Chiedono “aiuto” alla ‘ndrangheta per riscuotere un presunto credito: arrestati

2 ottobre 2018 | 12:06
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Chiedono “aiuto” alla ‘ndrangheta per riscuotere un presunto credito: arrestati

Hanno attirato un imprenditore presso uno studio, dove la hanno circondato, minacciato e ripetutamente percosso per estorcergli il pagamento di un’ingente somma di denaro

Sono tutti accusati di estorsione aggravata dal metodo mafiosoi cinque soggetti arrestati questa mattina, martedì 2 ottobre, nel corso di un’operazione del Centro Operativo DIA di Milano, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

I 5 sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari, emessa dal GIP del locale Tribunale Paolo Guidi: in manette sono finiti G.P., classe 1969, M.G., classe 1969, V.E., classe 1961, F.M.E., classe 1976 e C.F., classe 1994. Secondo l’accusa, all’inizio del 2017 i cinque avrebbero aggredito e picchiato selvaggiamente un imprenditore locale con l’obiettivo di estorcergli un’ingente somma di denaro.

Ma non solo. L’attività odierna rappresenta la prosecuzione delle operazioni “Linfa” e “Kerina 2” che, nei mesi scorsi, aveva portato al sequestro di oltre 150 kg di sostanza stupefacente e all’arresto di 17 persone, principalmente di origini calabresi, per associazione finalizzata al traffico e alla detenzione di sostanze stupefacenti. Un’operazione che aveva anche portato all’arresto di N.E., figlio di N.C., già reggente della struttura di ‘ndrangheta denominata “Lombardia”, il quale rivestiva nell’organizzazione indagata un ruolo di rilievo, avendo messo a disposizione per il traffico di droga i locali di una società a lui riconducibile.

Nell’operazione erano stati condannati in primo grado anche tre destinatari delle ordinanze eseguite questa mattina: M.G., F.E. e C.F.. Secondo l’attività investigativa della DIA di Milano due di loro, al fine di riscuotere un presunto credito, hanno chiesto ed ottenuto l’intervento di soggetti contigui all’associazione criminale di stampo mafioso ‘ndrangheta, in particolare riconducibili alle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno.

Gli stessi hanno attirato l’imprenditore presso uno studio professionale con una scusa e lì è scattato l’agguato: gli altri indagati lo hanno circondato, minacciato e ripetutamente percosso, con lo scopo di estorcergli il pagamento dell’ingente somma di denaro.

In quella ed in successive occasioni, gli indagati hanno richiamato minacciosamente le proprie origini e la contiguità con l’organizzazione mafiosa ‘ndrangheta.