Internazionalizzazione, ecco le opportunità per gli ingegneri brianzoli

6 novembre 2018 | 03:41
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Internazionalizzazione, ecco le opportunità per gli ingegneri brianzoli

Un mercato produttivo ormai sempre più globale offre molte possibilità di crescita all’estero per aziende e figure professionali in possesso di competenze specifiche e strategiche.

Business plan, globalizzazione, lavoro di squadra, idee, produttività e successo finanziario. Sono solo alcune delle parole che si possono legare all’internazionalizzazione. Un concetto sempre più diffuso e, solo all’apparenza, lontano dal mondo degli ingegneri. Figure professionali che, in un mercato molto competitivo, hanno bisogno di aprirsi verso le opportunità offerte dagli scenari globali per spendere al meglio le proprie competenze.

Questo è un dato di fatto, ormai imprescindibile, compreso anche dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Monza e Brianza, che, presso la Camera di Commercio, ha organizzato un convegno proprio su questo tema. Proprio con l’intento, come spiega ad MBNews il Presidente degli ingegneri brianzoli, Pierpaolo Cicchiello, di presentare le opportunità di consulenza per questo professionista all’estero e in Italia, nell’ambito dell’internazionalizzazione dei servizi tecnici.

Il segreto dell’internazionalizzazione sembra essere il lavorare in rete. “La strategia e il gioco di squadra sono le condizioni per approcciare i mercati esteri e portare benessere alle nostre imprese – spiega Fabrizio Sala, vicepresidente di Regione Lombardia e Assessore alla Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione – per ottenere risultati positivi, però, soprattutto in certi Stati ed aree geografiche, bisogna scegliere con attenzione il settore economico in cui si vuole operare. E’ importante, infatti, anche la condivisione dei Governi locali e valutare le loro scelte in campo produttivo – continua – in Marocco, ad esempio, esistono programmi istituzionali, dedicati all’agricoltura e al green-tech, con piani di sviluppo di 40 anni”.

Il capitale umano, quello che si forma nelle Università italiane, capaci di generare valore nonostante siano appesantite da troppe norme burocratiche, è un elemento di cui non si può fare a meno. Come dimostrano esempi virtuosi, con una lunga storia alle spalle. Palladium Group, società italiana di sviluppo immobiliare e riqualificazione territoriale con  ramificazioni anche in Francia, Belgio, Olanda e Svizzera, è uno di questi.

“La presenza, in alcuni casi quasi centenaria, in diversi Paesi, ci ha permesso spesso un intervento tempestivo sul mercato – afferma Cesare Rancilio, Presidente di Palladium Group – così abbiamo potuto, ad esempio, cogliere opportunità importanti di sviluppo nel settore delle costruzioni dopo l’indipendenza dell’Algeria, a Berlino, dopo la caduta del Muro e negli Usa, dopo la crisi immobiliare tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Basti pensare che Dallas, nel Texas, è passata negli ultimi 25 anni da 4 a 7 milioni di abitanti – continua – noi, operando anche con partner locali e in regime di tax credit, lavoriamo molto sia in progetti residenziali che a destinazione commerciale”.

Tra i Paesi che oggi offrono maggiori occasioni di crescita c’è il Brasile, che con i suoi 208 milioni di abitanti, è il quinto al mondo per popolazione ed ha un Pil in crescita del 3%. Ma il Paese sudamericano, vista la sua età media di poco inferiore ai 30 anni, sconta una mancanza di esperienza e competenze in alcuni settori professionali e produttivi.

“In Brasile ci sono 600mila ingegneri, soltanto 6 ogni 1000 abitanti, tra l’altro la maggior parte molto giovani – afferma Karine De Souza, Direttrice Generale di KDS, società di consulenza all’internazionalizzazione d’imprese con uffici in Italia, Brasile, Londra, Lugano, Mosca, Jeddah e Dubai – in quest’ambito ci sono carenze di figure esperte soprattutto di petrolio, gas e biocarburanti. Con una crescita del 3% all’anno, in Brasile mancano circa 20mila ingegneri – continua – per questo sono state aperte le porte a professionisti stranieri e le aziende estere, con vantaggi fiscali, hanno occasioni di investimento importanti da poter fare”.

Certo l’internazionalizzazione, prima di addentrarsi in un’avventura foriera di sviluppo, richiede l’autovalutazione delle possibilità produttive dell’azienda e la conoscenza delle caratteristiche dei nuovi mercati e delle loro differenze, anche socio-culturali. Ma in un mondo davvero globale si può crescere un po’ ovunque. Anche in Paesi, come Vietnam, Singapore, Iran e Cina, che sono caratterizzati da numeri, demografici e non solo, molto significativi.

Realtà sociali ed economiche da scoprire, ma non a cuor leggero. “Bisogna fare attenzione alle normative, soprattutto da un punto di vista contrattuale, dei Paesi in cui si va ad investire – sostiene l’avvocato Patricia De Masi Taddei Vasoli – in particolare può essere decisiva la conoscenza della tutela, nei diversi contesti, della proprietà intellettuale ed industriale in materia di brevetti, marchi e know-how”.

Insomma aprirsi al mondo, anche sul fronte economico e produttivo, non significa annullare le differenze e rinunciare ai propri diritti e alle proprie origini. E a chi continua a parlare negativamente di “fuga dei cervelli” dall’Italia, il convegno dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Monza e Brianza, che ha visto la partecipazione anche del manager di rete, Ivana Moscato e dell’esperto di Supply Chain. Pierantonio Pierobon, ha voluto dare di questo fenomeno, proprio nell’ottica dell’internalizzazione, una chiave di lettura più realistica e ragionata.