Coronavirus e rischio mafie: per la Cgil Monza e Brianza bisogna alzare la guardia

Il sindacato, in una tavola rotonda on line, lancia una sorta di patto per la legalità con istituzioni e associazioni per evitare che la criminalità organizzata possa trarre vantaggio dall’attuale emergenza.
La Fase 2 della lotta al Covid-19, tra dubbi, incertezze e preoccupazioni, è ormai alle porte. E, insieme alla speranza che l’emergenza sanitaria proceda finalmente verso una soluzione positiva, c’è un timore sempre più forte con il passare dei giorni. E’ quello che l’ormai certa crisi socio-economica, destinata a peggiorare nei prossimi mesi, consenta alla criminalità organizzata di trovare nuovi spazi di manovra lì dove lo Stato non può o non riesce ad arrivare.
Perché, con le mentite spoglie di chi è pronto a soccorrere imprese e lavoratori in grande difficoltà, le mafie probabilmente potranno anche sfruttare le maglie più larghe di controlli che dovranno scontrarsi con l’esigenza di far ripartire al più presto un’economia fortemente danneggiata dal Coronavirus.
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In un territorio come Monza e la Brianza, che negli ultimi decenni ha visto una comprovata presenza mafiosa, è molto reale, quindi, il rischio che la criminalità organizzata possa banchettare sulle ceneri lasciate dall’emergenza sanitaria. Ed è per questo che la Cgil di Monza e Brianza, con la tavola rotonda “Contro le mafie” in diretta sulla propria pagina Facebook, ha invitato a stare all’erta.
“Attualmente a Monza e in Brianza abbiamo 100mila persone sospese dal lavoro o in cassa integrazione e si prevede che dalle 4mila alle 14mila persone perderanno il proprio impiego – afferma Matteo Casiraghi (nella foto in basso), segretario Cgil Monza e Brianza – una situazione molto difficile e la mafia, che è tra noi, nelle nostre comunità, nei nostri ambienti, nelle nostre strade, potrebbe approfittarne. Per questo la legalità ci riguarda tutti!”.
“Se la mafia è un cancro, noi cittadini dobbiamo essere una sorta di metastasi benigna – continua – in questo senso il Coronavirus, partendo dal presupposto che non bisogna allentare le regole e non ci sarà mai legalità senza lavoro, ci spinga a ricostruire un patto tra istituzioni e società civile”.
Quest’ultimo auspicio mostrerà la sua validità solo attraverso azioni e scelte concrete. Ed è anche per questo che alla tavola rotonda “Contro le mafie” il parterre dei relatori ha visto Monica Forte, presidente Commissione Speciale Antimafia Regione Lombardia, Vincenzo Moriello, responsabile Legalità Cgil Lombardia, Enzo Giussani di Libera Monza e Brianza, Roberto Beretta, presidente Associazione Brianza SiCurae Giorgio Garofalo, presidente Associazione Alisei.
IL CIVISMO
“La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”. Queste parole di Giovanni Falcone dovrebbero essere uno stimolo ulteriore a combattere la criminalità organizzata anche a Monza e in Brianza. Che “è al secondo posto in Lombardia, dopo Milano – spiega Casiraghi – come numero di aziende e beni confiscati per attività criminali”.
Nel nostro territorio non mancano uomini e donne che da anni cercano di porsi nella società come anticorpi contro le mafie. Un percorso che inizia, anche e soprattutto, dalla formazione dei giovani e dalla loro capacità di portare un cambiamento di mentalità nella società.
“Nella nostra scuola di formazione politica cerchiamo di dare a chi ha tra i 16 e i 26 anni un luogo di confronto e sperimentazione in cui c’è attenzione costante alla legalità – afferma Garofalo – la conoscenza del fenomeno mafioso è il vero strumento di contrasto ad esso e, per questo, ci avvaliamo di partner qualificati, la Cgil in primis, e portiamo gli allievi a visitare i beni confiscati alla criminalità come CASANOSTRA, un progetto gestito a Giussano dall’associazione Il Mosaico”.
“E’ necessario continuare a studiare ed informarsi su quanto accade sul proprio territorio – concorda Giussani – bisogna puntare sul monitoraggio civico, con istituzioni ed imprese che siano completamente trasparenti in una logica di opposizione alla corruzione, e il riutilizzo dei beni confiscati in funzione del benessere dei cittadini”.
I mesi e gli anni che verranno dopo il Coronavirus potrebbero davvero essere il momento cruciale per segnare un punto a favore della lotta contro le mafie. Oppure, se non si remerà tutti nella stessa direzione, una sconfitta dagli esiti pericolosamente negativi. “La sfida si gioca su tre fronti – sostiene Beretta – il primo è istituzionale: le amministrazioni comunali, magari anche con l’aiuto di protocolli e consulenze, devono controllare che la ripresa rispetti norme e clausole”.
“Il secondo sono gli imprenditori che denunciano fenomeni di illegalità e devono usufruire di un sistema di premialità – continua – il terzo sono tutti i privati cittadini che, sulla scia del senso dello Stato e di impegno civico assorbito nel periodo di lockdown da Coronavirus, devono agire secondo principi di legalità, ad esempio pagando le tasse e rispettando le regole sociali”.
A partire dalla Fase 2, non sarà facile trovare un equilibrio tra il riprendere velocemente e non allentare la morsa contro le mafie. E qualche segnale preoccupante si sta vedendo in questi giorni. Basti pensare alle numerose scarcerazioni dal 41bis di boss mafiosi.
“Nonostante gli appelli del ministro dell’Interno, di procuratori e magistrati, il Paese non mi pare avverta ora il pericolo mafie – afferma Moriello – le associazioni di categoria degli imprenditori sono rimaste in silenzio e alcuni politici invitano a sospendere il codice degli appalti, i controlli preventivi oppure ad applicare condoni, sanatorie e a non porre condizionalità all’ingente erogazione di risorse economiche pubbliche”.
LE PROPOSTE
In questo momento così delicato chi ha responsabilità di governo deve ancora di più mostrare il coraggio di compiere scelte nette. “Si tratta di accelerare e rendere più funzionale il sistema dei controlli, sfruttando la digitalizzazione e l’incrocio delle banche dati di Prefettura e forze dell’ordine, con una piattaforma informatica efficiente” spiega la presidente della Commissione Speciale Antimafia di Regione Lombardia.
Su questo fronte, d’altro canto, non si parte da zero. “Si possono già attivare, nella massima trasparenza, meccanismi per erogare finanziamenti e contestualmente controlli, anche attraverso, ad esempio, un conto corrente dedicato e un codice che consenta la tracciabilità delle erogazioni a favore delle singole aziende – afferma Forte – abbiamo anche completato l’anagrafe dei 1500 Comuni lombardi per capire in quale esiste una Commissione o un organismo territoriale antimafia. Ora si dovranno creare delle linee guida da destinare agli enti locali”.
Anche se molti strumenti ci sono, tanto resta ancora da fare. “Bisogna sicuramente aumentare l’organico della Prefettura, Guardia di Finanza e di chi è impegnato nei controlli antimafia, soprattutto nella fase post pandemia – continua – poi è necessario completare, accanto all’esistente sistema sanzionatorio, il percorso del progetto di legge per la premialità delle imprese che denunciano, prevedendo benefici nell’accesso ad appalti pubblici e facilitazioni per usufruire del fondo antiracket ed antiusura”.
La battaglia contro le mafie è, comunque, lunga. E, per avere successo, deve essere combattuta da tutti. Soprattutto in situazioni di emergenza. Che spesso, in passato, hanno visto la criminalità organizzata trarre i maggiori vantaggi. “Stiamo lavorando con altri enti ed associazioni ad un Patto per la rinascita – annuncia il responsabile Legalità della Cgil Lombardia – si tratta di una sorta di appello per la legalità e il sostegno sociale che, tra i suoi punti, prevede il reddito di emergenza, la regolarizzazione dei lavoratori migranti e il no ai benefici per le imprese che sono state anche soltanto coinvolte in reati gravi”.