Natale e panettone artigianale milanese, ecco i consigli delle pasticcerie brianzole

Intervista a tre produttori locali. Ci hanno svelato segreti e tradizioni.
Non c’è Natale senza panettone o meglio, panetùn, già perché il dolce natalizio per eccellenza deve le sue origini alla Lombardia.
Ci sono diversi aneddoti a riguardo, ma uno dei più affascinanti è ambientato alla corte di Ludovico il Moro, signore di Milano. È la vigilia di Natale del 1495, i commensali sono riuniti a tavola mentre nelle cucine c’è grande fermento per la preparazione delle leccornie di fine pasto. Purtroppo o per fortuna qualcosa va storto, le ciambelle si bruciano e lo sguattero Toni rimedia proponendo un dolce che aveva preparato con avanzi delle ciambelle più uova, burro, canditi e uvetta. Il risultato sarà un apprezzatissimo “pan de Toni”, antenato del panettone che a breve porteremo sulla nostra tavola.
Oggi ne esistono davvero tante varianti ma solo quelle che rispettano le condizioni stabilite dal decreto del ministero delle Attività Produttive e del ministero delle Politiche Agricole e Forestali, cioè fermentazione naturale, presenza di almeno il 16% di burro, 4% di tuorlo, 20% di uvetta e canditi, possono definirsi tali.
Soltanto quelli che aderiscono allo specifico disciplinare, possono poi fregiarsi del titolo di “Panettone tipico della tradizione artigianale milanese”.
IN BRIANZA
Delle 14 imprese brianzole che hanno conquistato questo ambito traguardo, 3 ci hanno affidato la loro storia, fatta di amore e grandi sacrifici. Perché nel mondo in cui viviamo, dove tutto o quasi è a portata di click, puntare sui tempi lunghi dell’artigianalità è un atto di coraggio.
«Mille personalità, mille panettoni diversi anche se noi rimaniamo fedeli alla ricetta che abbiamo da 50 anni, che faceva mio padre. La farina è del territorio, proviene dal molino Colombo, mentre il burro lo prendiamo al burrificio Crespi di Biassono e le uova arrivano dalla Cascina Siberia. Le varianti sono quella con cioccolato e noci, la veneziana e un panettone a tre gusti, che può accontentare tutta la famiglia. Da un paio d’anni, abbiamo un dolce con fichi secchi, noci, pinoli, glassatura e impasto del panettone, che si chiama Giulebbe ed è una creazione del pasticciere toscano Sacchetti. Senza dimenticare il panettone in vasocottura, tappato e sigillato in modo da trattenere tutti gli aromi» ci racconta Alessandro Sala, proprietario dell’omonima pasticceria lissonese.
Alle spalle, un passato da cuoco presso ristoranti stellati, dove tra gli avventori c’era anche lo scià di Persia.
«Per avere un panettone tradizionale ci vuole all’incirca una giornata e mezzo; l’impasto, le percentuali e i metodi sono quelli di una volta. È il gusto dell’interno che cambia: chi vuole il cioccolato, chi le nocciole, chi le noci. Noi facciamo anche quelli con frutti esotici. Abbiamo anche il panettone gastronomico quello salato, che le persone chiedono specialmente la vigilia di Natale. Noi prendiamo le farine della Besozzi, che vengono da Brescia. Una volta avevamo tante aziende che si avvalevano della nostra esperienza, ad esempio compravano un prodotto buono per i regali. Adesso tutti hanno tagliato un po’ le spese, comprano cose più industriali e allora le vendite sono calate, infatti io lavoro per i miei clienti fissi e il resto si vede nell’ultima settimana prima di Natale» ci spiega Giancarlo Gatti, della pasticceria San Rocco di Lissone (foto in apertura).
«Noi siamo un’azienda familiare, siamo tre fratelli, si può dire che nel tempo il mercato è cambiato, la tradizione c’è ma fino a un certo punto. Tutti sono alla ricerca di qualcosa di innovativo: da circa un paio d’anni, va molto il panettone al pistacchio. Per un prodotto finito, ci vogliono quasi due giorni perché parliamo di lievito madre che va sempre rinfrescato. Facciamo anche il panettone gastronomico, quello salato, che va nelle grandi feste ma ormai ha preso piede anche per le feste private. Tra le nostre altre specialità, c’è lo zuccotto che facciamo tutto l’anno. La cosa che dovrebbero capire le persone di oggi, abituate troppo ad avere tutto e subito, è smettere di pensare che il mercato sia tutto veloce come Internet, quello artigianale perlomeno» il punto di vista di Nava, pasticceria artigianale a Monza.
Scritto da Rossana De Lorenzo