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Come cambia la domanda di carne dei brianzoli con la crisi-fattorie: vince la qualità

20 gennaio 2023 | 16:18
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Come cambia la domanda di carne dei brianzoli con la crisi-fattorie: vince la qualità
Da sinistra Flavio e Antonio Comi, Macelleria Comi di Arcore.

Viaggio tra i macellai della provincia, in equilibrio tra allevamenti strozzati dai costi di produzione e consumatori più attenti al portafogli.

I consumatori scelgono sempre di più le carni bianche, la domanda di carne bovina cala, i costi d’acquisto per chi vende al dettaglio salgono. La crisi delle stalle, flagellate da siccità e rincari, ha un impatto visibile anche sulle macellerie brianzole che però pare stiano reggendo il periodo meglio delle fattorie . È quanto emerge da un’inchiesta tra i macellai in Brianza, dopo le recenti dichiarazioni di Coldiretti Lombardia: le stalle lombarde annaspano sotto l’esplosione delle spese di produzione (in media del +60%), molte chiudono, altre non possono permetterselo, per via degli investimenti fatti.

Se lo stato di salute degli allevamenti brianzoli di bovini è un ritratto a tinte fosche, sembra che il secondo anello della catena, ovvero le macellerie, sia più solido. Più solido al punto da reggere anche una parte del peso della crisi-allevamenti. Questi ultimi, messi alle strette da raccolti bruciati, mangimi a prezzi folli e caro energia, si sono visti costretti ad alzare i prezzi di vendita a macelli e negozi. Le macellerie invece ritoccano i listini ma di poco, assorbendo una parte del rincaro. Questo anche perché, di base, è necessario tutelare la “tenuta” del sistema: prezzi troppo alti al cliente rischiano di ridurre troppo la domanda.

MACELLERIA GIOVENZANA – SEREGNO

Gaetano Giovenzana, 79 anni, 63 passati dietro al bancone, è il titolare della macelleria Giovenzana di Seregno. “Una bestia oggi ci costa 70 centesimi in più al chilo -racconta – quasi mille euro più che nel 2021. Il trasportatore ci ha chiesto 100 euro in più a viaggio per il caro gasolio. Ma la situazione degli allevatori è molto difficile e noi proviamo a reggere senza grossi aumenti per i nostri clienti. La polpa, per esempio, la vendiamo a 23 euro al chilo contro i 21,90 di prima”, più di così per ora non si va, “la clientela va tenuta da conto, la nostra è affezionata da generazioni e continua ad acquistare da noi”, ma le dinamiche sono cambiate, “spesso chi prima comprava sette bistecche, oggi ne acquista quattro – dice il macellaio – e mi sembra un comportamento ragionevole”.

IL MIO MACELLAIO – BESANA

Aurelio Sala, titolare de “Il Mio Macellaio” di Besana, parla di “catena chiusa”. È una dinamica di rapporto stabile e pressoché esclusivo che lo lega a tre stalle tra la Brianza e il Piemonte. “Io garantisco loro l’acquisto di un tot di carne e loro lavorano con la certezza della quantità – spiega – se andassero sul mercato faticherebbero a sopravvivere, il mestiere dell’allevatore oggi, con questa speculazione soprattutto sui mangimi, è troppo duro. Lo fai solo per passione”. Di recente ha acquistato decine di capi da una storica azienda agricola arcorese che ha dovuto vendere più della metà dei suoi animali: col ricavato ha pagato il mangime per quelli rimasti. Sala dice di non avere aumentato i prezzi in macelleria: “riusciamo a reggere anche perché abbiamo un’attività diversificata, facciamo salumi e vendiamo anche i preparati pronti a cuocere. Il consumo di carne bovina è indubbiamente sceso, per tanti fattori. Dieci anni fa c’erano famiglie che acquistavano la bestia intera e poi se la dividevano, oggi ne comprano 2-3 etti alla volta”.

MACELLERIA COMI – ARCORE

Un po’ in controtendenza è la Macelleria Comi di Arcore. Anche qui l’attività è un pezzo di storia cittadina. Antonio, 83 anni, è nato lì, in via IV Novembre. In negozio da ragazzino, gli animali li macellava la sua famiglia. “Oggi li compriamo da una stalla piemontese di grande fiducia – spiega il figlio Flavio – e arrivano settimanalmente in quantità differenti a seconda del bisogno”. Dicono i Comi che il loro fornitore non ha alzato i prezzi della carne bovina e che la domanda dei clienti non è scesa in modo particolare: “è tutta una questione di qualità e di differenza tra il negozio come il nostro e la grande distribuzione. Abbiamo selezionato il fornitore e facciamo noi tutta la lavorazione. I nostri clienti contano su questo e sanno di trovarlo. Le variazioni sull’acquisto di carne bovina sono per lo più fisiologiche”. Vero che la carne di pollo è sempre più richiesta, ma secondo la macelleria arcorese questo dipende da altri fattori che non sono i prezzi, “perché non dimentichiamo che anche il pollo, se selezioni la qualità, ha il suo costo”. A gravare sui bilanci della macelleria sono piuttosto le voci secondarie che hanno subito un’impennata: “per i vasetti, la carta, le vaschette, le borse le cifre sono schizzate”, raccontano i Comi. Gli strumenti per salvarsi secondo i due arcoresi sono tre: “merce buona, locali di proprietà e niente dipendenti“.

RICERCA DEL PERSONALE

Una ricetta, quella dei Comi di Arcore, che è più facile garantire per realtà piccole. Soprattutto rispetto alla questione dei dipendenti. Nel quadro tratteggiato dai macellai brianzoli si inserisce in effetti un altro fattore, quello della carenza di personale. Un tema un po’ trasversale nei mestieri di fatica, “ho un gran bisogno di un ragazzo da assumere ma questo lavoro non lo vuole fare più nessuno”, dice Sala (Il Mio Macellaio). Sembra la fotocopia delle dichiarazioni di Fabio Riboldi, titolare della Fattoria Nel Verde di Triuggio, 200 bovini e un negozio dove vende al dettaglio carni e latticini che produce in fattoria: “uno stipendio di 1900 euro al mese, ma niente da fare, non trovo nessuno”.