La Pubblica Amministrazione digitale? Cgil MB: “Prima bisogna cambiare mentalità”

19 marzo 2021 | 04:39
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La Pubblica Amministrazione digitale? Cgil MB: “Prima bisogna cambiare mentalità”

In un dibattito on line il sindacato di via Premuda ha affrontato le problematiche organizzative, infrastrutturali e lavorative di un processo complesso, ma reso impellente dal Covid-19.

Che il pensiero preceda l’azione non è sempre un passaggio scontato, come dovrebbe, nemmeno nella vita quotidiana. Figuriamoci se può esserlo quando si parla di innovazione e digitalizzazione nella Pubblica Amministrazione in generale e, negli enti locali, in particolare. Eppure, sulla scia delle conseguenze imposte dal Covid-19, costruire un cambiamentoradicale in un meccanismo così complesso, elefantiaco e delicato per l’erogazione dei servizi ai cittadini sta diventando un’esigenza impellente. Che non può fermarsi ad una semplice riorganizzazione del lavoro e all’introduzione di strumenti tecnologici.

Rendere moderna, ma soprattutto efficace, efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione, infatti, è anche, anzi forse prima di tutto, “il raccogliere la sfida di costruire la mentalità dell’amministrazione agile”, come afferma, con una originale sintesi, Serena Sorrentino, segretaria generale per la Cgil della categoria Funzione pubblica, nelle conclusioni del dibattito on line “Pa digitale. Il lavoro e la trasformazione negli enti locali” organizzato dalla Cgil di Monza e Brianza e trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTubedel sindacato oltre che sulla pagina Facebook di MBNews.

UNA SFIDA DECISIVA

“La digitalizzazione nella Pa e negli enti locali, forte anche di una corposa legislazione italiana in cui è già presente anche un Codice dei diritti digitali, non è una semplice trasposizione on line di certificati e documenti cartacei, ma un salto di paradigma – spiega Sorrentino – significa, infatti, immaginare un Comune digitale, qualcosa di diverso dall’esistente, in cui i servizi sono già pensati e prodotti in maniera immateriale, una realtà in cui ci siano nuovi profili professionali e un cambio nelle architetture di carattere amministrativo e nei modelli di gestione organizzativa”.

Una sorta di rivoluzione, insomma, in cui la Cgil punta ad essere un attore protagonista, vigile ed attento. Non solo verso la contrattazione e la spinta ad una formazione adeguata e continuativa dei lavoratori, ma anche nell’evitare che venga disperso l’importante capitale di risorse messe a disposizione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU.

Quaranta miliardi di euro, il 21% circa del totale dei fondi europei assegnati all’Italia per rispondere alla crisi provocata dal Covid-19, sono destinati all’innovazione nella chiave della digitalizzazione intesa come strumenti, cybersecurity, interoperabilità, cittadinanza digitale, servizi e piattaforme – afferma Matteo Casiraghi, segretario della Cgil di Monza e Brianza – è un’occasione storica di trasformazione anche per il nostro territorio per superare diseguaglianze e solitudini, riconoscere diritti e valorizzare i lavoratori del servizio pubblico”.

Lo stato attuale della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in Italia non è confortante. “Ci sono problemi trascinati da tempo e non affrontati con il giusto approccio – sostiene Alfonso Fuggetta, Ceo e Direttore scientifico del Cefriel, il Centro di innovazione nato nel 1988 come spin-off del Politecnico di Milano – per digitalizzare non bastano lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale, Ndr) o il fascicolo sanitario elettronico, è necessario cambiare i processi, i ruoli e le mansioni, razionalizzare e consolidare le banche dati informatiche, garantire l’interoperabilità tra uffici ed enti”.

“Fino ad ora su questo fronte abbiamo assistito ad una frammentazione senza governance – continua – è necessario un cambio di mentalità per capire che l’obiettivo della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione deve essere fondamentalmente quello di semplificare la vita a cittadini ed imprese, non un’inutile ed autoreferenziale proliferazione di banche dati e sistemi”.

GLI ENTI LOCALI

In Lombardia ci sono circa 1500 Comuni, di cui circa 1000 hanno meno di 5mila abitanti. Numeri che rendono la sfida della digitalizzazione nella Pubblica amministrazione anche un tema con fondamentali difficoltà dimensionali e territoriali. “E’ necessario collegare l’innovazione e la tecnologia all’attivazione di sinergie tra i vari enti e all’aggregazione di servizi per i cittadini” spiega Egidio Longoni, vice segretario di Anci Lombardia e, qualche anno fa, assessore monzese alla Partecipazione nella Giunta dell’ex sindaco Scanagatti.

“Ci sono problemi infrastrutturali perché anche in Lombardia e in Brianza non in tutti i Comuni gli operatori privati hanno portato la fibra ottica ed un’adeguata connessione che permetta di fornire servizi digitali ai cittadini – continua – gli strumenti tecnologici per consentire ai dipendenti di lavorare in smart working con una vera qualità delle ore lavorate non sono sempre a disposizione. Per questo ci vogliono investimenti, ma anche una capacità organizzativa che punti a servizi digitali decentrati ai cittadini in una sorta di economia di scala che garantisca anche velocità nella risposta”.

Le difficoltà di adeguamento ad un sistema digitale efficiente e strutturato non mancano nemmeno al Comune di Monza. “Nonostante gli investimenti piuttosto recenti nell’informatizzazione del sistema economico, anagrafico, tributario e di riscossione di contravvenzioni e verbali, le problematiche sono ancora numerose – afferma Luca Monguzzi, RSU Fp Cgil del Comune di Monza – il Protocollo informatico è stato cambiato 3 volte negli ultimi 10 anni, la formazione è stata fatta solo ad alcune figure amministrative di vertice, l’accesso è consentito solo ad alcuni atti specifici e i dati hanno bisogno di essere caricati più volte perché non sono trasmessi in automatico per la rendicontazione ad altri enti della Pubblica amministrazione”.

Un sistema ancora piuttosto farraginoso e lacunoso, quindi, che avrebbe bisogno di più attrezzature, adeguate competenze e di un fondamentale cambio di mentalità. “Per evitare le inevitabili ricadute negative sulla produttività, sui servizi ai cittadini e sullo stress psico-fisico dei lavoratori, bisogna creare una sorta di sistema centrale dei sistemi – continua – il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, firmato pochi giorni fa dal Governo e dai sindacati confederali, pone al centro temi ed indirizzi, come l’importanza della formazione e dell’aggiornamento dei dipendenti, che possono aprire la strada a soluzioni”.