Monza, Claudio Bisio mattatore al Teatro Manzoni con “La mia vita raccontata male”

L’attore, conduttore e comico milanese, in scena anche oggi, 18 dicembre, alle ore 16, porta sul palco un divertente testo dello scrittore Francesco Piccolo in cui privato e pubblico si intrecciano in modi inaspettati.
Monza. Nella vita di ognuno di noi tutto alla fine dei conti si tiene insieme. La quotidianità fatta di abitudini e piccole cose all’apparenza ininfluenti, le grandi gioie e i dolori, che segnano lo spartiacque tra un prima e un dopo. Sullo sfondo, a far quasi sempre da contorno, c’è la cronaca pubblica nazionale e internazionale, che a volte ci coinvolge prepotentemente in prima persona e ci influenza con effetti anche tragicomici.
Eliminare qualche tassello da questo mosaico, che incredibilmente trova la sua coerenza e il suo equilibrio, anche quando sembrano dominare il disordine e la confusione, non è possibile. Perché, come dice Claudio Bisio nello spettacolo “La mia vita raccontata male”, in scena al Teatro Manzoni di Monza dal 16 dicembre al 18 dicembre, con ultimo spettacolo oggi alle ore 16, “la vita spesso non si vive come vuoi tu, ma come vuole lei…c’è un equilibrio finissimo tra le cose belle e le cose brutte e, come i bastoncini Shangai, se tirassimo via quella che non ci piace, verrebbe via anche quella che ci piace…”.

L’IRONIA DELLA VITA REALE
“La mia vita raccontata male”, che è stato scritto da Francesco Piccolo con la regia di Giorgio Gallione, vede Claudio Bisio impegnato sul palco per quasi un’ora e mezza in un susseguirsi di aneddoti divertenti, in alcuni casi quasi paradossali, accompagnati dalla chitarra dei musicisti Marco Bianchi e Pietro Guarracino.
Durante il suo monologo, che nello spettacolo di sabato 17 dicembre è stato applaudito più volte da un teatro Manzoni sold out, l’attore, conduttore televisivo e comico milanese suona anche il piano e canta. Come, quando accenna ad un famoso motivo delle inossidabili gemelle Kessler, co-protagoniste inconsapevoli di un racconto legato ad un’infanzia familiare dove il borotalco, la frittata e la televisione in bianco e nero scandivano il ritmo di giornate semplici e pur ricche di valori.
Bisio, in questi giorni al cinema con la commedia “Vicini di casa”, canta anche “Non amarmi”, la canzone che nel 1992 Aleandro Baldi e Francesca Alotta portarono a Sanremo dove vinsero nella categoria Nuove proposte, quando con grande ironia parla al pubblico del teatro Manzoni di una fidanzata distante che viveva a Londra.

PRIVATO E PUBBLICO
Nello scorrere della vita, soprattutto se “raccontata male”, gli amori, giovanili e più maturi, la carriera professionale e artistica impostata anche su Bertolt Brecht, il crearsi una famiglia si legano alla ribellione e alla contestazione degli anni Sessanta, ai Mondiali di calcio del 1974, dove la “brutta, povera e sconosciuta” Germania Est comunista batte incredibilmente la Germania Ovest “bella e ricca”, al colore rosa di moda negli anni Ottanta, alle elezioni politiche del 1994 vinte da Silvio Berlusconi e alla Mara Venier di una “Domenica In” che regalava sogni e soldi con una semplice telefonata.
Sul palco del teatro Manzoni Claudio Bisio parla anche di Roma, città immensa dove andare per amore da San Giovanni all’Aurelia diventa un viaggio anche dentro se stessi. Nel corso dello spettacolo, le cui scene e i costumi sono di Guido Fiorato, si finisce in qualche modo a parlare anche di Giappone e Perù, ma solo come pretesto per descrivere l’esperienza, fin troppo coinvolgente, dell’educare i propri figli.

Proprio questi ultimi, nello specifico un maschio e una femmina, cosa che accomuna nella realtà l’autore dello spettacolo, Francesco Piccolo e lo stesso Claudio Bisio, i cui frammenti di vita in alcuni momenti si intersecano e confondono, segnano il passaggio ad una vita più matura dopo i pianti, i sogni e le paure della giovinezza.
In fondo, però, in “una vita raccontata male”, il tempo, le distanze e le coordinate geografiche hanno un valore relativo che, se ben interpretato, ci restituisce forse il loro senso più profondo. Quello di imparare ad accogliere più spesso le sorprese negative, le difficoltà quasi definitive e gli ostacoli all’apparenza insormontabili della nostra esistenza con un leggero e rilassante “ma che sarà mai?“.