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Il tessile italiano parla hi-tech: “Se si sapesse, in tanti troverebbero lavoro oggi stesso…”

13 luglio 2022 | 18:34
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Il tessile italiano parla hi-tech: “Se si sapesse, in tanti troverebbero lavoro oggi stesso…”
Un'impresa brianzola del settore

Dialogo con il presidente nazionale Aitct Stefano Cavestro sulle prospettive occupazionali del settore

Non solo moda per il tessile italiano ed europeo. Il settore più creativo dell’industria Made in Italy sta cambiando pelle, vira sempre di più al tecnologico e promette grandi cose in termini occupazionali. Ma scuole e università sono all’altezza? Di questi temi si occupa l’Associazione Italiana di Chimica Tessile e Coloristica (Aictc), un ente del Terzo Settore con sede a Milano presso Confindustria Moda, nato un secolo fa e oggi votato a questa mission: divulgare e fare formazione in ambito tecnico scientifico per il settore tessile.

L’ESPERTO

Domani sera, 14 luglio, presso il ristorante La Bergamina di Arcore, è prevista una cena di raccolta fondi. A fare gli onori di casa sarà il presidente nazionale Aitct Stefano Cavestro, cittadino di Monza. “Paradossalmente se 20 ragazzi venissero da me perché hanno letto il vostro articolo e iniziassero percorsi formativi in questo settore – ha detto – troverebbero lavoro tutti e 20. Il tessile non è morto, è più vivo che mai e ha un disperato bisogno di figure professionali a tutti i livelli: produzione, manutenzione macchinari, magazzino, ingegneria, laboratorio. Eppure in pochi si avvicinano”.

Generico luglio 2022

MANCANO LE MAESTRANZE

I corsi universitari in ingegneria tessile, sostiene l’esperto, chiudono per le poche iscrizioni: un paradosso dovuto probabilmente a un immaginario falsato e superato. Si pensa al fashion, agli stilisti, e si fatica a vederci una prospettiva professionale concreta. Poi si pensa all’industria low cost dell’abbigliamento e dei tessuti e alla crisi in cui ha proiettato l’industria nostrana negli ultimi 15-20 anni.

LA TECNOLOGIA

Invece è all’anima tecnologica del tessile che oggi bisogna guardare, alla chimica. Quelle sono ancora molto concentrate in Europa e in Italia: “non lo dice nessuno ma il primo produttore al mondo di macchinari di stampa tessile digitale è l’Italia – spiega il monzese – all’estero in molti casi si dirottano i processi più elementari di cucitura e assemblaggio ma l’ingegneria è ancora in loco”. Non si pensi all’abito di sartoria, quanto piuttosto alla maglietta che indossano gli astronauti nello spazio per tenere monitorati i battiti cardiaci. O ai piloni delle autostrade o, ancora, a quei 2 centimetri quadrati di tessuto ingegnerizzato che proteggono la parte elettronica dei nostri smartphone. Senza contare il tessuto speciale del settore balistico, quello per intendersi dei giubbotti antiproiettile. Realtà che progettano e realizzano simili prodotti vivono in Lombardia e anche in Brianza. Tutte hanno lo stesso problema: manca il personale qualificato. Ecco allora la sfida: trovare il modo di appassionare i giovani perché il futuro, per il tessile tecnico, brilli un po’ come i favolosi anni ’90 per la moda.