Fondo di garanzia, a Monza una dipendente vince causa contro l’Inps

Alla donna, priva di impiego e sostenuta dall’Ufficio vertenze della Cgil Monza e Brianza, era stata respinta la domanda per recuperare i crediti non pagati dal proprio datore.
“Se qualcosa può andare male, lo farà”. Questa è la ben nota legge di Murphy. Che spiega, in modo anche umoristico, quello che molti di noi possono appurare: gli eventi negativi, per quanto improbabili, prima o poi capitano. Figuriamoci, allora, nel caso si perda il proprio lavoro.
La possibilità che il datore di lavoro non corrisponda ai propri dipendenti la retribuzione e/o il trattamento di fine rapporto è piuttosto frequente. E, purtroppo, accade anche abbastanza spesso che l’Inps rigetti la domanda, presentata dal lavoratore, di intervento del Fondo di garanzia. Che è stato istituito in Italia, in caso di insolvenza del datore di lavoro, nel 1982 per il trattamento di fine rapporto e nel 1992 per le ultime tre mensilità non retribuite, sulla base di una Direttiva europea del 1980.
Insomma per chi ha perso il posto di lavoro, al contrario di quanto spesso succede quando si cita la legge di Murphy, c’è poco da ridere. Sicuramente non poteva essere felice la lavoratrice che si è rivolta all’Ufficio Vertenze della Cgil Monza e Brianza e al loro legale di riferimento dopo il fallimento dell’azienda di cui era dipendente.
La donna, avendo ottenuto l’ammissione dei suoi crediti al passivo, aveva presentato all’Inps domanda di intervento del Fondo di garanzia per il pagamento del Trattamento di fine rapporto e delle ultime tre mensilità. Ma si era vista respingere la sua richiesta dall’Istituto di previdenza.
“In questi giorni una sentenza del Tribunale di Monza ha condannato l’Inps al pagamento delle retribuzioni richieste al Fondo di garanzia – spiega Giovanna Piccoli (nella foto in alto), Responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil Monza e Brianza – la domanda della lavoratrice era stata respinta con riferimento ai crediti relativi alle mensilità, sulla base della motivazione che i crediti retributivi non risultavano ammessi nello stato passivo perché non era stato specificato il riferimento ai crediti di cui al D.Lgs. 80/92, vale a dire le ultime tre mensilità”.
“Il giudice ha dichiarato destituito da fondamento il diniego opposto dall’Inps in quanto basato essenzialmente su un dato parziale che non ha tenuto conto della disamina della domanda di ammissione al passivo del fallimento – continua – nonché della documentazione prodotta dalla curatela dalla quale risultava evidente il diritto della lavoratrice di vedersi corrisposto il credito relativo alle ultime tre mensilità dal Fondo di garanzia”.
Se questa vicenda si è conclusa positivamente per chi ha perso il proprio impiego, resta la difficoltà di molti ad accedere a quanto spetterebbe di diritto. “Il lavoratore che si trovi in questa situazione deve affrontare un lungo iter prima di poter recuperare il proprio credito – afferma Piccoli – per accedere al Fondo di garanzia il lavoratore dovrà dimostrare di avere esperito ogni utile tentativo di recuperare il proprio credito nei confronti del datore di lavoro e dovrà, pertanto, compiere una serie di atti giudiziali propedeutici all’eventuale intervento del Fondo di garanzia”.
I tempi si allungano ulteriormente anche nella fase di presentazione della domanda all’Inps. “Le domande di intervento del Fondo di garanzia non sempre vengono definite dall’Istituto previdenziale nei termini stabiliti dalla legge, cioè in 60 giorni decorrenti dalla data di presentazione della documentazione – sostiene la Responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil Monza e Brianza – spesso i ritardi sono determinati dalla produzione di documentazione che l’Inps richiede ad integrazione delle domande”.
“I tempi di definizione, inoltre, variano molto a seconda delle sedi Inps di competenza che viene individuata sulla base della residenza del lavoratore – continua – a ciò si aggiungano i casi di respinta delle domande o di superamento dei termini previsti dalla legge per la conclusione del procedimento amministrativo da parte dell’Inps, che comportano la necessità di intraprendere delle cause nei confronti del’Istituto, onde evitare la decadenza dell’azione”.
Insomma un procedura altamente burocratica, a tratti cervellotica. Che, tra l’altro, è molto più comune di quanto si possa pensare. Con conseguente, possibile, danno per chi già è in difficoltà perché privo di un impiego.
“L’Ufficio vertenze legale della Cgil assiste frequentemente i lavoratori interessati a queste procedure in quanto le vertenze che hanno ad oggetto il recupero dei crediti, cioè dovute al mancato pagamento delle competenze ad essi spettanti da parte del datore di lavoro – afferma la Piccoli – superano il 50% dell’attività vertenziale, con un recupero diretto del credito dal datore di lavoro insolvente, di circa il 20%”.