Monza, Icar evita il fallimento (per ora): si attende il concordato preventivo

La storica azienda di via Isonzo ha tempo fino al 20 luglio per presentare un piano di rientro dai debiti. I sindacati chiedono soluzioni industriali di continuità. Sale la tensione tra i lavoratori.
Se la vicenda della crisi della Icar Spa fosse una partita di calcio, si potrebbe dire che la sconfitta, alias fallimento, dell’azienda che dal 1946 produce condensatori elettrici e sistemi in bassa e media tensione, sembrava ormai un’ipotesi inevitabile.
Ma proprio quando tifosi e giocatori, nello specifico i circa 200 lavoratori delle sedi operative di via Isonzo a Monza e di Villa D’Adda, si stavano rassegnando, non senza aver tanto lottato, nei minuti di recupero la squadra di casa è riuscita, anche con un po’ di aiuto della buona sorte, a trovare la rete del pareggio. E a portare la partita ai tempi supplementari. Dove, però, la vittoria, cioè la sopravvivenza della storica azienda monzese, è tutta ancora da conquistare. Con la speranza di non dover arrivare fino ai rigori. Che, come si sa, sono una lotteria dagli esiti sempre imprevedibili.
La metafora sportiva, di cui ci scuseranno i non appassionati di calcio, non può certamente sdrammatizzare l’intricata situazione in cui si trova l’Icar. Che da novembre 2020, nonostante faccia parte di un Gruppo con sei stabilimenti in Europa, in grado di controllare tutte le fasi produttive, dalla produzione di film di polipropilene fino alla realizzazione del prodotto finito e di esportare in più di 100 paesi nel mondo, è stata messa in liquidazione al culmine di un lungo periodo di sofferenza finanziaria.
LA SITUAZIONE ATTUALE
La crisi dell’azienda monzese, che mette seriamente a rischio il futuro dei dipendenti ed ha provocato un perenne stato di allerta da parte dei sindacati, ha vissuto la sua penultima tappa, fino a questo momento, ad inizio febbraio 2021. Due mesi fa, infatti, il Tribunale di Milano non ha accolto la domanda di amministrazione straordinaria con la motivazione della mancanza dei requisiti numerici all’atto dell’ammissione. E’ stato allora che per la Icar Spa di Guido Castellini si stavano aprendo le porte del fallimento.
Invece l’arrivo di una commessa importante, quella dei defibrillatori per la Philips, dovrebbe dare lavoro ancora per un anno a quasi metà degli ormai 170 dipendenti rimasti. “Il possibile fallimento si è trasformato in una richiesta di concordato preventivo, sul quale il 25 marzo il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza con la quale ha autorizzato il piano concordatario” spiega Patricia Lupi (nella foto in alto) della Fiom-Cgil Brianza e Lombardia, che sulla vertenza sta lavorando a stretto contatto con Gabriele Fiore della Fim-Cisl Monza Brianza Lecco e le Rsu del sito della Icar di Monza.
“Ora l’azienda ha tempo fino al 20 luglio 2021 per presentare un piano definitivo, su cui poi si esprimerà il Tribunale di Milano, corredato da tutta la documentazione necessaria ed in grado di pagare tutti i creditori, tra cui naturalmente i dipendenti – continua – intanto ad inizio aprile il Tribunale ha nominato un commissario straordinario, a cui abbiamo già chiesto un incontro per confrontarci sulle prospettive dell’impresa, che ha il compito di verificare la fattibilità del piano”.
LA POSIZIONE DEI SINDACATI
Le parti sociali, che nei mesi scorsi hanno già organizzato una serie di scioperi, sembrano avere le idee chiare sulle priorità da perseguire da qui in avanti. “La commessa Philips è importante perché consente di lavorare a metà dei dipendenti in una mix con la Cassa integrazione Covid, rinnovata fino al 30 giugno con il Decreto Sostegni, ma non basta – afferma Lupi – c’è bisogno di mettere a punto soluzioni industriali che diano continuità all’Icar e reddito ai suoi lavoratori”.
“Per questo ci rendiamo conto che le responsabilità dell’azienda sono enormi e tutto è molto complicato, ma chiediamo un concordato in continuità che consenta la tenuta occupazionale in virtù anche del know-how consolidato della Icar nel mercato dei condensatori elettrici e sistemi in bassa e media tensione e del notevole portafogli clienti”.
SALE LA TENSIONE
L’incertezza sul futuro dell’azienda monzese non facilita certamente la tranquillità dei lavoratori. Alcuni dei quali, definendosi resilienti, hanno scritto ad MBNews una lettera informale in cui esprimono la loro preoccupazione per l’attuale situazione precaria e invitano tutte le parte coinvolte, dal liquidatore al commissario giudiziario, dai dirigenti aziendali agli stessi sindacati, a sedersi intorno ad un tavolo per trovare un accordo.
Lo sblocco del Fondo salute, il pagamento delle more dovute al Fondo pensione, il saldo dello stipendio di novembre 2020 e marzo 2021 e del premio di risultato relativo all’anno 2019, sono tra le questioni ritenute più scottanti. E, se non verrà fatta chiarezza in tempi brevi, potrebbero portare all’esasperazione dei “dipendenti resilienti”.
“Capisco il loro malessere e, anche per questo, stiamo continuando a fare assemblee con i lavoratori in modo da dare informazioni quanto più puntuali possibile – sostiene Lupi della Fiom-Cgil Brianza e Lombardia – c’è da dire però che, con l’autorizzazione del concordato da parte del Tribunale, in attesa dell’approvazione del piano, in base alla legge italiana, tutti i crediti precedenti al 22 marzo sono congelati, compresi gli stipendi arretrati. A quanto sappiamo, comunque, c’è stato assicurato che dall’ultima settimana di marzo in poi i pagamenti saranno regolari”.