Vimercate, protesta degli educatori Aeris: “Vogliamo diritti e dignità”

Venerdì mattina a Vimercate la manifestazione degli operatori sociali di Aeris, per dire no alla riformazione professionale autonoma imposta dalla Legge Iori e chiedere maggiori tutele.
Mani incrociate degli operatori sociali. Obiettivo, dire “no” ad un sistema che scarica tutto il peso della riformazione professionale sulle loro spalle.
Centro della protesta organizzata, Vimercate, comune sede di Offerta Sociale, l’azienda consortile a cui è rivolto il malcontento degli educatori di Aeris. La cooperativa che aderisce ad un bando dell’azienda che copre l’area vimercatese e parte del trezzese. Gli educatori interessati dalla manifestazione operano soprattutto negli asili nido e nelle scuole, ma non solo. Teatro del presidio, nella mattinata di venerdì 26 ottobre, nell’ambito dello sciopero nazionale indetto dall’Unione Sindacale Italiana, è stata la centrale Piazza Marconi. Manifesti con slogan dalle scritte inequivocabili come “Il mutuo non va in vacanza”, hanno fatto da sfondo alla mobilitazione, che si è comunque mantenuta entro i binari del civile.
Numerosi i punti contestati dai dipendenti della Cooperativa, in parte riconducibili alla dibattuta Legge Iori del 2018, che, come si sa, ha di fatto portato alla frattura (già importante) insanabile tra lo Stato e gli operatori sociali.
“Siamo qui per affermare i nostri diritti e la nostra dignità – ha dichiarato la coordinatrice della manifestazione Beatrice Valla – Lavoriamo negli asili nido e nelle scuole con i vostri figli e i bambini disabili, e il nostro stipendio è da fame. Non abbiamo diritti, prendiamo 8,50 euro lorde all’ora, molto meno di chi fa ripetizioni e di tante altre categorie. La nostra è una professione difficile, importante e che garantisce il benessere delle nostre comunità. Oggi protestiamo perchè i comuni e Offerta Sociale hanno deciso di investire sul nostro controllo, sul dito più veloce sul cellulare, sul timbrare 8-10 volte al giorno, invece che sui vostri figli e su ore di programmazione”.
La normativa, così come impostata, riversa sugli educatori la responsabilità della riqualificazione professionale, attraverso il conseguimento della laurea in Scienze dell’Educazione. Parliamo di operatori che fino ad oggi lavorano normalmente con altri titoli di studio, anche di ambito psicologico e pedagogico, e che adesso dovranno “mettersi in regola”, in autonomia e senza alternativa per poter essere idonei ai bandi della categoria. A fronte di questo obbligo, però, i diritti per i lavoratori continuano a latitare, così come la formazione teorica e pratica continua, che (in teoria) dovrebbe essere altrettanto importante.
Molti di questi diritti, peraltro, vengono reclamati da diverso tempo a gran voce. Oltre a quelli storici, figurano la retribuzione del lavoro straordinario diurno e notturno (le “notti passive”), l’eliminazione del sistema di controllo, ovvero una timbratura tramite cellulare, voluta da “Offerta Sociale” che certifica la presenza del lavoratore con il bambino di riferimento, che i lavoratori ritengono leda la dignità e contrasti con il buonsenso. Come pure, maggiori tutele per ledonne in maternità connesse al lavoro usurante della mansione di educatrice, o l’abuso della Banca Ore “al negativo”, per cui dopo due giorni di assenza consecutivi dell’utente assegnato, l’educatore è tenuto ad interrompere i progetti scolastici e a stare a casa senza compenso. E ancora, il riconoscimento di ore da 60 minuti anche laddove le ore di lezione durano meno. C’è poi probabilmente la madre di tutte le battaglie, ossia l’eliminazione della divisione tra educatore sociopedagogico e sociosanitario, introdotta proprio dalla Legge Iori.
Una crociata però complicata, perchè la strada sembra essere stata in qualche modo segnata da questa legge, come dalla precedente Lorenzin sulla riorganizzazione delle professioni sociosanitarie. Pertanto indietro (forse) non si tornerà. A rinforzare il coro di dissenso, è il contratto nazionale delle cooperative sociali, in procinto di essere rinnovato, ma che con tutta probabilità non vedrà aumenti sostanziali anche al prossimo “giro”. In tutto questo, a rimetterci è la qualità dell’attività degli operatori sociali, che inevitabilmente passa in secondo piano, e con questa anche l’attenzione per gli utenti socialmente fragili, che alla fine dovrebbe prevalere su tutto il resto, polemiche e diritti.