Il partito di Giorgia Meloni in frenata su Pedemontana e la Lega è sempre più sola

Il coordinatore provinciale Rosario Mancino colloca Fratelli d’Italia a metà strada tra il fronte dei no e l'”avanti tutta” di Regione Lombardia
All’inizio è stata una dichiarazione sporadica del consigliere regionale Federico Romani, possibilista sull’ipotesi di potenziare la Tangenziale Est anziché realizzare la tratta D Breve di Pedemontana.
Poi, nei giorni scorsi, il coordinatore provinciale Rosario Mancino si è detto convinto che il progetto sia tutto da approfondire per verificare che non abbia un impatto ambientale troppo devastante. Ormai è chiaro: Fratelli d’Italia su Pedemontana è in frenata, sta provando a lasciare da parte le questioni ideologiche e a tenere l’attenzione sul territorio e sul sentimento diffuso tra i suoi cittadini. Una posizione, va detto, piuttosto ardita, considerato che gli alleati in Regione, i leghisti, sono invece sostenitori a spada tratta del progetto. Sostenitori sempre più soli, sulla barricata “si-Pedemontana”.
IL FRONTE NO
Il centrosinistra si è già schierato sull’altro fronte, ribadendolo ancora questa settimana con la mozione anti-autostrada di Brianza Rete Comune (gruppo provinciale). Il documento è stato bocciato dalla maggioranza di centrodestra, tuttavia Mancino, commentando l’episodio, ha detto: “non siamo sulle posizioni intransigenti della sinistra che si oppone nettamente, ma nemmeno su quelle della Lega secondo cui va assolutamente realizzato il progetto della tratta D Breve. Siamo in quello spazio in mezzo nel quale si ritiene che debbano essere eseguiti approfondimenti sulla tutela ambientale. Una linea nella quale è impegnato il presidente Luca Santambrogio in cui ci riconosciamo”. Non sfugge a chi conosce le sfaccettature del complesso iter che eventuali modifiche al progetto proposto da Regione renderebbero l’opera pressochè irrealizzabile perché farebbero impennare costi e tempistiche. Non c’è margine per gli uni (per ovvie ragioni) né per le altre: più si attende, più è plausibile che la “nuova coscienza ambientale”, come la chiamava di recente l’ex parlamentare dem Roberto Rampi, metta da parte l’immensa opera.
La schiera dei no, d’altronde (anche in questo caso Rampi ci mette l’accento) è decisamente più nutrita: la sinistra, i comitati ambientalisti e i sindaci, di sinistra ma anche di destra, come Matteo Baraggia di Aicurzio (ex leghista vicino a Fratelli d’Italia) e Maurizio Bono di Arcore (sostenuto da Fratelli d’Italia). Bono, che in campagna elettorale nel 2021 prendeva posizioni morbide su Pedemontana, nel giro di un anno è diventato uno dei punti di riferimento tra i sindaci impegnati a contrastare il progetto. O, quanto meno, ad approfondirlo.
IL PARTITO DI GIORGIA MELONI
Insomma, il partito di Giorgia Meloni starà nel mezzo come dice Mancino, ma annovera diversi no-Pedemontana tra i suoi fratelli. E, considerata l’aria nazionale, la sua posizione potrebbe avere un peso decisivo.
Lo comprende bene la Lega che ha espresso chiaro il suo disappunto per il mancato appoggio da parte degli alleati meloniani. Andrea Monti, consigliere regionale che sta guidando il fronte dei sì, ha diffuso un comunicato polemico accusando Fdl di “scivolare a sinistra”. Se l’affermazione strappa un sorriso, per il paradosso che esprime, l’altro concetto chiave del comunicato suona più che ragionevole: “serve un chiarimento politico altrimenti salta tutto”. Monti scarta le alternative a Pedemontana sottolinenando che Tangenziale Est e Pedemontana sono di due concessionarie diverse.
NUOVE STRADE
Nel frattempo comitati e sindaci stanno facendo i primi tentativi di coinvolgere avvocati specializzati: si vuole capire se ci siano gli estremi legali per considerare la linea d’azione regionale un danno per gli interessi del territorio e dei suoi cittadini.