Monza, al Manzoni il professor Mancuso: l’uomo è più stupido di una pianta (per ora)

Ogni specie vive mediamente 5 milioni di anni; l’uomo ne ha solo 300mila ma sta distruggendo rapidamente la sua fonte di sostentamento.
“Intelligenza delle piante e stupidità dell’uomo”. Il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, ieri sera 16 marzo, si è presentato sul palco del teatro Manzoni di Monza per una serata sold out di divulgazione scientifica. Nella sua lectio magistralis intitolata “Il pianeta delle piante” il professore ha ricordato come i vegetali siano gli indiscussi signori della vita del nostro pianeta. Rappresentano la soluzione alla maggior parte dei problemi correnti e futuri dell’umanità; costituiscono la stragrande maggioranza degli esseri viventi e sono bravissimi a preservare la sopravvivenza della specie. Se non fosse per l’intervento dell’uomo
L’evento è stato promosso dall’associazione di Villasanta Thuja Lab con Generazione Senior (Coop. Sociale La Meridiana) e con il patrocinio del Comune di Villasanta, ed è stato introdotto dall’esibizione dei giovani studenti del Liceo Classico e Musicale B. Zucchi di Monza. Il ricavato della serata andrà a favore delle attività di Thuja Lab a sostegno della salvaguardia dell’ambiente.
LA SALUTE DEL PIANETA
L’uomo si considera una specie intelligente, ma non si prende cura delle piante da cui dipende. “La nascita della civiltà umana – spiega il professor Mancuso – inizia circa 12.000 anni fa, con l’invenzione dell’agricoltura. All’epoca si contavano 6 mila miliardi di piante, mentre oggi solo la metà.” Incredibilmente questo dato corrisponde solo alla punta dell’iceberg. “Il problema enorme – sottolinea Mancuso – è che 2 mila miliardi di alberi sono stati tagliati solo negli ultimi due secoli“. Ma la buona notizia è che se l’uomo ne piantasse mille milioni guadagnerebbe 50 anni di tempo rispetto alla corsa vorticosa verso l’autodistruzione, “mi hanno detto che a dire certe cose genero eco-ansia – ha scherzato – ma non posso mica parlarvi di queste cose facendo un balletto per renderle meno gravi”.
Inevitabile il riferimento alla foresta amazzonica: un patrimonio naturale inestimabile da cui dipende la sopravvivenza del Pianeta. E’ una delle ultime foreste primarie: è composta da territori privi di attività umane. L’amazzonia, il polmone verde del mondo, produce inoltre le nuvole che generano le piogge. Il suo continuo disboscamento la trasformerebbe in una sterile steppa. In Europa, invece, non esiste più una foresta primaria: è stata già tagliata solo negli ultimi due secoli.
Il professore ha elencato una serie di dati ad evidenziare la velocità esponenziale con la quale la vita sul pianeta si è trasformata e sottolineato un paradosso: il 2021 non sarà ricordato per il covid, ma per il superamento di un’asticella storica: è il momento in cui il peso dei materiali prodotti dall’uomo, cemento e plastica, ha superato il peso della vita.
DAL 1970 A OGGI: I DANNI
Anche se lo scopo di Mancuso non era quello di generare eco-ansia, i dati riportati da uno studio di Cambridge non sono promettenti. Basti pensare che, rispetto a cinquant’anni fa, il 70% di animali che popolavano questo pianeta è scomparso o che il 96% dei mammiferi che abitano il pianeta oggi sono uomini o animali per il sostentamento dell’uomo.
Il problema maggiore è l’atteggiamento dell’uomo. Si può fare moltissimo, ma non lo vogliamo fare. Le politiche ambientali sono ostacolate dal fatto che rinunciare a fonti di energia inquinanti, in primis il petrolio, corrisponde a chiedere a una nazione di abbandonare una fonte della sua ricchezza.
Ha concluso Stefano Mancuso: “Credere di essere migliori degli altri organismi è una delle peggiori idee dell’uomo. L’obiettivo fondamentale di ogni essere vivente è la prosecuzione della vita e la sopravvivenza della proprio specie. La vita media di una specie è di 5 milioni di anni, l’uomo sapiens spegne 300 mila candeline. Pensate cosa abbiamo combinato negli ultimi 50 anni… L’uomo si sente migliore e parla di risorse riferendosi a esseri viventi come pescato, bestiame e legname. Tra migliaia di anni il nostro cervello sarà un vantaggio evolutivo? Siamo una specie che non ha ancora imparato i fondamentali sella sopravvivenza, in pratica siamo nella fase infantile“.