Meloni all’Italia delle Regioni: sì all’autonomia differenziata, ma con più coesione nazionale

Nel videomessaggio al festival istituzionale di Milano e Monza, il premier ha fissato i criteri per le autonomie regionali: “dovranno favorire nuovi servizi e non il divario tra cittadini”.
“Il Governo accoglierà questi contributi con rispetto e l’attenzione che si deve”. Il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha dedicato a “L’Italia delle Regioni”, festival istituzionale promosso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con Regione Lombardia, un video-messaggio trasmesso nella prima mattina di lavori, a Palazzo Lombardia (la seconda giornata sarà tutta monzese, il 6 dicembre in Villa Reale). Nel contributo video il premier ha messo a fuoco i criteri che staranno alla base delle riforme dedicate agli enti locali. Al centro del dibattito la cosiddetta “autonomia differenziata”, progetto che si presenta come un intervento volto a favorire distribuzione e sviluppo più equi per i diversi territori italiani.
“Serve maggiore responsabilizzazione per tutti: regioni, enti locali, Stato. Bisogna fare di più a livello europeo, partendo proprio dal caro energia. Bisogna rafforzare la coesione a livello nazionale”. Meloni ha ribadito il concetto con chiarezza: “Il Governo vuole tempi rapidi ma l’autonomia differenziata non sarà mai un pretesto per lasciare indietro parti del territorio. Lavoreremo per una sua attuazione virtuosa”. Il premier ha anche chiarito che l’autonomia in più che le regioni potranno chiedere sarà finalizzata a migliorare le infrastrutture e l’efficienza dei loro servizi “e non a creare disparità tra i cittadini”. E a chiudere: “L’auspicio è che l’autonomia differenziata sia una sfida, un giusto stimolo per colmare i divari”.
Non trascurabile il riferimento al caro energia che si impone all’attenzione delle istituzioni di tutti i livelli e le cui spese gravano pesantemente sugli ultimi anelli della catena: il cittadino, l’imprenditore. In Lombardia (e non solo) le istituzioni “di prossimità”, ovvero i Comuni, hanno già dovuto dedicare manovre importanti all’emergenza: variazioni di bilancio da centinaia di migliaia di euro, luminarie a basso consumo, ma anche chiusura di sedi decentrate e accorpamento di servizi.