Prodotti a km 0, l’Alma Birrificio Monzese lancia la “Staffetta Fuorimercato”

La bevanda alcolica, un Italian Ale ad alta fermentazione e molto luppolata, è il risultato di un progetto di filiera corta. Tutto il processo produttivo è realizzato con materie prime locali.
Non è ancora il momento di brindare davvero. Ma qualche bottiglia in frigorifero si può sicuramente cominciare a metterla. Perché presto potrebbe arrivare l’occasione per festeggiare. Rigorosamente, in questo caso, a base di birra. Il progetto “Filiera della birra” (leggi l’articolo), il primo in Italia che, dalla coltivazione di orzo e luppolo fino alla trasformazione delle materie prime e alla vendita, si pone l’obiettivo di produrre, totalmente in proprio, una delle più diffuse ed apprezzate bevande alcoliche, ha, infatti, tagliato un importante traguardo. Quello di mettere in commercio la sua prima birra a km 0. Dal simbolico nome, la “Staffetta Fuorimercato”, si tratta di una Italian Ale, quindi ad alta fermentazione e molto luppolata.
“Per quest’anno abbiamo prodotto 800 bottiglie della nuova birra, in vendita fino ad esaurimento – spiega Davide Montrasio (nella foto in alto), giovane titolare dell’Alma Birrificio Monzese, uno dei promotori del progetto – la nostra bevanda è composta dal malto del Podere Monticelli e dal luppolo raccolto dal Luppoleto sociale nel campo di Rozzano designato per far partire la parte più ambiziosa di questa iniziativa”.
La “Filiera della birra”, che ha realizzato una nuova birra con ingredienti biologici e prodotti naturali, completamente italiani, rispettando i tempi prefissati, ha riunito diverse realtà. Insieme al birrificio artigianale monzese di via Lecco, che ha dato una mano nel raccolto delle materie prime, nella loro trasformazione per arrivare al prodotto finito e nell’imbottigliamento, ci sono, infatti, l’associazione Rete Nazionale Fuorimercato Autogestione in Movimento, la Fabbrica Recuperata Ri-maflow di Trezzano sul Naviglio, il Birrificio artigianale la Spilleria di Cassina de Pecchi , il Podere Monticelli di Villanova del Sillaro (Lodi) e la Coop. Agricola Sociale Terra Madre.
Il cammino che ha portato alla luce la “Staffetta Fuorimercato” non è stato facile. “Dopo aver fatto analizzare il campo di Rozzano e valutato le caratteristiche per la coltivazione del luppolo, è stato necessario installare un impianto particolare – racconta Montrasio – la pianta del luppolo, infatti, ha la sua migliore resa quando cresce a 6-7 metri di altezza e, per questo, c’è voluta una struttura di supporto in grado di resistere agli agenti atmosferici e al peso della pianta stessa, senza che ci fossero rischi per l’incolumità di chi, guidato dalla Cooperativa Terra Madre, si è occupato di pulire il campo e raccogliere i coni del luppolo”.
Le difficoltà sono state anche di natura tecnica ed hanno riguardato la scelta delle piantine da coltivare. Nonostante qualche intoppo, però, il progetto “Filiera della birra”, finanziato in parte anche con il crowdfunding, cioè il contributo economico del maggior numero possibile di persone, non si è mai fermato. “A settembre abbiamo raccolto il luppolo necessario per una prima produzione della nostra birra – spiega il titolare dell’AlmaBirrificio Monzese – il resto lo abbiamo lasciato per farlo rinforzare e avere il prossimo anno un luppolo capace di dare frutti in maggiore quantità e con minor problemi”.
Per la “Staffetta”, che prende il nome dall’essere il secondo prodotto della catena Fuorimercato dopo l’Amaro partigiano, una bevanda alle erbe dall’antichissima ricetta, non è ancora arrivato, quindi, il tempo di cedere il testimone. Anzi, per usare una metafora legata al mondo dell’atletica, si sta aprendo davanti agli occhi lo sprint sul rettilineo finale. “L’obiettivo è fare una produzione continuativa di questo tipo di birra Italian Ale – annuncia Montrasio – per questo abbiamo tenuto da parte un po’ del raccolto per fare esperimenti di essiccazione e conservazione”.
“L’idea è di avere la Staffetta tutto l’anno con il nostro luppolo, inizialmente fresco, quindi appena raccolto ed utilizzato nelle 24 ore successive, poi anche essiccato per un tempo più lungo – continua – accettiamo consigli da persone più esperte di noi in agricoltura”.