I genitori di Gabriele, 25enne deceduto al lavoro: “Non si può morire così!”

17 aprile 2019 | 14:51
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I genitori di Gabriele, 25enne deceduto al lavoro: “Non si può morire così!”

In occasione del presidio unitario indetto da CGIL, CISL e UIL Massimo ed Ester, raccontano il giorno in cui sul lavoro è morto loro figlio

Da gennaio ad oggi, in tutta la Lombardia, sono 14 le morti avvenute sul luogo del lavoro. Cinque solo nella provincia di Monza Brianza. Un numero raccapricciante che non si vorrebbe né leggere né sentire. Un numero, però, con cui invece bisogna fare i conti.

Desio. Lentate sul Seveso, Meda, Lissone e Sulbiate. Sono i paesi di residenza delle 5 vittime. Il più giovane era Gabriele Di Guida. Aveva 25 anni e come ogni mattina si era recato sul posto del lavoro. “Il lavoratore operava all’interno di una cabina di un impianto di verniciatura per lamiere metalliche. È rimasto impigliato tra il nastro metallico in movimento ed un rullo di rinvio”.

Massimo Di Guida, padre del ragazzo e la madre Ester Intini sono scesi in piazza, quest’oggi mercoledì 17 aprile, assieme ad un altro centinaio di manifestanti. Erano in tanti, provenienti da tutta la Lombardia. Tutti uniti sotto il presidio unitario di CGIL, CISL e UIL in piazza Città di Lombardi a Milano.

“Come ogni mattina – spiegano i suoi genitori – Gabriele era uscito di casa intorno alle 5.30 del mattino. Successivamente, tramite un tamtam di telefonate – testimonia la madre – sono venuta a sapere che mio figlio aveva subito un infortunio sul lavoro. A questo punto – precisa – ho subito chiamato mio marito e verso le 10.30 circa siamo arrivati nell’azienda dove lavorava nostro figlio“. Fino a quel momento nessuna notizia certa sul suo stato di salute. Solo tanta apprensione per Gabriele. “Venni allarmato – dichiara il padre – dal fatto che ci fu subito detto di metterci in contatto con i carabinieri o con la polizia legale per avere maggiori spiegazioni in merito”. I genitori capiscono quindi che c’è qualcosa che non va. “Per un normale infortunio – specifica Massimo – non ci avrebbero dato questo consiglio. Al contrario ci avrebbero rassicurato oppure ci avrebbe chiamato nostro figlio”.

Ester e Massimo, giungono quindi sul posto di lavoro di Gabriele, la Silfa di Sulbiate. “Subito ci hanno bloccato all’entrata – spiegano – e quando abbiamo chiesto cosa fosse successo, ci hanno comunicato che Gabriele aveva subito un brutto infortunio sul posto di lavoro”. Attimo di silenzio. Massimo ed Ester cercano di prendere coraggio. Non vorrebbero, ma quella domanda la devono fare. “Gabriele è ancora vivo?”. La triste risposta, fredda e pungente, non tarda ad arrivare. “Suo figlio – gli rispondono – purtroppo non ce l’ha fatta”. Attimo di silenzio. Il fiato che manca. La speranza di aver capito male. Poi, all’improvviso, la doccia fredda. “In quel momento – racconta Massimo – mi sono sentito il mondo crollare addosso”.

Dopo la brutta notizia, arriva la voglia di capire. “I titolari dell’azienda non si sono visti – hanno spiegato i genitori né nessuno ci ha dato risposta. Forse perché – interviene Ester – c’era già il magistrato e non si potevano esprimere senza aver prima fatto luce sul caso”.

È passata poco più di una settimana e, ad oggi, non c’è ancora nulla di chiaro. “Non abbiamo ancora capito cosa e come sia successo – testimoniano Ester e Massimo – né siamo riusciti a comunicare con i titolari. Solo diversi giorni dopo, esattamente sabato 13, una delle titolari, Loretta Cereda, mi ha inviato un messaggio su Facebook – spiega Ester – mentre oggi abbiamo trovato dentro la cassetta della posta un telegramma che esprimeva i cordoglio da parte di tutta l’azienda”.

“Ormai – interviene il padre – nostro figlio non ce lo riporta più nessuno. Il motivo per il quale siamo qui, al fianco di tutti gli altri lavoratori, è principalmente per Gabriele, ma anche per tutti i lavoratori. Non è possibile – conclude – che una persona vada a lavorare ed esca in una cassa da morto”.

Sentiamo l’intervista di Massimo ed Ester, genitori di Gabriele: