Reddito di cittadinanza, Cgil Mb: “Un cambiamento nella direzione sbagliata”

24 aprile 2019 | 09:40
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Reddito di cittadinanza, Cgil Mb: “Un cambiamento nella direzione sbagliata”

Il sindacato di via Premuda attacca la misura economica che, in base agli ultimi dati Inps, sta avendo una diffusione ed importi inferiori alle attese della vigilia.

Per il reddito di cittadinanza più che le otto beatitudini evangeliche vale quella enunciata dal poeta inglese Alexander Pope: “Beato chi non si aspetta nulla perché non resterà deluso”. Il sussidio economico, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e inserito nella Legge di Bilancio 2019, infatti, stenta a mantenere le premesse con cui era stato annunciato. E sta provocando più di qualche lamentela da parte di chi ne ha diritto o pensava di averlo. Come i due operai della Fca di Pomigliano. Che si sono visti rifiutare il reddito di cittadinanza e hanno deciso per protesta di salire sul campanile della Chiesa del Carmine a Napoli.

Secondo i dati elaborati dall’Inps, al 31 marzo sono 806mila le richieste arrivate dai nuclei familiari. Di cui 650mila presentate ai Caf (Centri assistenza fiscale), soprattutto sindacali. Il 72% delle istanze è stato accolto. Ma a destare malumori sono soprattutto gli importi assegnati ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Il 58% avrà meno di 500 euro e, di questi, il 10% meno di 75 euro.

“Il Governo aspettava un milione e mezzo di richieste, anche sulla base dei 5 milioni di italiani considerati poveri – spiega LinoCeccarelli (nella foto in basso), Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – le stime, comunque, erano sopravvalutate, da un lato per la necessità politica di gonfiare i risultati e dall’altro per la diffusa illegalità tipica del nostro Paese nel quale migliaia di lavoratori in nero appaiono nullatenenti”.

“Inoltre molti disoccupati sono in Naspi e ne aspettano la fine – continua – altri ancora stanno cercando di capire o aspettano di vedere come funziona”. Nonostante la situazione ancora di incertezza, è possibile già fare un primo bilancio politico e sociale del reddito di cittadinanza. Esemplificato anche da una vicenda che nei giorni scorsi è finita su tutti i mass media. I toni offensivi, arroganti e sarcastici delle risposte date sulla pagina Facebook dell’Inps alle domande fatte dai cittadini.

“L’Istituto si è poi scusato per il tono delle risposte, ma se da un lato va censurato il comportamento di chi in quella pagina rappresenta non se stesso, ma una Pubblica Amministrazione al servizio del cittadino – afferma Ceccarelli – dall’altro non possiamo che pensare al livello drammaticamente basso, per un Paese come l’Italia, raggiunto in materie di conoscenze civiche da parte di molti cittadini”.

“Una scarsa conoscenza dei meccanismi economici, sociali, politici crea aspettative sbagliate che generano richieste politiche e producono risposte politiche altrettanto sbagliate – continua – il lavoro si crea con gli investimenti pubblici, dello Stato, e privati, della libera impresa. Non c’è altro modo”.

Fortemente legata alle vicende del reddito di cittadinanza è la figura dei navigator, i 3mila tutor, la cui selezione è in corso attraverso l’Anpal (Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro), incaricati di monitorare i requisiti sostanziali di accesso e di avviare l’operazione di abbinamento tra diritto al reddito e offerta di un posto di lavoro.

“Ci sono alcune macroscopiche contraddizioni, come quella che gli stessi navigator sono assunti con contratto biennale di collaborazione coordinata e continuativa e sono quindi essi stessi precari – spiega il Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – inoltre queste figure sono state imposte dal Governo alle Regioni, a cui costituzionalmente sarebbe affidata la gestione del mercato del lavoro”.

“Sarebbe stato meglio potenziare i Centri per l’Impiego pubblico, sottorganico e anch’essi pieni di precari – continua – anche perché nessun navigator può creare un solo posto di lavoro, ma, nella migliore delle ipotesi, può aiutare i disoccupati a trovare quel poco lavoro che c’è, un lavoro esso stesso precario, part time e a tempo determinato”.

Mettere insieme politiche di inclusione e di sostegno alla povertà con politiche attive di ricerca del lavoro sembra essere una necessità impellente. Ma sul provare a farlo con un’unica risposta, quella del reddito di cittadinanza, la Cgil Monza e Brianza ha più di un dubbio.

“Continuiamo a pensare che per contrastare la povertà andava benissimo il reddito di inclusione, ora abolito ma che stava funzionando – sostiene Ceccarelli – per la disoccupazione, invece, oltre agli investimenti pubblici e all’abbassamento del costo del lavoro per gli investimenti privati, si doveva puntare sull’efficientamento dei Centri per l’Impiego e dell’Anpal, ma anche su formazione e ricerca, sul potenziamento dell’assegno di ricollocazione per il disoccupato che ha esaurito la Naspi”.

“In ogni caso restiamo a garantire assistenza e tutela ai precari, ai disoccupati, ai giovani che si rivolgono a noi – afferma il Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – lo faremo anche nei confronti dei navigator, collaboratori e quindi precari anche loro”.