbero esserci anche i criteri con i quali l’Inail riconosce la malattia professionale (Guida malattie professionali), definita come “una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo, in maniera diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente”.

“Anche di fronte ad una cospicua letteratura scientifica, che associa un determinato rischio ad una specifica professione, ad esempio la patologia della spalla, del gomito e del polso nel macellaio/disossatore oppure l’ernia del disco nel muratore di lungo corso – spiega Davide Cappelletti, Direttore Provinciale del Patronato Inca Cgil Brianza – l’Inail attribuisce maggiore importanza, tra i fattori utili a stabilire il nesso di causa, al Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), un documento, redatto a fini preventivi dall’azienda o da un suo consulente, che in molti casi non rispecchia la realtà aziendale”.

Il risultato di questo modus operandi, è la denuncia del sindacato di via Premuda, conduce a casi piuttosto paradossali. “E’ credibile che in un’impresa edile non ci sia rischio legato alle polveri aerodisperse? Oppure alla movimentazione manuale di carichi? O al sovraccarico degli arti superiori? – si chiede Cappelletti – è credibile che un macellaio/disossatore che compie movimenti ripetitivi non abbia alcun rischio? O, ancora, è plausibile che un muratore, che ha svolto la stessa mansione da 30 anni e che soffre di ernia lombare, sia stato solo ‘sfortunato’?”.

La tematica delle malattie professionali, distinte normativamente in tabellate e non tabellate a seconda che il lavoratore abbia o meno l’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia, è davvero ampia. Anche perché, sotto il cappello di una semplice definizione, ricade una grande varietà di patologie. Sulle quali incidono diversi fattori.

Dal progresso sociale e tecnologico, che ha ridotto le malattie professionali storiche ormai soppiantate da quelle muscolo-scheletriche e tumorali, alle mutate condizioni del mercato del lavoro. Che, dominato dalla precarietà e da contratti spesso privi di molte garanzie, porta le persone ad avere una vita lavorativa così frammentaria da rendere difficile una ricostruzione esatta dei rischi per la salute a cui si è esposti nel corso del tempo.

Ecco perché la richiesta che parte dalla Cgil Monza e Brianza è di cambiare l’approccio verso la tutela del lavoratore. “L’Inail tende a privilegiare un documento di dubbia veridicità, il Dvr, all’evidenza scientifica – afferma il Direttore Provinciale del Patronato Inca Cgil Brianza – io penso che, invece, possa, in tali casi, valutare la possibilità di ispezioni sul posto di lavoro per verificarne le effettive condizioni”. La posta in palio, del resto, è alta. Ogni anno in gioco, oltre alla salute, c’è la dignità di decine di migliaia di lavoratori.