Europa Verde alla giunta Bono: mostrateci gli atti sul centro di produzione “il Gigante”

Gli ambientalisti rispediscono al mittente le accuse di disinformazione e chiedono di non sacrificare l’ultimo verde rimasto
“Il Comune di Arcore gli atti non ce li ha fatti vedere pur avendoli richiesti un mese prima”. Non ci stanno a passare per disinformati i militanti di Europa Verde che la scorsa settiamna hanno partecipato a un incontro in Provincia con il sindaco di Arcore Maurizio Bono per dire no al maxi-centro di produzione de il Gigante che la Rialto vorrebbe realizzare al confine con Villasanta. La bacchettata di Bono sulla presunta faciloneria del gruppo affidata a Mb News, non è piaciuta a Europa Verde che, alla luce dell’incontro, ha lamentato l’impossibilità di avere accesso agli atti ed evidenziato una serie di osservazioni, tutte sotto uno stesso cappello: gli ambientalisti e il sindaco Bono parlano linguaggi diversi. Ecco il contributo diffuso da Fabrizio Cortesi, Europa Verde Lissone.
Abbiamo notato l’incongruenza di definizioni e decisioni tra i due comuni adiacenti a livello di PGT: nel PGT vigente del Comune di Villasanta, tale area ha una destinazione agricola, mentre in quello di Arcore ha una destinazione produttiva, con un Piano attuativo produttivo approvato nel lontano 2001 e quindi presumibilmente scaduto (durata di 10 anni) in quanto non attutato e del tutto difforme a quello odierno.
Nel PTCP di Monza e Brianza, approvato nel luglio del 2013 e vigente dall’ottobre di quello stesso anno, la parte di area nel Comune di Villasanta è vincolata come Ambito agricolo strategico (AAS) e Rete Verde di ricomposizione paesaggistica (RV). Non solo: una porzione di area a sud della strada provinciale 45, Lesmo – Vimercate, fa parte del Parco agricolo della Cavallera (ex PLIS) che si estende tra i Comuni di Villasanta, Arcore e Vimercate. Il ruolo importante della pianificazione di livello sovracomunale dovrebbe prevalere nella risoluzione delle criticità derivate dalle incongruenze presenti.
Già solo con queste premesse si capisce essere secondo noi un errore valutare lo stato di fatto considerando l’area in questione come un lembo di territorio libero che s’insinua nell’edificato. Siamo in realtà di fronte all’ultima area verde-corridoio e permeabile rimasta a marcare la distanza tra i due comuni. La conurbazione, in particolare in corrispondenza di assi viari, è un processo da evitare e non da favorire.
Su queste preziose e rare connessioni ecologiche, corridoi verdi e di biodiversità, s’intenderebbe edificare un enorme impianto, con un impatto ambientale-climatico-viabilistico incalcolabile e incompensabile nella realtà.
La passata modifica della ex destinazione agricola dell’area non sarebbe in linea con i propositi e gli obiettivi della legge regionale sul contenimento del consumo di suolo, nonché con i relativi target europei.
Guardando le cose dall’alto, fin i capi di stato di alcune nazioni ecologicamente più evolute hanno riconosciuto che l’epoca dell’abbondanza e della spensieratezza è finita già da diversi anni. Da noi pare che nessuno se ne sia finora accorto e pretende di agire come se nulla fosse.
Il problema del nostro territorio e dei nostri tempi non è avere l’ennesimo centro commerciale sul territorio o efficientare quelli che sono altrove usando i pochi terreni rimasti. È semmai che di centri commerciali ne ha troppi, è che consumiamo troppo, che impattiamo troppo, che siamo in carenza ormai strutturale di risorse, di energia, che abbiamo consumato troppo suolo e abbiamo estromesso la Natura dalla società. I problemi della nostra società si chiamano siccità, carenza energetica, smaltimento di rifiuti, mancanza di cibo sano, emissioni di CO2, temperature fuori controllo, tutti problemi all’ordine del giorno delle agende cittadine, problemi che ci hanno pervaso proprio a causa dei modelli economici industriali-logistici insidiosi che progetti come il Gigante di Arcore perseguono e che Europa Verde chiede assolutamente di non avallare: non è questa la strada che dobbiamo intraprendere per sperare ancora in un futuro almeno decente.
Europa Verde ha chiesto alle istituzioni presenti all’incontro di prendere le decisioni a solo vantaggio del bene comune, di far sì che le valutazioni ambientali (che non abbiamo potuto visionare) siano fatte considerando tutti gli ipotetici costi nascosti dell’operazione, considerando le risorse scarse che sarebbero compromesse per sempre come il suolo, l’acqua, le falde, l’aria, la salubrità, il paesaggio, la sicurezza, la qualità della vita, un livello di traffico stradale sicuro. Siamo in un’era estremamente precaria e pericolosa, inesplorata, a livello energetico, climatico, geopolitico, sanitario: il business as usual per mantenere lo status quo non è più un’opzione possibile oggi. La decisione non può dipendere ancora solo dal “rispetto delle distanze” di progetto, ma deve guardare ben oltre.
Ecco allora, un progetto come quello del Gigante di Arcore è a nostro avviso estremamente critico, rischia di compromettere equilibri già estremamente precari in un territorio della Brianza antropizzato già oltre i limiti sostenibili.
Come si può oggi pensare di accettare un progetto a nostro avviso contraddittorio alla fonte, il quale ha la pretesa di costruire un centro di produzione/distribuzione di cibo cancellando ettari di suolo libero, quando è proprio il suolo la risorsa preziosa necessaria per la produzione del cibo stesso che si vuole vendere, prevenendo così anche l’ottica di politiche che perseguano l’autosufficienza agricola e alimentare, tema oggi più che mai pressante a livello globale per i territori e le nazioni. Si aumenta il traffico a livelli insostenibili, incompensabili, al contempo non creando nemmeno saldo netto di occupazione, semmai il contrario dato che il nuovo immane centro ne accorperebbe diversi esistenti distinti da chiudere, quindi semmai riducendo i posti netti di lavoro, a scapito dei lavoratori che attualmente sono impiegati a Basiano, Carpiano e Calcinate.
Abbiamo chiesto agli amministratori di non avallare progetti che rappresentano unicamente un abbruttimento e un danno all’ecosistema, al clima e al paesaggio, proprio simbolo della trasposizione dell’individualismo umano, dove il territorio periurbano è considerato solo una commodity, un luogo funzionale all’uomo e basta, al solo profitto, senza considerare che la biosfera è la casa di tutti, animali inclusi e che dobbiamo riequilibrarci con la natura, ritrovare sinergia tra natura e uomo.
LA CONTROPROPOSTA DI EUROPA VERDE
Respingere anche politicamente il progetto del Gigante e il modello economico industriale sotteso, non in linea con la vocazione economica di qualità, locale, diffusa, artigianale della nostra Brianza, proprio per la insostenibilità del progetto, non solo per l’impatto incompensabile sulla viabilità ma proprio per la criticità complessiva dal punto di vista di perdita di suolo (100 euro/H/anno per ISPRA), per l’impatto sulle falde, sul clima e CO2, sul paesaggio, sul resto del tessuto economico e sulla filiera sana agro alimentare e dei piccoli negozi di quartiere, gli unici che andrebbero spinti, contro una larga distribuzione che li ha già fin troppo penalizzati.
Le valutazioni di impatto dei progetti, le conferenze dei servizi, sono soltanto dei pro forma per favorire il business privato o davvero analizzano in profondità tutti questi aspetti come elencati sopra? La risposta ricevuta non la abbiamo capita. Sapere che le valutazioni sono fatte “a norma di legge” a noi non basta, perché se no la politica allora è del tutto inutile, basterebbe avere solo burocrati.
Chiediamo a Provincia, ARPA, a Sindaco, giunta e consiglio comunale di Arcore di non accontentarsi di analizzare solo l’aderenza del progetto privato presentato con le norme e le “distanze tecniche” ma di prendere una decisione politica: non deve essere un fatto di variare il progetto ad ora magari non ancora a norma e di vedere se la nuova versione rispetta “le norme, le distanze” ma di una scelta politica e del coraggio di non consumare più un solo metro quadrato di suolo libero, di non impattare il clima, di non approvare progetti che non servono. Non ci importa se sono già stati incamerati soldi dal comune: non andava fatto, a priori.
Se davvero il privato vuole spostare i suoi vecchi centri logistici e produttivi lo faccia allora solo su strutture esistenti, se vi sono, secondo criteri di rigenerazione urbana e in questa ipotesi solo se passa la conferenza dei servizi e il piano di impatto del traffico, le VIA, le VAS e riconsegni al comune, previa compensazione, il terreno che potrebbe tornare vincolato ad uso naturale o secondo la sua vocazione originale agricola. La CE incoraggia la rinaturalizzazione dei territori, offrendo anche fondi a questo scopo.
Non possiamo accettare, per il bene comune, di svendere il prezioso suolo, il paesaggio, per effimeri, velleitari, temporanei vantaggi economici che non considerano il consto complessivo e nel medio lungo termine, la perdita di paesaggio, di biodiversità, di servizi ecosistemici, il costo del suolo ricoperto; un territorio ricoperto di cemento, asfalto, capannoni, di pedemontane inutili fini a se stesse non può essere il mondo sostenibile di domani perché ci porta alla catastrofe già oggi. Il fatto che il privato abbia in passato compensato Arcore con altri terreni o soldi (com’era successo anche a Villasanta) non lo autorizza ora a vedersi approvare a tutti i costi il progetto edilizio solo a lui favorevole, perché il Comune, prima di accettare le compensazioni passate, avrebbe dovuto verificare bene tutti i costi per la collettività dell’operazione, soprattutto quelli ambientali, di perdita di biodiversità, dei corridoi verdi, di intralcio alla circolazione e tutto il resto.
PROGETTI PER IL BENE COMUNE
Sul terreno eventualmente Riacquisito dal Comune, EV ha suggerito come esempio di avviare progetti per il bene collettivo:
Agroecologia, riforestazione, agricoltura elementare diffusa e condivisa tra cittadini, rinaturalizzazione, casa degli animali selvatici, delle api e degli impollinatori.
Usare l’area riacquista per riproporre un nuovo modello di sviluppo non mercificato e di ben-essere collettivo e solidale della città e del territorio: Non è questo il futuro dello sviluppo. Il futuro è il recupero del ciclo naturale dell’alimentazione, dove non c’è rifiuto, delle campagne, del riallacciamento dei luoghi di produzione dei cibi sani, con in luoghi di consumo, sede di un’agricoltura sana, senza chimica, su piccola scala. Vi invito a vedere il progetto “Simbiosi” di Pavia e replicare quel progetto. Facciamo tornare la natura e la biodiversità nel nostro territorio, al posto dei centri di logistica che cancellano tutto questo, senza nemmeno creare veri lavori utili.
Al posto di un enorme complesso commerciale sui modelli della Logistica industriale, preferire e rilanciare la piccola distribuzione, diffusa nei quartieri, a gestione famigliare, che dà lavori utili ed etici, che rilancia davvero le filiere del territorio, per prodotti locali, a pochi km, di qualità.
In conclusione, Europa Verde auspica che “il Comune di Arcore si coordini con il Comune di Villasanta per valutare con lungimiranza a livello sovracomunale l’impatto sulla viabilità, ecologico, climatico, del nuovo centro di produzione/distribuzione de “il Gigante”, nonché l’impatto sulla falda acquifera, data la profondità di scavi prevista dal progetto” e al Comune di Arcore, a Arpa, alla Provincia e a tutti gli enti coinvolti chiede di “rivalutare politicamente il progetto nel suo insieme e con lungimiranza, nella sola ottica del bene collettivo e della preservazione del suolo naturale, dei corridoi verdi e del futuro di tutti. Non deve essere solo una faccenda burocratica e di “rispetto delle norme”, di adattamento del progetto. È un fatto che non un solo metro quadrato di altro suolo libero deve essere perso, privato o pubblico che sia. Chiediamo che da oggi ogni parte politica e apparato burocratica faccia prevalere soltanto il bene collettivo, smettendo di impattare sulla biosfera, la nostra casa comune.