Il lockdown porta genitori e Baby College ai ferri corti

4 maggio 2020 | 16:22
Share0
Il lockdown porta genitori e Baby College ai ferri corti

Un botta e risposta che ha portato ad una spaccatura. Al centro della querelle il tema delle rette, ma anche quello della didattica a distanza. Abbiamo parlato con le parti coinvolte per cercare di capire meglio cosa sta accadendo.

Non hanno trovato un accordo soddisfacente. E adesso il clima teso da settimane di “botta e risposta” si è trasformato in uno scontro tra i genitori e il Baby College, l’asilo nido e infantil school bilingue, che ha sedi a Monza e Seregno. Tutta colpa del virus, del lockdown e delle rette da pagare. Da una parte una quarantina di famiglie che hanno chiesto sconti, anche importanti, visto che i bambini all’asilo non ci possono più andare da quando l’Italia è in quarantena, dall’altra parte la scuola che ha messo in atto un piano didattico alternativo fatto di video chiamate e di incontri, seppur virtuali.

Il paradosso di questa storia che tutti si sentono delusi dall’altro. Il fatto grave è l’accusa mossa nei confronti della scuola, ci spiegano gli stessi titolari dell’asilo nido, che sarebbe quella di indebito arricchimento. Ciliegina sulla torta il fatto che nessuno dei genitori, però, pare abbia ufficialmente lasciato la struttura. Alcuni pagamenti, tuttavia, sarebbero stati annullati o mai pervenuti. Da ciò la disdetta automatica del contratto.

Da una parte alcuni genitori che si sentono traditi dalla scuola, dall’altra i vertici del Baby College che si dichiarano “spiazzati dalla situazione che stanno vivendo”.

«Quello che instauriamo con le famiglie è un rapporto di fiducia – ci spiega Silvia Coletti, amministratrice del Baby College  – Ci hanno scelti tra tanti asili e ci hanno affidato quanto di più caro hanno al mondo e adesso rischiano di farci chiudere e ci attaccano come se fosse colpa nostra questa situazione. In questo difficile momento abbiamo fatto tutto quanto era nelle nostre possibilità per alleggerire le rette degli iscritti e al tempo stesso abbiamo offerto un piano didattico ricco di stimoli e ben articolato».

«Ci siamo attivate subito – proseguono, le coordinatrici della didattica, Eva e Mariarosa. – Sono partite le videochiamate su Zoom, le lezioni di “cucina” a distanza, le tante, tantissime iniziative per non farli sentire soli. Abbiamo anche aperto un canale YouTube per aiutare chi non poteva collegarsi in diretta. Le iniziative messe in atto dal Baby College e che, a nostro parere giustificano il costo parziale della retta, sono state riassunte in una lettera, e che potete trovare qui. Come ben si capisce anche noi in questo periodo abbiamo delle spese da sostenere per portare avanti la didattica, inoltre: siamo un asilo privato e non riceviamo finanziamenti dallo Stato, né abbiamo convenzioni con gli enti locali. Se non ci sono le rette non abbiamo altre entrate».

Fin dall’inizio del lockdown, però, un gruppo di genitori, vista l’impossibilità di non continuare la didattica in classe, ha chiesto alla scuola una riduzione sulla retta scolastica. Il Baby College ha risposto in due modi. Per quanto riguarda la sede di Seregno (Via Verdi, conta circa 120 bambini) hanno concordato una scontistica forfettaria: un pagamento ridotto da parte delle famiglie che permettesse però alla scuola di coprire i costi dell’e-learning e proseguire la didattica a distanza; per quanto riguarda la sede di Monza (Via Ramazzotti, 115 bambini), è stato proposto un rimborso del 40% sui giorni di chiusura. I genitori hanno ribattuto picche, sostenendo che quel 40% era stato calcolato partendo dalla retta annua e che il costo giornaliero fisso che il Baby College aveva calcolato era un dato inesatto in partenza. Una questione di soldi che è anche diventata una questione di principio.  

«Non è nostra intenzione criticare la didattica – ci hanno raccontato i genitori – abbiamo scelto il Baby College proprio perchè l’offerta è di alto livello. Ma siamo rimasti stupiti per come siamo stati trattati quando abbiamo sollevato il tema delle rette. Alle nostre richieste ci è stato risposto che avevamo firmato un contratto e che ora dovevamo rispettarlo. La situazione, più unica che rara, ci ha spinto ad unirci e a muoverci anche ricorrendo a vie legali. Non avremmo mai voluto arrivare a questo punto».