Lentate, la rinascita di un vino antico: dalla pergamena alla bottiglia

Nel 2014 lo storico Giuseppe Longhi aveva piantato delle viti per tornare a produrre un vino di cui aveva letto in un documento del ‘600: oggi l’esperimento ha portato a 54 bottiglie.
Dopo più di due secoli a Copreno, la frazione di Lentate al confine con Carimate e Cermenate, si torna a produrre il vino. E non uno qualunque: le 54 bottiglie ricavate dalla vendemmia del 2017 raccontano infatti una storia antica, riportata alla luce grazie alla curiosità di Giuseppe Longhi, il lentatese doc (la sua famiglia, racconta, vive a Lentate dal ‘700) che a 29 anni, con una laurea in Storia medievale, si è scoperto viticoltore.
Tutto merito di un documento del ‘600. «Ho una formazione da storico, e ho svolto diversi lavori di ricerca sul territorio – spiega Longhi, che attualmente insegna religione alla scuola primaria -. Qualche anno fa Matteo Turconi (ora vicesindaco, ndr) mi aveva mostrato un inventario dei beni della famiglia di Roberto Porro: tra le botti di vino rosso e bianco si parlava anche di un “Martexano” o “Martesano”, e mi è venuta la curiosità di capire che vino fosse. Ho pensato che sarebbe stato bello provare a ricrearlo e mi sono messo a cercare di capire da che vitigno provenisse».
Grazie all’aiuto di un amico agronomo, Fabio Meneghello, Longhi è riuscito a recuperare la scheda di un sommelier secondo il quale il “Martesano” sarebbe un altro nome per il Nebbiolo piemontese: è a questo punto che lo storico ha deciso di raccogliere la scommessa e provare a produrre di nuovo quel vino, piantando 250 viti in un terreno di Copreno soprannominato “Brera” (un toponimo locale per “giardino”), da sempre proprietà della famiglia Longhi.
Era il 2014. Longhi aveva scelto vitigni di Nebbiolo, Cabernet e Merlot per capire quale varietà si adattasse meglio al terreno, ma non aveva nessuna esperienza da agricoltore: poteva contare solo sulla sua testardaggine e su un documento ancora più antico di quello dei Porro, una pergamena di fine ‘300 trovata per caso durante delle sue ricerche sulla zona del canturino, in cui si citava Lentate come terra di produzione vinicola.
«Sono un autodidatta – spiega -. Mi sono documentato per capire cosa fare, ma ho imparato davvero sul campo, lavorando tanto in vigna». E così, facendo tesoro dei propri errori, senza arrendersi davanti alle difficoltà (la primissima vendemmia «ha prodotto vino appena sufficiente per un arrosto»), e facendo tutto rigorosamente a mano («Mi era giunta voce che mi chiamavano “il matto di Copreno”, solo da poco ha comprato un attrezzo per le lavorazioni più grosse»), Longhi è arrivato a produrre un rosso fermo e corposo, battezzato “Radices” (radici) in onore dei nonni Giuseppe, Rosa, Giovanni e Franca: «Sono stati loro che hanno reso possibile tutto questo».
Il terreno di Copreno che ora ospita le vigne era infatti del nonno omonimo: «È morto nel 1997, e questo è un modo per rendergli omaggio: in quel terreno ha sempre provato a coltivare qualcosa, ma con poca fortuna».
Per ora Longhi non può ancora pensare di mettersi a vendere il proprio “Radices”: «Vedremo come andrà nei prossimi anni – afferma cauto -. Queste bottiglie, intanto, le regalerò a chi in questi anni mi ha dato una mano. Sono state sigillate con ceralacca rossa su cui ho apposto il mio marchio, che ho inventato prendendo spunto da quelli dei notai medievali oggetto dei miei studi – spiega -. Le parole e le lettere nel cerchio esterno sono i motti di famiglia: il primo, “Parvus sed meus” (piccolo ma mio) è la “nobilitazione” di una frase che ho sentito tante volte ripetere da mio padre: “Pane e cipolla purché sia mio”. Il secondo, invece, riportato con le lettere O.M.O.B.R., era il proverbio preferito di mio nonno Giuseppe: “O merda o bareta rusa”, cioè “O merda o berretto rosso”. Il significato è “O la va o la spacca” e recentemente ho scoperto che era un proverbio in uso tra i garibaldini.
Ma il lavoro, come sa chi coltiva la terra, non è mai finito: «È in corso un esperimento di invecchiamento in barrique di rovere – spiega infatti Longhi -, che prevede un affinamento da uno a due anni per la produzione di una super riserva di altri 5 litri».
In foto: in apertura, le bottiglie di “Radices”.
Nell’articolo: la vigna del “Brera”; Giuseppe Longhi (a destra) insieme agli amici Samuele Ciullo e Alessandra Meazza, e alla moglie Laura Ronzoni al termine della fase di imbottigliamento.