Luca Pagliai e le inquietanti maschere che lo hanno “chiamato” dalla bottega di Ponte Vecchio

L’arcorese, rinato dalla tossicodipendenza grazie all’arte, porta in scena in Brianza uno spettacolo teatrale che dà voce agli ultimi.
Un anno e mezzo fa, camminando lungo il Ponte Vecchio di Firenze, Luca Pagliai, 35 anni, livornese oggi residente ad Arcore, ha avuto una folgorazione. La sua seconda vita era cominciata da poco, dopo i 13 mesi di disintossicazione e psicoterapia in comunità a Rosignano Solvay, e quelle maschere nella vetrina di una bottega artigiana lo hanno chiamato. Da allora porta in scena le sue poesie e i suoi testi con questi tre inseparabili personaggi. Inseparabili perché, in effetti, in ognuno di loro, c’è qualcosa di Pagliai “e di chi, come me, ha vissuto il tormento, la tossicodipendenza, la voglia di riscatto”, dice l’artista.
TAPPE BRIANZOLE
Il progetto “Il teatro delle maschere” farà tappa anche in Brianza, il 15 aprile presso Lo Sciame Libri di Arcore e l’8 giugno presso il locale “Raven” di Villasanta, e per fine anno l’autore approderà in un teatro di Milano portando i suoi personaggi sulle scene della metropoli. Ma il debutto è già avvenuto anche sul piccolo schermo con la partecipazione alla trasmissione Rai “…e viva il videobox”.
LO SPETTACOLO
“Questo spettacolo è unico nel suo genere -spiega Pagliai – scritto, diretto e interpretato da me, porta tematiche inusuali per la poesia e il teatro e nasce con lo scopo di dare voce a che non ne ha, dai tossicodipendenti alle donne vittime di violenza, dagli suicidi ai malati di Alzheimer. Partendo dai miei duri trascorsi, per allargarmi a fatti di cronaca e di attualità che coinvolgono milioni di uomini e donne in tutto il mondo”. I tre personaggi in scena con lui sono Silenzio, Lacrima ed Euforia, le tre maschere che lo hanno chiamato dalla bottega dell’artigiano fiorentino. Gli è sembrato fossero state create esattamente per lui che cercava un’idea per trasformare i suoi testi in drammaturgia; perfino la materia di cui sono fatte si addice alla perfezione all’umanità che racconta: solo materiale di recupero che rinasce, come ha fatto lui.
DA RAGAZZINO BULLIZZATO AD ARTISTA

“Per me è importante fare prevenzione e sensibilizzare le persone -spiega – verso problemi che mi hanno coinvolto quando ero ragazzino e che hanno coinvolto anche persone che ho amato. La mia ex ragazza venne violentata in centro a Livorno all’ ora di cena e non ha mai avuto giustizia. Io invece tentai a soli 13 anni il suicidio perché vittima di un bullismo che mi ha catapultato in 15 anni di abuso di sostanze. L’arte mi ha salvato la vita”. Gli studi al liceo scientifico, professioni varie come istruttore cinofilo e bagnino, Pagliai ha però sempre nutrito una forte passione per la scrittura che nel periodo della comunità ha trovato una sua forma: le poesie e altri testi, “in quei momenti è vitale trovare un nuovo scopo per tornare alla vita e anche esibirmi in Brianza per me ha un grande valore: da ragazzo ho vissuto a Sesto San Giovanni e il Nord mi è sempre mancato”.
Porterà in scena le sue storie di vita in compagnia delle sue tre maschere che rappresentano, spiega, tre stati d’animo differenti che in fondo tutti i tossicodipendenti hanno provato, “me compreso”. D’altronde, diceva Oscar Wilde, “l’uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità”.