Post pandemia: lo scrittore Luca Scarpetta e i possibili scenari futuri dell’editoria

14 aprile 2020 | 09:12
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Post pandemia: lo scrittore Luca Scarpetta e i possibili scenari futuri dell’editoria

Lo scenario di crisi coinvolgerà anche Monza dove le librerie si contano sulla punta delle dita di due mani.

A livello nazionale da giorni si inizia a parlare in modo sempre più concreto della Fase Due. Fase di riaperture, fase di riavvicinamento a quella che era la realtà di tutti noi che in questo periodo di pandemia ha subito grandi cambiamenti che ritroveremo una volta usciti dalle nostre case. Tanti, tutti, i settori economici e industriali sono cambiati in queste settimane ma, ancora, non sappiamo bene come.

Abbiamo quindi voluto iniziare un viaggio alla scoperta della nostra fase due. Di quella vicino a noi. Di quella brianzola. E abbiamo voluto farlo chiedendo a dei professionisti di spicco originari di Monza Brianza di volerci spiegare come cambierà il settore in cui lavorano e a cui si dedicano ogni giorno.

Abbiamo iniziato con Luca Scarpetta, giornalista e scrittore. Classe 1979 ha esordito nel 2006 in libreria con il thriller “Miserere – La strage degli innocenti”, seguito da “Il mercante in fiera” (2008), dal corto thriller “Maschere in Ade” (2008), dal romanzo “Epos” (2011), editi da Acar Edizioni. Con il maresciallo Giancarlo Rapone, già agente undercover-infiltrato del Road per dieci anni, ha iniziato a occuparsi di narcotraffico, pubblicando tre noir: “L’ultimo confidente” (Acar, 2015), “Il Cartello dei Balcani” (Acar, 2017) e “Il cacciatore di narcos” (Acar, 2019). Gli abbiamo chiesto come cambierà il mondo dell’editoria a partire dal nostro territorio.

Cosa significa in termini concreti la cancellazione delle fiere e dei calendari di presentazione dei libri per l’editoria?

Se pensiamo al Salone del libro di Torino, a Book Modena, a Cartoomics 2020, alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, alla Fiera del Libro di Parigi, solo per citarne alcune tra quelle rinviate o annullate, già i nomi dicono tanto. Poi ci sono tutte le altre. Senza contare le biblioteche chiuse e le presentazioni o i firmacopie annullati, anche perchè con la chiusura dei centri commerciali, le librerie Mondadori, Feltrinelli o Giunti hanno eliminato gli eventi in essere. La situazione purtroppo è drammatica: la cancellazione di fiere e presentazioni avrà delle ripercussioni economiche che rischiano di far crollare un’intera filiera. Il primo effetto è stato quello di sospendere pubblicazioni già in uscita, che invece sono state rinviate o annullate. Questo ha mandato in apnea le librerie, specialmente quelle indipendenti, che già prima della chiusura totale non ricevevano più gli ordinativi perché – e qui arriviamo ai distributori – i sistemi ordinativi e gestionali dei magazzini non ordinavano per non creare stock-magazzino, che ancora adesso non funzionano a pieno ritmo. Infine anche la tanto agognata legge sul massimale degli sconti al 5% sul prezzo di copertina, ora paradossalmente rischia di diventare un boomerang. Poi ci sono gli autori, per i quali non è semplice inventarsi nuove forme di promozione, nonostante i social.

L’online è in grado di sostituire il contatto diretto con il pubblico che invece era il focus delle fiere?

Nel modo più assoluto no. Lo scorso 21 marzo, ad esempio, ho avuto l’onore di essere ospite con Giancarlo Rapone all’IterFestival, tradizionale kermesse letteraria organizzata dal Consorzio Villa Greppi, con autori del calibro di Giorgio Fontana, Lorenza Ghinelli o editor come Edoardo Brugnatelli. Per ovvie ragioni eravamo collegati via Skype: quella che Martina Garancini ci ha fatto, è stata un’intervista di grande spessore letterario e umano, davvero un evento straordinario. Eppure alla fine eravamo tutti concordi nel dire che con il pubblico sarebbe stato diverso. L’empatia che si crea con il pubblico, durante le fiere o le presentazioni, è irrinunciabile, oltre ad essere insostituibile: i lettori desiderano conoscere gli autori, vogliono sapere di più sulle persone dietro ai nomi in copertina, comprendere chi sono, hanno bisogno di fare domande, di chiedere spiegazioni e chiavi di lettura. Per questo motivo le presentazioni e le fiere diventano luoghi di scambio di conoscenza, dove la cultura prende vita e permette ad un’intera comunità di crescere. L’on-line è utile, ma complementare a tutto questo.

Proiezioni per il post coronavirus: avranno più chance le grandi case editrici o le più piccole?

Le chance si presenteranno per tutti, ma bisognerà saperle cogliere. I colossi dell’editoria, in questo senso, avranno certamente maggiori possibilità di ammortizzare i danni e quindi di rilanciarsi grazie ai loro scrittori di punta, mentre per le case editrici più piccole, tra quelle che sopravvivranno, sarà certamente più complicato: avranno bisogno che i loro autori si spendano maggiormente nella promozione dei libri. Per entrambi i casi, invece – di fronte ad una probabile ed ulteriore contrazione del mercato – si aprirà l’opportunità di ricominciare a puntare sulla qualità e non sui numeri. Ma per coglierla sarà necessario molto coraggio.

Che risultati ha dato l’ecommerce nell’ambito di vendita libri in questo periodo di quarantena?

Si è trattato certamente di un’ancora di salvezza, ma forse più per i lettori che per gli autori: piattaforme come Amazon e IBS hanno continuato a lavorare, anche se a regime ridotto. Si tratta comunque di numeri poco significativi in questo contesto. Il problema, alla fine, non sono i punti vendita – reali o virtuali – il punto è la domanda del mercato, che resta troppo bassa per un paese come l’Italia. Credo che da parte delle case editrici e degli autori serva maggiore qualità, però forse anche i lettori dovrebbero fare uno sforzo: quasi mai la lettura è immediata, ma è un piacere che va coltivato con il tempo.

Anche Monza e Brianza rientrano in questo scenario?

Indubbiamente. Anzi, Monza e Brianza già storicamente è un territorio difficile. Nonostante sia la terza città della Lombardia, Monza non ha un evento letterario non dico di portata nazionale, ma nemmeno regionale, in grado di attirare pubblico e grandi nomi. Mi sembra un’anomalia. Da qualche anno, finalmente, sono nati il Brianza Book Fest e l’X-Factor letterario, ma credo ci sia bisogno di tempo e di un supporto ancora maggiore da parte delle istituzioni per farli crescere. Lo stesso vale per altri piccoli festival che, spesso – ed è un peccato – restano di carattere comunale. Senza contare che, a Monza città, le librerie si contano sulla punta delle dita di due mani. A questo proposito alcuni librai mi raccontavano che qualche anno fa avevano organizzato un evento con un autore importante, che in quel particolare momento stava avendo un grande successo: era fine primavera o inizio estate, il palco era sotto l’Arengario ed era una bella giornata di sole. Eppure i librai sono stati costretti a chiamare i propri dipendenti per riuscire a riempire un po’ le sedie.

Questo periodo di pandemia può rappresentare un momento di silenzio e di grande produzione letteraria e artistica?

Nella storia della letteratura, in effetti, è già accaduto: le ondate di pestilenza hanno lasciato traccia di sé in Petrarca, Boccaccio e Manzoni. Come le guerre, le pandemie rappresentano una spaccatura della storia, un punto di rottura che generalmente tira fuori il meglio e il peggio delle persone, che interrompe la linearità delle vite e ne fa iniziare altre, che crea nello stesso tempo le condizioni per il baratro e quelle per la redenzione. E’ una grande narrazione collettiva, che parla di noi a ognuno di noi.