Ucciso nel suo box a Solaro: i parenti mai informati del processo

Ora si rivolgeranno a un legale per capire se poter intervenire alla prossima udienza
Non hanno mai ricevuto notizie del loro congiunto per poter capire se far valere i suoi diritti a processo, se rappresentare la parte civile e assicurarsi che il presunto assassino del loro cugino, vada in carcere. Così i parenti di Michelangelo Redaelli, 54 enne ucciso a coltellate nel suo box di Solaro, in via Parini 1, il 22 dicembre di un anno fa, hanno scritto al nostro giornale. “Non abbiamo mai ricevuto alcuna comunicazione dal Tribunale, abbiamo letto che lui non ha parenti, ma noi ci siamo invece”. Sono le parole dei cugini di Redaelli, tutti residenti in Veneto, che ora stanno pensando di rivolgersi a un legale per capire come poter prendere parte al processo. Da tempo non si frequentavano più molto, lui era molto legato a sua madre la quale a detta dei familiari, molto spesso lo avrebbe invitato ad andare a trovarli. “Gli dicevamo di venire quando voleva, ma tutti noi abbiamo famiglia, i nostri problemi come tutti e forse lui ha ritenuto di non voler disturbare più di tanto”. Poi la folle notizia, appresa dalla stampa.
“Abbiamo scoperto dell’accaduto dai giornali, è stato terribile leggere come è stato ucciso”, ha proseguito una delle sue cugine, “speriamo che il responsabile paghi, lui è stato sprovveduto a non denunciarlo tre anni fa, quando lo aveva picchiato rompendogli il naso”. A quanto sembra infatti, tre anni prima del delitto di cui è accusato Mario Zaffarana, 59 enne in carcere a seguito delle indagini e ora a processo in Corte D’Assise a Monza, avrebbe avuto con la vittima un alterco sfociato in aggressione, mai denunciata.
“Alcuni condomini hanno detto che quel vicino, qualche tempo prima aveva detto a mio cugino che prima di andarsene gliela avrebbe fatta pagare”. Zaffarana, prima di essere arrestato, aveva messo in vendita la sua casa per trasferirsi a Limbiate, dove ora vive la moglie dalla quale si sta separando, con i loro due figli. “Ora sentiremo un legale e vedremo cosa ci consiglia di fare, e speriamo che la Giustizia funzioni”, ha concluso la donna.