Salute

Monza, Dipartimento Medicina e Chirurgia (Bicocca): ecco il nuovo direttore, Pietro Invernizzi

A poco più di un mese dalla nomina, Invernizzi racconta ad MBNews quali sono gli obiettivi del suo mandato triennale, le eccellenze e le debolezze di una realtà tra le più importanti della Bicocca.

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Si sente giovane per un ruolo così importante, ma allo stesso tempo pensa di avere l’entusiasmo e, soprattutto, le qualità professionali per dare il proprio contributo di guida e coordinamento per la crescita del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Milano-Bicocca. A poco più di un mese dalla sua nomina a Direttore del Dipartimento che ha a Monza la sua sede, il professor Pietro Invernizzi, 53 anni, che è anche Direttore dell’unità operativa di Gastroenterologia del San Gerardo di Monza, racconta ad MBNews quale è, per così dire, il programma del suo mandato triennale.

Ma spiega anche il suo percorso fino a questa importante carica, che lo pone a Monza al vertice di uno dei più grandi Dipartimenti di Medicina e Chirurgia d’Italia con ben 160 accademici tra professori ordinari, associati e ricercatori. E le sfide che lo attendono tra tante eccellenze e qualche debolezza.

“L’ottimo lavori fatto da chi mi ha preceduto, la professoressa Mariagrazia Valsecchi, deve essere integrato dalla capacità di creare interazione e collaborazioni con altri enti ed istituti, ma anche dall’incentivazione della mobilità di chi si forma e chi deve formare – afferma Invernizzi – inoltre la gestione degli ingenti fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) chiama anche l’Università di Milano-Bicocca e il nostro Dipartimento di Medicina e Chirurgia ad uno sforzo notevole”.

Prof. Invernizzi, prima di tutto complimenti e auguri per la nomina a Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia. Come è stato il suo primo impatto con questa complessa realtà accademica che ha sede a Monza?

Grazie. Per rispondere alla sua domanda, userei due parole: impegnativo e molto stimolante. Questo incarico sicuramente non capita per caso, anche se non sono nato pensando di fare il Direttore di un Dipartimento così grande. Vengo, infatti, da una lunga esperienza di clinico ospedaliero esercitata all’Ospedale San Paolo di Milano, all’Humanitas ed anche negli Stati Uniti, prima di arrivare a Monza e al San Gerardo sei anni fa.

Come Direttore cercherò di dare il mio contributo per il miglioramento del sistema. Il ruolo richiede di uscire dai propri interessi per adottare un’ottica più generale. Bisogna continuamente muoversi dall’attenzione al dettaglio ad una visione quanto più ampia possibile con una progettualità capace di coniugare uno sguardo d’insieme e il pragmatismo del cosa fare giorno per giorno. Le mie esperienze professionali, in particolare la mia attuale posizione di Direttore dell’unità operativa di Gastroenterologia del San Gerardo di Monza, credo mi abbiano fatto acquisire le competenze per tenere in considerazione le diverse componenti.

Cosa eredita dalla sua predecessora al vertice del Dipartimento, la professoressa Valsecchi?

Conoscevo l’alta reputazione dell’Università degli studi di Milano-Bicocca e, a Monza, di Medicina e Chirurgia, già prima di arrivarci sei anni fa. Non posso che confermare che si tratta di un ateneo giovane, aperto, dinamico e sono contento di far parte di una governance, universitaria e medica, che mi rende orgoglioso di essere italiano.

Valsecchi ha fatto un lavoro egregio che ha permesso al mio Dipartimento e a Monza di crescere in termini di numeri. Basti pensare alle nostre Scuole di specialità, che ormai sono diventate 30 con tutto quello che consegue sulla rete formativa degli specializzandi e delle strutture ospedaliere come il Papa Giovanni XXIII di Bergamo e il Niguarda di Milano.

Partendo da questa base, quali sono i suoi obiettivi principali?

Credo che possano essere essenzialmente tre. Il primo è: più che continuare a crescere, puntare sul creare e rafforzare interazioni e collaborazioni. Far parte di un network o di una community accademica e scientifica è un valore aggiunto per il nostro Dipartimento. Bisogna capire che in diversi ambiti, dove si costruisce una rete di relazioni, 1+1+1 non fa 3, ma può fare 4 o 5.

Il secondo obiettivo è incentivare la mobilità perché muoversi, sia per chi forma che per chi deve essere formato, vuol dire crescere. Parlare semplicisticamente di fuga di cervelli è sbagliato. Ecco perché, come Dipartimento di Medicina e Chirurgia della Bicocca, abbiamo stretto accordi in questo senso con la Cina, diversi Paesi europei, la California e prossimamente la Russia.

Il terzo obiettivo è più che altro una sfida. Le ingenti risorse del PNRR ci chiamano ad uno sforzo di gestione incredibile e senza precedenti. Per noi e per l’Italia dobbiamo vincere questa sfida, seguendo la nostra mission che è quella di creare il sapere sulla salute come conoscenza e contributo al miglioramento della condizione umana.

Quali sono, secondo lei, le attuali eccellenze del Dipartimento di Medicina e Chirurgia di Monza, di cui fa parte anche Guido Grassi, docente di Medicina interna presso la Cattedra di Clinica Medica, appena nominato al primo posto al mondo tra gli esperti del “Sistema nervoso autonomo”?

Oltre a quelle già citate, tra le eccellenze metterei anche i tre edifici che compongono la sede del nostro Dipartimento alle spalle dell’ospedale San Gerardo: l’U8 è quello storico, dove ci sono anche gli uffici e la parte amministrativa, poi l’U28 dove si svolge ricerca e formazione avanzata mettendo insieme diversi ambiti, dalla biotecnologia alla psicologia, dalla biologia alle scienze dei materiali. Infine l’U18 dove si svolge prevalentemente la didattica. C’è un quarto edificio, che è già previsto: sarà una foresteria dove potranno essere ospitati anche visiting professor e studenti post doc.

E le debolezze?

Volendo usare una sintesi un po’ brutale, quella di essere cresciuti meno in qualità rispetto alla quantità. È necessario che, ad esempio, i clinici e i ricercatori siano stimolati ad interagire tra loro. Le realtà ospedaliere di Monza, della Brianza e del territorio circostante più in generale devono avere legami stretti perché sono quelle su cui ruotano i nostri studenti, tirocinanti, tesisti e specializzandi.

Monza

L’Ospedale San Gerardo di Monza ha ormai ottenuto il riconoscimento come Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). Questo cosa potrebbe comportare per il Dipartimento di Medicina e Chirurgia?

L’ospedale in cui sono contento di lavorare, anche se da anni si vivono le problematiche di essere un cantiere, diventerà una struttura che oltre all’attività clinico-assistenziale, avrà per statuto anche quella della formazione e, soprattutto, della ricerca. Tutto questo per noi dell’Università Bicocca ha un’importanza enorme, anche dal punto di vista pratico. Basti pensare che oggi se un ospedale vuole assumere un biologo per fare ricerca traslazionale è costretto a prendere un laboratorista. Ora, invece, per il San Gerardo, che comunque è già un ospedale universitario, diventare Irccs significa avere specifiche figure professionali nella realtà.

Pochi mesi fa l’abbiamo intervistata perché l’Università degli studi di Milano-Bicocca e, in particolare, il Dipartimento di Medicina e Chirurgia di Monza hanno preso parte ad uno studio internazionale sui fattori genetici di rischio correlati al Covid-19. Quali sono le ultime novità?

I dati acquisiti sono ancora oggetto di analisi insieme ai colleghi tedeschi e del Nord Europa. Si tratta di un processo non breve, anche perché, si tratta di approfondire dal punto di vista funzionale le associazioni genetiche che sono state riscontrate. Una certa variante genetica, infatti, può essere associata, ma non è detto che abbia poi un impatto reale e significativo.

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