“Pinuccia a mare”: un angolo di Campania in Brianza

30 gennaio 2020 | 13:01
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“Pinuccia a mare”: un angolo di Campania in Brianza

Lo chef Giancarlo Tamburrino racconta se stesso e il suo nuovo ristornate Pinuccia a mare: un angolo di Campania in Brianza

“Da Pinuccia a mare cuciniamo con il cuore”. Sono le parole dello chef Giancarlo Tamburrino, che a Monza ha portato un angolo della sua terra natia, la Campania. Un po’ del suo cuore e tutto un bagaglio di esperienze. Un viaggio, più che altro, alla scoperta di sensazioni, di sapori e di ricordi.

Quella di “Pinuccia a mare” è una cornice accogliente ed elegante, che ha un po’ il sapore del mare. Il profumo della sabbia. Un quadro, nel suo complesso, che rievoca un pacato senso di tranquillità.

E mentre la fame bussa alla porta, il menù a buon prezzo sotto al naso stuzzica un appetito sempre nuovo. Ingredienti freschi e genuini. Ogni giorno sempre diversi.

IL VIDEO

“La mia storia – racconta Giancarlo – inizia molti anni fa. Quando ancora ero piccolo e stavo scoprendo l’amore per la cucina“.  La scena è quella di un bambino di circa 8 anni che entra in cucina. Con la fantasia tipica di un infante, Giancarlo prende gli ingredienti ed inizia ad impastare la pizza accanto alla nonna e alla madre. Cucinare è un po’ come fare teatro: da uno spazio vuoto, tutta la magia ha inizio. “Prendevo una teglietta a parte – rievoca Giancarlo – e dentro ci mettevo l’impossibile, perfino la giardiniera. Dai primi esperimenti come pizzaiolo ho poi iniziato a fare i miei primi spaghetti e, all’età di 13 anni, è iniziata la mia carriera”. Prima come pasticcere. Poi come pizzaiolo. Poi, come aiuto cuoco dello chef Mattia Sarnataro, il suo primo maestro.

Da qui tutto ha inizio. L’esperienza con lo chef Sarnataro è stata un trampolino di lancio, dal quale Giancarlo si è tuffato navigando e nuotando e girando per il mondo con la voglia di imparare. Per raggiungere quella battigia dove creare il proprio ristorante.

Ogni esperienza che ho fatto – racconta Giancarlo – mi ha sempre lasciato qualcosa. Che fosse un ricordo e un sapore.Un’esperienza o un influsso. Capita spesso – precisa – che io abbia aggiunto una spezia conosciuta in un paese orientale ad una ricetta tipica della mia cucina, andando a stravolgere la mediterraneità di un piatto”. Quella di Giancarlo è una cucina viva. Immortale come quel teatro, che ogni giorno si mette in gioco. Si ridiscute e sperimenta qualcosa di nuovo.

“Giancarlo, cosa si assapora quando si assaggia un tuo piatto?” La domanda non è facile, ma è facile dare una risposta scontata. Lui, lo chef, ci pensa un attimo e poi risponde: “C’è il sapore dei miei ricordi. Dei rimproveri, quelli formativi che porto dentro di me come fossero le carezze più dolci. C’è il sapore della mia terra, la provincia di Caserta, dove c’è un forte rispetto per la materia prima e per l’ingrediente genuino”.