Post Pandemia, come cambierà il mondo dei Freelance e dei coworking. Le anticipazioni di Dario Albini.

Per approfondire il mondo dei lavoratori freelance abbiamo intervistato Dario Albini.
1. Come hanno reagito i freelance a questa pandemia?
I freelance, al netto delle difficoltà che tutti hanno patito durante questo periodo, hanno reagito bene alla pandemia. Questo perché sono una delle tipologie professionali meglio equipaggiate per il lavoro da remoto, sia per le competenze culturali sia per quelle operative.
In primo luogo sono già abituati a lavorare per obiettivi e a organizzare in maniera autonoma tempo e priorità, che sono i due ingredienti essenziali per effettuare il lavoro da remoto con successo.
Oltretutto sono due competenze difficilmente improvvisabili dall’oggi al domani, perché necessitano tanto di una conoscenza di se stessi e del proprio funzionamento, quanto di un certo grado di studio e pratica per poter essere padroneggiati efficacemente.
In secondo luogo la maggior parte dei freelance è già abituata a lavorare da casa, cosa che, senza ombra di dubbio, e la quarantena ce lo sta dimostrando, non è una tipologia di lavoro ottimale. Lo sforzo cognitivo necessario per trovare concentrazione e produttività tra le mure domestiche è tutt’altro che ideale.
La cosa migliore per avere un’alta performance lavorativa e un’alta qualità di vita sarebbe mantenere sempre separati luogo di lavoro e spazio personale.
Nonostante ciò la pratica del lavoro da casa è molto diffusa tra i freelance e nel corso del tempo ci sono diverse tecniche che possono essere imparate e applicate per trovare un proprio equilibrio.
In terzo luogo ci sono delle competenze di approccio mentale che i freelance sviluppano implicitamente al proprio lavoro: resilienza e adattabilità.
I liberi professionisti, per loro stessa natura, sono abituati a vivere in situazioni liquide, che richiedono un alto grado di adattabilità e sono una delle figure meno tutelate dallo stato, quindi col tempo sviluppano per forza una notevole familiarità alla gestione delle difficoltà di vario genere.
2. Secondo te saranno in tanti a riconvertirsi al lavoro autonomo per scelta o per necessità?
Certo. Il trend europeo pre pandemia era di +4% annuo, percentuale che in Italia é probabilmente maggiore. L’aumento dei liberi professionisti è un trend globale.
Quello che prevedo succederà dopo la pandemia sarà che le aziende si accorgeranno non solo delle possibilità del lavoro da remoto, ma anche e più profondamente che una nuova modalità di lavoro basata non più sulla necessità di presenza fisica sul posto di lavoro, ma sugli obiettivi esiste e funziona. È il cambio progressivo di un paradigma lavorativo.
Seguendo questo andamento, naturalmente, si aprirà un mercato nuovo per tutti quei professionisti in grado di offrire servizi di questo genere alle aziende. Molti dipendenti potranno diventare dei consulenti esterni della propria azienda e iniziare, se lo desidereranno, una carriera come liberi professionisti.
Coloro che sono già dei freelance da tempo, forti delle già acquisite capacità culturali, mentali e operative nella gestione del lavoro di questo tipo, vedranno aumentare il proprio valore agli occhi delle aziende.
3. Quali consigli ti senti di dare ai professionisti che si avventurano per questa strada per loro nuova?
Ecco 7 consigli operativi per chi inizia.
4. Per quanto riguarda invece i coworking cambierà qualcosa? Come vedi la loro riapertura (distanziamenti fisici, sanificazioni ecc).
Sotto la voce coworking si indicano una moltitudine di spazi con caratteristiche molto differenti tra loro: dai mega coworking con centinaia di postazioni, a bar e locali che permettono di lavorare mentre si consuma, a coworking dedicati a nicchie di professionisti specifiche. Per tutti coloro che propongono il tipo di coworking fatto di grandi tavoli comuni e molto affollamento, (principalmente le prime due tipologie) la fase della riapertura non sarà semplice per via della necessità di distanziamento sociale.
Per gli altri spazi invece, che hanno puntato fin da subito sulla qualità i propri utenti, offrendo postazioni e spazi personali più ampi e dedicati, la transizione sarà meno difficile perchè le postazioni quasi sempre rispetteranno già, le regole che sembra al momento diventeranno esecutive nelle prossime settimane.
Passata poi questa fase, penso che arriverà un boom per tutti i tipi di coworking.
Il motivo è proprio per via del trend che abbiamo discusso prima:
5. In Brianza è una realtà presente quella dei coworking?
Sì, la Brianza, per via del tessuto produttivo e del tipo di cultura imprenditoriale, è stata una delle zone d’Italia che ha recepito per prima e più velocemente la filosofia del coworking, sapendola adattare piuttosto bene alle caratteristiche del proprio territorio. Il limite maggiore che vedo al momento è che c’è ancora un’abitudine da parte delle aziende a concepire il lavoro legato alla presenza fisica in un luogo di lavoro.
Dopo la pandemia è però molto probabile che questa mentalità inizi a cambiare.
Via via che tutti i datori di lavoro e i singoli professionisti si renderanno conto dei vantaggi del lavoro decentrato e per obiettivi, anche la cultura brianzola legata all’idea del lavoro in un luogo fisico, cambierà.
L’abitudine all’intraprendenza farà poi il resto e immagino un diffondersi di coworking anche in centri minori e di dimensioni più contenute, mentre al momento il tessuto brianzolo offre coworking concentrati per lo più nei centri maggiori.