Chiusa in casa, picchiata e minacciata per due anni dopo un aborto spontaneo

Solo agli inizi di aprile la donna, una 43enne, ha trovato il coraggio di chiedere l’intervento dei Carabinieri e denunciare il marito
L’aveva segregata in casa, impedendole di uscire da sola se non per andare al lavoro. Controllava tutti i suoi movimenti, il suo utilizzo di Internet e del telefono. E poi la picchiava, la maltrattava, fisicamente e psicologicamente, minacciava di morte lei e la sua famiglia, accusandola di tutto, anche di un aborto spontaneo avvenuto nel 2017. E proprio dal giugno di quell’anno sono iniziate le angherie della donna, terminate solo quando, agli inizi di aprile 2019, l’uomo ha tentato di soffocarla, costringendola a rifugiarsi in auto: solo allora la donna ha trovato il coraggio di chiedere aiuto.
Mercoledì 24 aprile, così, i Carabinieri della Stazione di Bernareggio hanno dato esecuzione all’ordinanza di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna e di allontanamento dalla casa familiare nei confronti dell’aguzzino, un cittadino egiziano di 27 anni, residente a Bernareggio, nullafacente e incensurato. Un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Monza, a fronte delle risultanze investigative emerse.
L’uomo, dunque, non potrà avvicinarsi alla moglie, una 43enne italiana, che in due anni ha costretto a violenze di ogni sorta. Una volta erano gli insulti, con epiteti e frasi profondamente ingiuriosi e offensivi, ma il più delle volte erano aggressioni, violenze e minacce: «Se parli ancora vengo a casa e riempio di botte te e tutta la tua famiglia del c….», «Quando vengo ti spacco la faccia», «Te lo giuro sulla mia famiglia quando vengo a casa ti riempio di botte», «Tanto io non ho un c…. da perdere, in carcere ci vado volentieri, per una m…. come te ci vado».
A febbraio, dopo un litigio sorto per via di una chat intrattenuta dall’indagato con un’altra donna e scoperta dalla moglie, il 27enne ha colpito la donna con un calcio al ginocchio e con pugni e sberle, offendendola pesantemente. Non era servito chiedere la separazione. Sempre a febbraio, aveva sì firmato i documenti ma li aveva poi strappati, per poi insultarla e minacciarla, fino a colpirla al braccio con una mensola. Poi, afferrato un coltello, glielo aveva puntato alla gola: «Ti sgozzo», l’aveva minacciata.
Il culmine all’inizio di aprile, quando ha ordinato alla moglie di consegnargli il telefono e al suo rifiuto le ha cinto una mano attorno al collo, tanto da provocarle un mancamento, inducendola a rifugiarsi in auto. È stato allora che la 43enne, tra le urla furibonde del marito, «me la paghi, ti ammazzo», ha richiesto l’intervento dei Carabinieri, che giunti sul posto l’hanno trovata chiusa in macchina. Soccorsa, ha trovato la forza di raccontare quanto accaduto e poi di denunciare due anni di terribili violenze.