Festival “L’ultima luna d’estate” al via con spettacoli, musica e degustazioni

In programma oltre 10 giorni di eventi. Si parte giovedì 29 agosto con Giuseppe Cederna e il poetico Da questa parte del mare
Si parlerà di esilio e dei suoi molteplici significati in questa ventiduesima edizione de “L’ultima luna d’estate”, festival del teatro popolare di ricerca, per la direzione artistica di Luca Radaelli, nelle cascine, negli agriturismi e nelle ville del Parco Regionale di Montevecchia e Valle del Curone, nelle province di Lecco e di Monza e Brianza.
Oltre dieci giorni, da giovedì 29 agosto a domenica 8 settembre per concludere l’estate con spettacoli teatrali, incontri, degustazioni di prodotti tipici, teatro per i più piccini, musica, laboratori, aperitivi e passeggiate teatral/musicali.
29 AGOSTO
Il festival si aprirà a Villa Besana di Sirtori giovedì 29 agosto con Giuseppe Cederna e il poetico Da questa parte del mare, viaggio struggente, lirico e ruvido – per storie e canzoni – sulle migrazioni umane ma anche sulle radici e sul senso dell’“umano”. Un lavoro accorato tratto dall’omonimo libro (edito da Einaudi con prefazione di Erri De Luca) del cantautore Gianmaria Testa, prematuramente scomparso; un patrimonio di riflessioni umanissime, senza presunzioni di assolutezza. Un distillato di parole preziose che riesce a restituirci ancora e per sempre la voce di Testa e uno sguardo lucido, durato più di 20 anni, sull’oggi.
LA TRAMA
L’esilio – spiega Luca Radaelli – è un allontanamento contro la propria volontà. Romeo viene allontanato da Verona per aver ucciso Tebaldo. Il Decameron nasce dai racconti di alcuni giovani esiliati da Firenze a causa della peste. In esilio muoiono gli oppositori di un regime; sempre che trovino qualcuno disposto ad accoglierli in quanto profughi e/o rifugiati, come ci racconta Brecht nei “Dialoghi di profughi”. È un esilio l’emigrazione – raccontata da Gianmaria Testa e Giuseppe Cederna in “Da questa parte del mare” – , quella dei boat people de “La nave dolce”, quella di chi si nasconde nei camion; ma anche quella di chi ha un regolare permesso di soggiorno, di chi se ne va perché il lavoro sta scomparendo, come in “Piccola società disoccupata” di Rémi De Vos, o in cerca di una professione adeguata ai propri studi: i cervelli in fuga. Bisogna sradicarsi, bisogna adattarsi, integrarsi, provare come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale (Dante, un altro che l’esilio lo ha provato). L’esilio è forse una condizione imprescindibile dell’uomo. Costretto a spostarsi fin da quando il sapiens si è imposto nel mondo, perennemente in marcia in cerca di condizioni di vita migliori: A bello, peste et fame libera nos domine. E non si è perennemente in fuga da se stessi, dalla propria identità, dai propri limiti, dalla propria condition humaine? Come se sempre cercassimo un altrove – la cima di un monte, un’isola deserta, il paradiso, la luna – dove trovare finalmente pace. Forse, allora, il teatro è il luogo dove far scoppiare queste contraddizioni, dove far risuonare la parola, la lingua di chi s’è allontanato. Il luogo dove cercare un approdo.
Per maggiori informazioni clicca qua