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Violenza sulle donne, Cgil e Cadom di Monza: “Il cambiamento deve essere culturale”

30 novembre 2022 | 09:51
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Violenza sulle donne, Cgil e Cadom di Monza: “Il cambiamento deve essere culturale”

I numeri in aumento delle denunce testimoniano un trend di maggiore consapevolezza del drammatico fenomeno. La repressione, però, non può bastare. Ci vogliono percorsi di sostegno, sensibilizzazione e politiche del lavoro.

Monza. La casa, in teoria simbolo di sicurezza ed intimità, che diventa luogo di paura e, in alcuni casi, morte. L’uomo di cui ci si fida di più, il marito, il compagno o il fidanzato, che si rivela pericolosamente prevaricatore, ossessivo e irrispettoso sul piano prima psicologico e poi fisico. C’è anche tutto questo, purtroppo, nella violenza sulle donne. Che, a Monza e in Brianza, come nel resto d’Italia, ha caratteristiche allarmanti e preoccupanti.

Secondo i dati diffusi dal Comando provinciale dei Carabinieri in occasione della 23esima Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, infatti, nel nostro territorio si registra almeno un episodio al giorno.

Nell’ultimo anno, considerato dal 25 novembre 2021 al 25 novembre 2022, ci sono stati 397 codici rossi attivati, 317 uomini denunciati, 12 arrestati in flagranza di reato, 45 esecuzioni di misure cautelari.

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L’APPUNTAMENTO

La repressione, da sola, non può bastare per ridurre i numeri della violenza sulle donne, un impressionante e variegato mix di maltrattamenti, atti persecutori, revenge porn, violenza sessuale, bullismo e cyberbullismo.

C’è bisogno di un lungimirante cambiamento sociale e culturale che si basi su un approccio trasversale e divulgativo. Che, come dimostra l’evento “La violenza taciuta”, organizzato il 24 novembre dai Coordinamenti donne di Cgil Cisl Uil di Monza e Brianza e delle relative categorie dei Pensionati, può partire anche dalla consapevolezza che perfino la medicina e la scienza spesso non tengono conto delle specificità biologiche della donna.

Antonella Viola, biologa e immunologa di fama internazionale, autrice del libro “Il sesso è (quasi) tutto” ci ha spiegato perché uomo e donna sono diversi, proprio a partire dalla scienza – afferma Elena Farina, segretaria della Cgil Monza Brianza – la consapevolezza e la conoscenza sono le prime armi per non discriminare e attivare meccanismi di difesa e cambiamento“.

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“La dottoressa Viola nella sua pubblicazione sottolinea l’urgenza di una medicina di genere, evidenziando le conseguenze negative per la salute della donna, che l’approccio generalista sempre attuato dai professionisti della salute ha determinato, non tenendo nella dovuta considerazione le specificità biologiche, culturali e socio-economiche delle donne nell’insorgenza e progressione delle malattie” aggiunge Anna Bonanomi, segretaria generale delloSpi Cgil di Monza e Brianza.

LA SITUAZIONE ATTUALE 

La violenza sulle donne, che può assumere diverse forme e quasi sempre comincia con parole che umiliano e denigrano la dignità femminile, ha, quindi, radici profonde in una società per molti aspetti ancora di stampo patriarcale. Per questo solo un percorso culturale, lungo e non privo di ostacoli tortuosi, può raggiungere l’obiettivo di ridurre, fino ad annullare, questo fenomeno drammatico, che ancora oggi in Italia registra un femminicidio ogni tre giorni.

Il cambiamento verso una direzione più dignitosa e rispettosa della donna è, per fortuna, già partito. Lo testimonia
l’aumento del numero delle donne che, anche a Monza e in Brianza, si rivolge ai centri antiviolenza per trovare aiuto e sostegno nel difficile percorso che porta all’affrancamento dalla paura.

Violenza sulle donne

“Il trend in crescita delle donne che si rivolge a noi è un dato di fatto che registriamo positivamente – spiega Marilena Arena, da circa un anno presidente del C.a.do.m (Centro aiuto alle donne maltrattate), organizzazione di volontariato presente a Monza dal 1994 – dall’inizio del 2022 fino al 30 settembre ci hanno contattato 128 donne, ma solo 59 ha poi deciso di entrare in un percorso attivo”.

“Siamo consapevoli, dunque, che riusciamo a vedere solo la punta dell’iceberg del fenomeno perché tante donne non hanno ancora piena consapevolezza della violenza che subiscono oppure non possono denunciare per paura di perdere i propri figli o per l’impossibilità di avere un’indipendenza economica dal proprio uomo” continua Arena.

LE AZIONI POSSIBILI

Il necessario, nuovo, approccio culturale che cambi la mentalità sociale sul tema della violenza sulle donne può rafforzarsi anche attraverso la capacità di fare rete. “Io sono componente, in rappresentanza della Cgil, anche del Tavolo provinciale sulle Pari Opportunità e mi rendo conto che le donne si organizzino sempre di più per affermare i proprio diritti, anche sul posto di lavoro – afferma Farina – tutto questo, in una società ancora impostata su una logia binaria maschile-femminile, a mio parere, ha come contraltare negativo il creare reazioni violente di frustrazione da parte di uomini protagonisti dei fatti raccontati dalla cronaca nera”.

Anna-Bonanomi2Anna Bonanomi

Ecco perché alle iniziative socio-culturali devono accompagnarsi scelte giudiziarie e legislative coerenti con la lotta alla violenza sulle donne. “Rimane responsabilità della società tutta e dovere delle istituzioni fare il possibile per garantire alle donne percorsi di protezione esigibili e sostegni forti – sostiene la segreteria generale dello Spi Cgil di Monza e Brianza – senza tralasciare le fondamentali attività di prevenzione e di recupero“.

Il fronte delle politiche del lavoro è un tassello altrettanto importante nel mosaico della lotta al drammatico fenomeno dei femminicidi. “L’Italia è tra i Paesi peggiori come gap salariale tra uomini e donne, con queste ultime che spesso vengono pagate la metà per ricoprire la stessa mansione – afferma la segreteria della Cgil di Monza e Brianza – come sindacato dobbiamo porre sempre più attenzione nel ragionare con le aziende sulla contrattazione di aspetti che favoriscano la conciliazione vita-lavoro e contrastino la logica del profitto immediato”.

A chi rivendica l’esigenza di nuove leggi, la presidente del C.a.do.m. di Monza replica che “con i nostri dati abbiamo contribuito a scrivere buone norme, già in vigore, contro la violenza sulle donne, ma quel che manca in Italia è la capacità di impiantarle su un tessuto culturale e sociale pronto a recepirle“.

I passi da fare, insomma, sono ancora tanti. Il cammino, però, è in corso e procede nella direzione giusta. “Solo 20 anni era impossibile pensare, ad esempio, che anche un papà potesse usufruire di permessi parentali per i propri figli oppure che a Monza si potesse svolgere un Pride – conclude Farina – eppure oggi sono realtà consolidate”.