Il trapper di Bernareggio, Jordan Jeffrey Baby, tenta il suicidio in carcere

Finito in carcere con il collega contante, Traffik, con l’accusa di aver aggredito e rapinato un nigeriano nella stazione di Carnate, Jordan Jeffrey Baby ha cercato di togliersi la vita in cella.
Finito in carcere con il collega contante, Traffik, con l’accusa di aver aggredito e rapinato un nigeriano nella stazione di Carnate, Jordan Jeffrey Baby ha cercato di togliersi la vita in cella. A comunicarlo alla Redazione di MBnews, l’avvocato Federico Edoardo Pisani. All’anagrafe Jordan Tinti, giovane trapper di Bernareggio, avrebbe compiuto il gesto estremo, a suo dire, a causa delle “condizioni insostenibili all’interno del carcere di Pavia”.
“Il mio Assistito mi ha comunicato telefonicamente di aver tentato di mettere in atto un gesto estremo, legandosi una corda al collo” le parole del legale.
Non sarebbe la prima che Tinti ha cercato di farsi del male. Ieri sera tragedia sfiorata, il giovane sarebbe stato tratto in salvo dagli agenti della Polizia Penitenziaria.
Detenuto inizialmente nel carcere di Monza, sia lui che Traffik, avrebbero ricevuto minacce da diversi detenuti per l’aggravante dell’aver agito, durante la rapina, per odio razziale. Dalla casa circondariale brianzola è stato quindi trasferito nel penitenziario di Pavia dove, però, la situazione non sarebbe cambiata molto.
Tinti, però, avrebbe sempre negato fermamente l’aggravante dello sfondo razzista. “La madre stessa appartiene a una minoranza etnica”, aveva spiegato il suo precedente avvocato aggiungendo che la deriva del 25enne sarebbe una cosa degli ultimi anni. L’alcool, gli psicofarmaci e altre dipendenze, subentrate dopo i 20 anni con l’avvicinamento agli ambienti del trap, avrebbero modificato il carattere di un ragazzo che conosceva fin da quando era giovanissimo come un ragazzino “tranquillo ed educato”. Neanche il talento musicale sarebbe bastato per toglierlo dai guai.
L’avvocato Pisani, attuale difensore del 25enne brianzolo, ha chiesto la misura alternativa degli arresti domiciliari ma il giudice ha rigettato la richiesta di revoca della detenzione in carcere. L’avvocato Pisani è intenzionato a richiedere di nuovo la sostituzione del luogo di detenzione.
“Ha un problema di tossicodipendenza e parecchi traumi infantili, con una madre assente. E’ ragazzo con delle fragilità enormi. Credo stia pagando più per il personaggio e per le sue condotte precedenti che per il reato in sé” ha detto Pisani.
I FATTI
I fatti risalgono allo scorso agosto. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, un operaio 41enne, di origine nigeriana, appena sceso dal treno dopo una giornata di lavoro, giunto nel sottopasso spingendo la sua bicicletta, avrebbe notato i due ragazzi a petto nudo andargli incontro. “Vogliamo ammazzarti perché sei nero”: gli avrebbero urlato contro i giovani, estraendo dalle proprie tasche due coltelli. L’uomo terrorizzato avrebbe così abbandonato la bicicletta e il suo zaino allontanandosi dal sottopasso in direzione di via Roma. Ad inseguirlo però i due indagati che, sempre brandendo i loro coltelli, gli avrebbero gridato di fermarsi minacciandolo di morte. I Carabinieri di Vimercate sarebbero riusciti a risalire alla loro identità grazie ad alcune fotografie scattate e grazie anche a un video postato sui social.
Ora saranno i giudici a stabilire le responsabilità dei due ragazzi.