Finti carabinieri tentano di entrare in casa di una 26enne

La giovane è riuscita ad evitare il peggio, trincerandosi in casa e poi chiamando il 112.
Hanno suonato alla sua porta, vestiti da Carabinieri, e le hanno detto di dover effettuare una perquisizione. Sarebbero probabilmente entrati, se Francesca Ripamonti, la ragazza protagonista di questa brutta esperienza, non avesse avuto la prontezza di riflessi per impedire che ciò accadesse.
L’episodio è successo a Mezzago, in via Concordia, nel primo pomeriggio di martedì 2 aprile. «Erano circa le 14 – racconta la 26enne – Ero stata in giro tutta la mattina per commissioni e rientrata ho fatto più volte avanti e indietro per portare in casa i sacchetti della spesa: credo mi stessero spiando e che da quello abbiano capito che in casa con me non c’era nessuno. Una volta entrata in casa, ho visto comparire davanti alla porta vetri due uomini in divisa. Ho aperto, ma prima ho preso in braccio il gatto per evitare di farlo scappare. I due mi hanno detto di essere Carabinieri e di dover effettuare una perquisizione, allora ho chiesto un documento o un mandato, qualcosa che ne certificasse la ragione. Uno di loro, l’unico che mi ha parlato, ha detto qualcosa, ma in quel momento il mio gatto è impazzito, ha iniziato a graffiare. Quello ha tentato di spingermi dentro per entrare in casa, ho capito che c’era qualcosa che non andava, d’istinto ho chiuso la porta e ho attivato subito l’allarme: ho pensato che, se anche avessero rotto il vetro, quanto meno sarebbe partito l’allarme. Sono corsa in sala e ho chiamato il 112. Di lì a poco sono arrivati i Carabinieri veri».
Un’esperienza spaventosa, che però Francesca racconta, per evitare che a qualcun altro possa capitare. «Sono stata ingenua, ho aperto la porta. Ma davanti a uomini in divisa che dicono di essere Carabinieri, non è così facile restare lucidi. Per fortuna, poi, ho avuto la prontezza di chiedere un documento, ma se ci fosse stata un’anziana, mia nonna per esempio, sono sicura che li avrebbe fatti entrare».
La ragazza, infine, descrive i due : «Erano veramente grossi e alti, uno di loro era calvo. Non ho notato accenti particolari, mi sembravano italiani. Indossavano pantaloni classici da Carabiniere, con giacca a vento. Non avevano cappelli e forse questo avrebbe potuto mettermi sul chi va là. Purtroppo non ho prestato molta attenzione ad altro perché sono entrata in panico».