Contratti a termine e blocco licenziamenti, Cgil MB: “Spesso legge aggirata”

25 settembre 2020 | 10:45
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Contratti a termine e blocco licenziamenti, Cgil MB: “Spesso legge aggirata”

L’Ufficio vertenze del sindacato di via Premuda lancia l’allerta sulle falle dei provvedimenti normativi, a volte sfruttate dagli imprenditori a danno dei lavoratori. Preoccupazione per i prossimi mesi.

Sotto il cielo del Covid-19 regna ancora molta incertezza un po’ su tutti i fronti del vivere sanitario, sociale, economico e culturale. Per le persone comuni, ma spesso anche per gli addetti ai lavori, diventa difficile stare dietro ai frequenti cambiamenti normativi. Il discorso vale anche per le disposizioni attualmente in vigore sul divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sulla proroga dei contratti a termine e sulla possibilità di lavoro agile o congedo straordinario in caso di quarantena per Covid-19 di un figlio al di sotto dei 14 anni.

Aspetti che in questo periodo riguardano molti italiani. Che spesso avrebbero bisogno di chiarimenti per avere realmente contezza di quale sia la situazione. Anche perché gli imprenditori, sfruttando qualche falla inevitabilmente concessa dai numerosi provvedimenti adottati dal Governo da quando è scoppiata la pandemia, hanno preso decisioni dettate più dall’incertezza del momento circa le prospettive di ripresa economica che dall’effettiva sussistenza delle ragioni che le hanno determinate. E le ricadute sono finite addosso ai lavoratori che spesso si sono trovati senza stipendio e senza cassa integrazione.

“Il blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, introdotto già dal Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 a seguito dell’emergenza epidemiologica, ha sicuramente costituito un valido strumento per la tenuta dell’occupazione – afferma Giovanna Piccoli (nella foto in basso), Responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil MB – noi abbiamo riscontrato in questi mesi che i licenziamenti intimati per i motivi diversi da quello previsto dal blocco hanno costituito un escamotage al divieto imposto per legge”.

“Mi riferisco, ad esempio, a licenziamenti per superamento del comporto della malattia, per mancato superamento della prova o ai licenziamenti disciplinari dove il pretesto dell’infrazione, anche non grave, è diventato motivo di licenziamento – continua – stessa cosa possiamo dire per i contratti a termine la cui cessazione è avvenuta prima della scadenza naturale del contratto, senza motivazione, soprattutto nei settori più colpiti come il settore ristorazione, dove spesso i lavoratori si sono trovati senza stipendio e senza cassa integrazione”.

LE NOVITA’

LICENZIAMENTI

L’art. 14 del Decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020 “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia” ha confermato, ma anche modificato, le disposizioni contenute nei precedenti decreti in materia di blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo e di proroga e rinnovo dei contratti a termine.

Sul primo fronte, quello dei licenziamenti, diversamente dalla disposizione precedente, che stabiliva un termine di 5 mesi per il blocco dei licenziamenti, il più recente provvedimento normativo subordina il divieto a due casi. Il primo è quando i datori di lavoro non abbiano integralmente fruito della cassa integrazione prevista dallo stesso decreto (18 settimane). Il secondo, invece, si riferisce a quando i datori di lavoro non abbiano integralmente fruito dell’esonero del versamento dei contributi previdenziali (max 16 settimane).

La durata, quindi, del divieto di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo potrà variare a seconda dei tempi di utilizzo che verrà adottata dai singoli fruitori del beneficio.

Con il D.L. 104/2020 i casi in cui non trova applicazione la norma sul divieto di licenziamento sono stati ampliati alla cessazione definitiva dell’attività di impresa con messa in liquidazione della società, all’accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro e, infine, al fallimento.

Viene estesa a tutti i licenziamenti effettuati nel corso dell’anno 2020 la disposizione che consente la possibilità per il datore di lavoro di revocare il recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo purché contestualmente faccia richiesta di trattamento di cassa integrazione a partire dalla data in cui ha effetto il licenziamento.

“E’ difficile, ad oggi, ipotizzare cosa succederà tra pochi mesi quando gli effetti del blocco dei licenziamenti cesseranno e termineranno i sostegni degli ammortizzatori sociali – afferma la Responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil MB – possiamo solo sperare che il ritorno della pandemia sia più contenuto e controllabile rispetto ai mesi scorsi e che i segnali di ripresa si consolidino, altrimenti credo che il rischio che si verifichino numerosi licenziamenti per giustificato motivo oggettivo sia verosimile”.

CONTRATTI A TERMINE

L’art. 8 del D.L. 104/2020 ha previsto la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato fino al 31 dicembre 2020, per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, sempre nel rispetto della durata massima di 24 mesi e senza necessità delle causali previste dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2015.

Una recentissima nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, risalente al 16 settembre, ha specificato che, in tema di contratti a termine, vi sia la possibilità di derogare alla disciplina sul numero massimo delle proroghe e sui termini di interruzione tra un rinnovo e l’altro del contratto. E il termine del 31 dicembre 2020, si spiega nella nota, è da intendersi riferito esclusivamente alla formalizzazione della stessa proroga o del rinnovo. La durata, quindi, del rapporto potrà protrarsi anche nel corso del 2021, fermo restando il limite dei 24 mesi.

CONGEDO STRAORDINARIO

Nei giorni scorsi novità sono arrivate anche per i lavoratori dipendenti che sono genitori di ragazzi conviventi minori di anni 14, sottoposti a quarantena a seguito di contatto verificatosi all’interno dell’ambito scolastico.

Per questi genitori il Decreto-Legge n.111 dell’8 settembre 2020 prevede la possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutta o parte della durata della quarantena del figlio. In alternativa questa tipologia di lavoratori dipendenti potrà fruire di un congedo, sempre per tutto o parte del periodo di quarantena del figlio, alla condizione che questo sia compreso entro il 31 dicembre 2020. Prevista anche un’indennità pari al 50% della retribuzione e la copertura della contribuzione figurativa.