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L’ex campione monzese di kickboxe e coach di Bareknuckle boxing Andrea Galbiati, trionfa anche negli Stati Uniti

31 agosto 2022 | 22:34
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L’ex campione monzese di kickboxe e coach di Bareknuckle boxing Andrea Galbiati, trionfa anche negli Stati Uniti
Galbiati nella foto il primo a sinistra

Campione da atleta, campione anche da allenatore: il suo allievo Toni Loco Soto ha vinto il titolo nei Bare Knuckle Fighting Championship nel Nuovo Messico.

Albuquerque (New Mexico). Dopo aver trascorso un’intera carriera a combattere in palcoscenici prestigiosi e ad arricchire il proprio, straordinario, palmares, nella kickboxing, Andrea Galbiati, coach monzese doc di combattimento, che ormai vive a New York da più di 10 anni, è diventato un’importante figura di riferimento anche ne “La Grande Mela”, città di altra cultura, passione e identità sportiva (come affermerà Andrea stesso nel corso dell’esclusiva intervista rilasciata a MBNews). Dove ogni sport possibile richiama a sé un grandissimo numero di spettatori.

Due volte campione del mondo, una volta europeo e quattro d’Italia: questo lo straordinario bottino, in sintesi, della grandissima carriera dell’allenatore brianzolo 52enne, che ora, dopo esser stato un atleta formidabile arrivando al top, è riuscito, con passione e dedizione, a poter allenare grandi campioni anche in uno sport alquanto nuovo, che attira a sé molta gente, soprattutto in terra statunitense: la Bareknuckle boxing, ovvero la boxe a mani nude.

E’ proprio di qualche giorno fa, il 27 agosto di preciso, che un atleta da lui allenato è riuscito a trionfare nei Bare Knuckle Fighting Championship, il torneo più importante per i combattenti di questa disciplina, e anche il massimo a cui un coach può aspirare. Il “suo” Toni Loco Soto, 34enne, ha sconfitto in finale, per KO al terzo round, il messicano Morales, in uno scontro avvincente combattutosi ad Albuquerque, la città più popolosa dello Stato del Nuovo Messico, negli Stati Uniti.

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L’intervista

Diversamente da altri sport, questo richiede una grande preparazione e concentrazione dal primo giorno di allenamento a quello immediatamente precedente la gara, senza poter permettersi di staccare la spina, perché è una disciplina molto violenta che richiede sacrifici e soprattutto un grandissimo coraggio. I combattenti prima di mettere piede sul ring già sanno che dovranno sopportare un dolore immane: è quasi scontato che sia il vincitore che lo sconfitto da ogni match uscirà con ferite evidenti e relativi punti di sutura” spiega Galbiati. “In questo contesto gli infortuni, anche gravi, sono molto comuni. E’ molto facile, per esempio, rompersi una mano, e quando accade il match prosegue finché effettivamente non ci sia un vincitore netto, il che va oltre le ferite. E’ proprio per questo che chi pratica questo sport combatterà al massimo 3 match all’anno”.

Dopo aver spiegato i rischi di questo sport, Galbiati racconta com’è strutturato un combattimento: “La cosa particolare è che ogni match si struttura su round di pochissimi minuti, di preciso 5 della durata di 2′ ciascuno. Il più delle volte al 5° match non ci si arriva, anzi, capita spesso che basti solamente un solo round per dichiarare il vincitore, il che fa riflettere circa la violenza della boxe a mani nude. Diversamente dalla boxe classica, in cui i colpi, per quanto forti e decisi, non sono così devastanti da incassare, in questo senza l’ausilio dei guantoni l’effetto di ogni pugno è decine di volte più amplificato; questo anche per chi lo sferra. Diversamente dalla boxe, tra le altre cose, la gestione è totalmente diversa, perché anche se nel corso del match sembra che uno dei due combattenti sia favorito sull’altro, basta un piccolo infortunio, o un colpo inaspettato per ribaltare completamente la situazione. Ed è anche questo il bello di questo sport”.

Ma che caratteristiche deve avere un atleta che sceglie di praticare questa disciplina? A questa domanda Andrea risponde in modo molto schietto e lucido, dando anche un consiglio a chi potrebbe esserne tentato: “Sicuramente il coraggio deve essere quella più importante, poi la cura e cultura del proprio corpo, la dedizione e una grandissima esperienza maturata nel corso degli anni di combattimento in altre specialità, come la boxe e la kickboxe. Sconsiglio a qualunque giovane di iniziare direttamente con la boxe a mani nude, perché è davvero molto violenta e praticarla senza esperienza rischia di essere vissuta come un grande trauma”.

Infine il coach brianzolo spende anche due parole sulla situazione degli sport da combattimento nel nostro Belpaese: “In Italia boxe, kickboxe, boxe a mani nude e tutti questi tipi di discipline non hanno quello che meritano. Negli anni ’80 la situazione era ben diversa, l’Italia era fra le nazioni più rinomate e rispettate nel campo della boxe a livello mondiale. Sarebbe bello se la situazione tornasse quella di quei tempi, perché seppur violenti questi sport portano a riempire gli stadi. In America in ogni occasione c’è il tutto esaurito, e la gente si appassiona molto in fretta”.