Rsa al tempo del Coronavirus: la testimonianza di un dolore inascoltato

Sono iniziate le indagini nelle rsa lombarde. I numeri della situazione attuale faticano a emergere. Nel mentre, il dolore e l’angoscia dei parenti continua a crescere. La testimonianza di un figlio con la madre affetta da Alzheimer.
L’ultima settimana dell’era Covid-19, ha visto le Rsa al centro della cronaca. Tutto ha avuto inizio dal Pio Albergo Trivulzio di Milano, di lì le verifiche dei Carabinieri del Nas si sono estese anche ad altre residenze per anziani dislocate in quattro province lombarde, ovvero Milano, Monza, Como e Varese. I militari dell’Arma del nucleo antisofisticazione e sanità hanno avviato una serie di controlli, che continueranno anche nei prossimi giorni.
Gestione dei tamponi, dotazioni adeguate di dispositivi di protezione individuale, nonché generali condizioni igienico sanitarie delle Rsa, sono questi i principali elementi finiti sotto la lente di ingrandimento dei Nas.
Oltre alle indagini però, e alle eventuali inchieste di cui si occuperà la magistratura, sullo sfondo di uno scenario alquanto drammatico, seduti timidamente all’ombra del loro dolore, ci sono i parenti dei ricoverati nelle Rsa. Spesso si tratta di figli appesi a una chiamata dei sanitari che stenta ad arrivare. L’emergenza sanitaria ha messo sotto pressione tutti gli ospedali in primis, poi le residenze per anziani e nonostante l’impegno eroico di medici e infermieri nel curare ogni malato, per tanti a casa, attendere notizie è diventato insopportabile.
“L’angoscia di una chiamata che non arriva”
“Era il 23 febbraio. In serata, ci viene comunicato via mail che non si avrà più accesso alla struttura, fino a data da destinarsi. Quella mattina io ho visitato mia madre regolarmente e con me tutti gli altri parenti”, inizia così il racconto di Matteo Longoni, un monzese che ha la madre ricoverata presso la Rsa Bellani di Monza.
“Fino al 22 Marzo, ho chiamato regolarmente, una o 2 volte al giorno. Sino ad allora nessuna comunicazione di casi Covid-19. Poi il 22 marzo, la doccia fredda: chiamano mio fratello per comunicargli che nostra madre ha la febbre. Dopo 2 giorni le viene fatto il tampone: risulta positiva“.
“Il 23 marzo, arriva una comunicazione del direttore. Dice che nonostante tutte le precauzioni del caso il virus purtroppo è entrato: un ospite è risultato positivo ufficialmente e altri sono stati isolati. In una comunicazione, successiva alla mia denuncia sui social, si legge che ci sono 15 morti e 65 persone sono state sottoposte a tampone (tra ricoverati e personale), 51 quelle positive. A quel momento, il totale dei ricoverati era di circa 125 persone”.
“Dalle telefonate effettuate dal personale si scopre che le condizioni sono durissime“, a quel punto l’ansia si irrobustisce e diventa paura. Le domande si rincorrono nella testa.
“Non si capisce con quale criterio siano stati fatti i tamponi, ad alcuni e non ad altri, immagino perché non tutti presentavano sintomi… Poi sembra che il personale sia dimezzato per malattia e la direzione ha subito cercato di arginare il problema con nuove assunzioni”.
Altri cittadini, sui vari gruppi Facebook della città, si sono lamentati del fatto che dalla struttura arrivano comunicazioni pressoché uguali per tutti e se un giorno non arrivano significa che la persona ricoverata non ha avuto peggioramenti. Naturalmente però i parenti vorrebbero sapere di più di un semplice: “E’ stazionario”. Si aspettano di essere informati sulle modalità di gestione dell’infezione: è stata creata un’area apposta e isolata per i contagiati? Gli altri dove sono stati ricollocati? Che cure verranno somministrate? E poi verrà fatto un tampone una volta risolta la sintomatologia?
Tutte domande, che per il momento, non hanno trovato risposte chiare.
“La carenza di informazioni, il problema più grande”
“La carenza di informazioni è proprio il punto centrale: il mio dramma nel dramma è che mia madre ha l’Alzheimer”, continua a raccontare Matteo con un velo di tristezza che emerge tra le righe.
“Io quindi potevo avere notizie di mia mamma soltanto dalla struttura, ma il medico di riferimento era sempre irrintracciabile. Il personale è in affanno e fa uno sforzo immane per poter rispondere al telefono anche ai parenti, per questo da settimana scorsa ci è stato fornito un nuovo numero di telefono e uno psicologo, che funge da intermediario. Finalmente, l’altro giorno sono riuscito a ottenere un nuovo colloquio con un medico”.
Ma quando ci sentiamo noi al telefono, la giornata è quasi finita e nessuna nuova chiamata è arrivata.
“Noi telefoniamo il lunedì… e otteniamo risposte soltanto il venerdì, nel mentre viviamo in un clima di angoscia totale. Troppo tempo per le condizioni disperate di mia mamma”.
“E pare che io sia anche stato fortunato. Altri parenti hanno ricevuto un messaggio Whatsapp con scritto: sua madre purtroppo è positiva, chiami per info il seguente numero dalle 8.00 alle 17.00… peccato che l’abbiano inviato alle 17,20”.
Una notte di vuoto e distanza incolmabili.
“Dal sindaco nessuna notizia”
“Io non posso che ringraziare alcune operatrici che si sono fatte in quattro per farmi ricevere delle videochiamate da mia mamma, ma a parte questo, non ho mai sentito una parola dal Sindaco sulla situazione nelle RSA monzesi, mai. Prima della mia denuncia su Facebook, nulla trapelava in città”.
“E’ la mancanza completa di trasparenza che denuncio. Perché nessuno ha mai risposto a questi quesiti: i DPI erano sufficienti per la struttura? E’ di questi giorni l’appello di un’altra RSA, la San Pietro, per avere donazioni per i DPI… se mancano lì possibile che alla Bellani ci siano? Dal giorno 23 febbraio la struttura si è chiusa in se stessa in tutti i sensi. E dalle istituzioninon arriva alcun segnale”.
Per Matteo c’è solo una magra consolazione: “Tanti mi hanno ringraziato per la mia denuncia sui social, altrimenti non avrebbero saputo nulla”.
Ma un pensiero continua ad assillare lui e tanti altri: “A oggi quanti sono i morti? Erano 15, 2 settimane fa. Ma ad oggi non è chiaro nemmeno quanti fossero gli ospiti totali…”.
La replica delle istituzioni
Sulla questione è stata fatta anche un’interrogazione al Comune, ma i numeri non sono ancora emersi. L’assessore Merlini e il direttore Colombo della Rsa Bellani, rispondono raccontando il loro totale impegno a supporto di una situazione sanitaria epocale. Mentre l’Ats, su contatto diretto via mail, risponde di non poter fornire i numeri dei contagiati e dei decessi nelle residenze per anziani del nostro territorio. Ma questo è un secondo capitolo della vicenda, che potete leggere qui.
Foto: Pixabay