
Il presidente monzese Caimi: “abbiamo immaginato quali caratteri distintivi potranno avere Monza e la Brianza nel 2050, quale sarà il suo posizionamento nella più vasta geografia economica”.
Presentato oggi, 12 giugno, il Rapporto “Monza e Brianza 2050” di Assolombarda nella sede di Monza. Il documento è un’analisi dettagliata e piena di spunti interessanti per immaginare e pianificare il futuro del territorio e del tessuto commerciale sul lungo periodo. A patto, però, che anche la politica faccia la sua parte. Governance, territorio, imprese, capitale umano, innovazione e terzo settore. Sono questi i temi toccati nello studio realizzato e coordinato dal Centro Studi di Assolombarda con i contributi scientifici dell’Università Bicocca, del Centro Studi PIM e di The European House Ambrosetti.Si tratta di un documento molto denso da leggere con attenzione per capire soprattutto le interconnessioni tra diversi elementi: la politica, lo sviluppo delle imprese, i trasporti, il terzo settore.
IL PRESIDENTE DI ASSOLOMBARDA
“La provincia di Monza e Brianza costituisce uno dei distretti manifatturieri più importanti d’Europa, ma può dischiudere ancora enormi potenzialità per un ulteriore passo in avanti – ha dichiarato il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada -. Dall’elettronica al design-arredo, dalla farmaceutica alla meccanica, dalla metallurgia all’automotive, l’area dispone già, del resto, di una rete industriale che spicca per competitività, attrattività e sviluppo”. E ancora: “Ma si può fare di più: Monza e Brianza può ancora crescere imparando, innanzitutto, a sfruttare, a proprio vantaggio, la vicinanza con Milano, senza ovviamente rinunciare a storia e tradizione. Per farlo è necessario mettere a disposizione del territorio una rete di trasporto pubblico capillare e strutturato, per ridurre il traffico e, allo stesso tempo, per facilitare le attività di una provincia ad altissima concentrazione di imprese. Mi riferisco, in particolare, ai prolungamenti della Metropolitana e delle metrotramvie ma anche al completamento della Pedemontana. Opere che possono stimolare il tessuto economico di Monza e Brianza a fare ancora di più e meglio”.

IL PRESIDENTE DI ASSOLOMBARDA MONZA
“Grazie all’analisi condotta dal Centro Studi di Assolombarda, con i contributi scientifici dell’Università Bicocca, del Centro Studi PIM e di The European House Ambrosetti, abbiamo immaginato quali caratteri distintivi potranno avere Monza e la Brianza nel 2050, quale sarà il suo posizionamento nella più vasta geografia economica, quali saranno le sinergie da sviluppare. Una necessità che nasce dall’esigenza di dare una risposta sul futuro del nostro territorio – ha dichiarato Giovanni Caimi, Presidente della Sede di Monza di Assolombarda -. L’analisi rappresenta solo un punto di partenza da cui iniziare a lavorare non solo per trovare nuove idee ma anche sviluppare azioni concrete per attrarre investimenti in attività ad alto valore aggiunto già presenti nella Brianza, come High Tech, il Green Tech, il Design nella Filiera legno arredo”.
IL REPORT DI ASSOLOMBARDA

Di Seguito il report “Monza e Brianza 2025” per una lettura che richiede qualche minuto in più di un articolo singolo, perché il quadro offerto sia completo e chiaro.
GOVERNANCE
Con oltre 870mila abitanti, la Provincia di Monza e della Brianza è la quinta per popolazione in Lombardia (8,7% del totale regionale) ma, allo stesso tempo, quella con il minor numero di Comuni (55): ciò la rende la prima Provincia italiana non metropolitana per maggiore densità abitativa, davanti a Trieste e Varese, con la peculiarità di contare la più bassa quota e il minor numero di Comuni sotto i 5.000 abitanti.
La Provincia di Monza e della Brianza è stata istituita nel 2004, diventando operativa solo nel 2009 con l’elezione del primo consiglio provinciale. Tuttavia, le scelte in materia di spending review nel 2012 con l’accorpamento di alcune Province e la successiva riforma operata dalla c.d. “Legge Delrio” (n. 56/2014) hanno limitato il campo d’azione della neocostituita Provincia: infatti, si è assistito non solo ad un ridimensionamento delle funzioni dell’ente, al rafforzamento della dimensione amministrativa e alla riduzione di quella politica, ma anche ad una ridefinizione delle deleghe in capo alla Provincia e, soprattutto, ad una minore dotazione finanziaria per lo svolgimento di tali funzioni.
Le decisioni di policy del Governo centrale sull’introduzione di meccanismi aggregativi si sono riflesse positivamente anche sull’organizzazione dei principali enti territoriali di rappresentanza delle categorie economiche, con l’integrazione nell’area metropolitana milanese: infatti i sistemi confindustriale, dell’artigianato e del commercio sono stati accorpati con le rispettive associazioni milanesi, pur mantenendo una propria autonomia (organizzativa e decisionale) su scala territoriale entro una logica di “area vasta”.
Gli accorpamenti politico-istituzionali tra Comuni di piccole dimensioni non hanno riscontrato altrettanto successo a causa di tensioni interne sui meccanismi politico-decisionali (tutte e tre le Unioni di Comuni istituite nel territorio brianzolo sono state progressivamente sciolte tra il 2018 e il 2022), mentre sono sopravvissute forme aggregative di tipo funzionale, più adatte per far sviluppare le comunità locali – senza perdere la propria autonomia – e generare economie di scala.
L’attuale sistema di relazioni tra settore pubblico e privato nel territorio di Monza e della Brianza risente quindi di una condizione “incompiuta” dell’ente provinciale che, stante l’attuale contesto normativo, non riesce a svolgere pienamente il proprio ruolo di luogo di sintesi della governance territoriale e di strumento di coesione tra i Comuni, oltre che di punto di intermediazione e contatto privilegiato con Regione Lombardia.
Ciò si inserisce in un contesto in cui occorre definire e chiarire la relazione a tendere tra Monza e Brianza e l’area metropolitana milanese, secondo un meccanismo di governance che risulti flessibile e tenga conto delle specificità del territorio brianzolo. Si rileva anche l’esigenza di un maggiore allineamento delle Amministrazioni locali ai bisogni delle imprese di ogni dimensione e attività economica, in particolare per quanto riguarda i tempi delle autorizzazioni e l’attività di accompagnamento delle PMI nel percorso di digitalizzazione dei servizi della P.A., oltre ad un maggior coordinamento e dialogo tanto con il sistema universitario decentrato nel territorio che con gli enti del Terzo Settore.
L’analisi, infine, ha anche identificato alcune best practice nel territorio brianzolo che mostrano la positiva esperienza di società partecipate dai Comuni, talvolta anche su scala extra-provinciale, per la gestione ed erogazione dei principali servizi pubblici, dal sistema idrico (BrianzAcque) a quello energetico-ambientale (Brianza Energia Ambiente e CEM Ambiente), dai servizi sociali (Offerta sociale) alla rete delle biblioteche e delle attività culturali (CUBI).
TERRITORIO, ASSETTI, INFRASTRUTTURE PER LA MOBILITA’
In Brianza, il territorio occupato da funzioni urbane ha raggiunto il 50% dell’intera superficie provinciale; la disponibilità di ulteriore crescita urbana, offerta dalle previsioni dei Piani di Governo del Territorio, porterebbe ad avere una percentuale di suolo occupato da funzioni urbane pari a quasi il 52% della superfice territoriale totale, evidenziando come la crescita del sistema urbano brianteo non si sia fermata, sebbene abbia mostrato segnali di rallentamento rispetto alla fase di massima espansione insediativa registrata nei decenni scorsi.
In questo scenario, tra le questioni più rilevanti per le politiche di governo del territorio emerge in particolare la necessità di puntare su un modello insediativo meno disperso, sul contenimento del consumo di suoli liberi e sulla rigenerazione delle aree dismesse, assicurando la possibilità di adeguamento e ampliamento delle attività economiche esistenti e concentrando la nuova offerta – soprattutto residenziale – in prossimità della rete del trasporto pubblico su ferro.
Un ruolo importante per andare in questa direzione può essere svolto dal sistema delle tutele-paesistico-ambientali – e dei parchi in particolare. La pianificazione provinciale in queste materie può infatti rispondere all’esigenza di mantenere spazi inedificati e di qualità ambientale fra tessuti urbanizzati limitrofi in un territorio già densamente urbanizzato e carente di spazi liberi. Altrettando importante, nella prospettiva di accrescere la qualità del contesto insediativo, è la valorizzazione del patrimonio storico-architettonico presente in Brianza, composto in primo luogo dal sistema delle dimore extraurbane (villa Reale in primis), oltre che da architetture religiose e rurali di pregio e molto diffuse.
Il sistema infrastrutturale brianteo è caratterizzato da una varietà di linee ferroviarie, da una capillare rete di servizi di trasporto pubblico su gomma, da una ramificata rete viaria, connessa a un alto grado di motorizzazione generatore di fenomeni di congestione, nonché da prove di innovazione relative a forme di mobilità alternativa, al fine di rispondere all’intensa domanda di trasporto di persone e merci.
Entro questo quadro complesso, gli interventi che potranno incidere in modo sostanziale sul ridisegno dell’offerta di mobilità nel territorio provinciale sono numerosi, per quanto caratterizzati di un lungo orizzonte attuativo.
La progettualità inerente alla rete stradale, a quella ferroviaria e al trasporto rapido di massa è piuttosto ricca di interventi, tutti volti a delineare un più efficiente schema di assetto complessivo dell’offerta infrastrutturale di lungo periodo. Tale schema si prospetta, in primo luogo, organizzato su direttrici radiali rispetto all’area centrale più performanti nell’assorbire gli ingenti flussi di spostamenti sulle relazioni verso/da Milano e i territori più a nord (anche verso la Svizzera, in un’ottica di potenziamento dei corridoi transeuropei merci e passeggeri). In secondo luogo, lo schema di rete di progetto risulta arricchito da connessioni trasversali interne, oggi praticamente assenti, ma indispensabili per supportare lo sviluppo futuro della Brianza.
Occorre, pertanto, che venga data fattiva attuazione a queste progettualità, già da tempo in campo, ma ad oggi, in molti casi, ancora disattese. Le priorità sono: il completamento del Sistema Viabilistico Pedemontano per le relazioni est-ovest, per il quale sono in corso approfondimenti finalizzati a definire l’assetto della tratta terminale; il potenziamento della linea ferroviaria Milano-Monza-Chiasso, per inserire efficacemente la Brianza sulla direttrice transeuropea passeggeri e merci Reno-Alpi; l’incremento dell’offerta di trasporto pubblico di forza, così da attrarre nuova utenza proprio sulle più trafficate direttrici di penetrazione verso l’area milanese, sottraendola ai viaggi in auto.
L’attrattività del trasporto pubblico quale valida alternativa all’uso dell’auto privata per gli spostamenti nel territorio provinciale e verso la conurbazione centrale non può prescindere dalla valorizzazione dei nodi di interscambio rappresentati dalle stazioni ferroviarie e, in futuro, dalle fermate/capolinea delle linee del trasporto rapido di massa. In questo modo, lo schema infrastrutturale della Brianza si potrà arricchire di nuove opportunità di utilizzo, in particolare per quella quota di spostamenti trasversali di breve-medio raggio che potranno essere compiuti “combinando” viaggi in auto per l’avvicinamento agli hub di interscambio e uso del servizio ferroviario per avvicinarsi/raggiungere le destinazioni finali.
In una realtà insediativa contraddistinta da elevati gradi di congestione come quella della Brianza, il raggiungimento di una maggiore sostenibilità della mobilità (garanzia anche di una maggiore sostenibilità ambientale e di un miglioramento della vivibilità dei luoghi) può realizzarsi anche grazie alla diffusione di nuovi sistemi di trasporto e nuovi servizi aggiuntivi e integrati rispetto al trasporto pubblico di forza che, non sempre e non ovunque, può soddisfare la variegata domanda di spostamenti. Occorre, quindi, promuovere/incentivare la diffusione di sistemi di mobilità alternativa/innovativa, insieme ad adeguate soft policy.
A questo riguardo i temi progettuali emergenti sono: l’implementazione dei servizi di sharing (car, scooter, bike, monopattini), la realizzazione delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e della rete per la ciclabilità, la collaborazione tra imprese e amministrazioni pubbliche del territorio in tema di mobility management per gli spostamenti casa-lavoro.
IMPRESE, INNOVAZIONE E CAPITALE UMANO
Con oltre 75 mila unità locali, che impiegano 277 mila addetti, e con una superficie totale di 405,41 km2 la Provincia di Monza e Brianza risulta la seconda provincia lombarda per densità imprenditoriale (dopo Milano), pari a 186 unità locali per km2. Il PIL generato nel 2022 è di 26, 5 miliardi di euro e nello stesso anno il valore record dell’export sfiora i 13 miliardi. Tratto distintivo della provincia è la presenza manifatturiera, comparto che produce il 27% del valore aggiunto provinciale e rappresenta l’8% del Pil industriale lombardo.
Il tessuto economico si compone prevalentemente di micro imprese (94,7% del totale, una incidenza poco sopra la media lombarda ma sotto quella nazionale) che operano in sinergia con un ricco tessuto di piccole (4,5%) e medie (0,6%) realtà, cui si affiancano numerose grandi imprese, che concentrano il 10% degli addetti del territorio. Rivestono un particolare rilievo le 481 multinazionali estere localizzate in provincia, un numero assoluto secondo solo a quello di Milano in Lombardia, per un fatturato complessivo di 23 milioni di euro nel 2021.
L’analisi per settori rivela un variegato sistema di vocazioni: elettronica e design-arredo innanzitutto, e poi chimica, farmaceutica, meccanica, metallurgia, apparecchiature elettriche, automotive, gomma-plastica e materiali non metalliferi. Si evidenziano, inoltre, importanti specializzazioni nel campo dei servizi, dall’immobiliare, alla finanza e assicurazioni, al commercio.
A livello di ambiti territoriali, l’area che concentra più attività economiche e addetti è l’Ovest (rispettivamente, 40% e 45%), seguita dall’Est (31% e 23%), da Monza comune (17% e 18%) e infine dal Nord (13% entrambi). Tuttavia, la distribuzione delle vocazioni è tutt’altro che omogenea: nell’ambito Est emergono l’elettronica e la gomma plastica, ma anche le attività immobiliari e la meccanica, mentre nell’Ovest spiccano il design-arredo e la fabbricazione e lavorazione di materiali non metalliferi. A Nord si evidenziano, invece, concentrazioni maggiori della meccanica e della metallurgia, così come della gomma plastica e, sotto il profilo degli addetti, delle apparecchiature elettriche. Infine, Monza centro si caratterizza per una più rilevante presenza della farmaceutica e delle attività finanziarie e assicurative.
La struttura produttiva variegata e dinamica poggia su un ampio network di innovazione. Infatti, tra il 2010 e il 2020 sono stati 948 i brevetti registrati da soggetti monzesi allo European Patent Office (il 7,4% del totale regionale), le cui specializzazioni tecnologiche risultano coerenti con le vocazioni produttive: micro e nano-tecnologie, semiconduttori, mobili, farmaceutica, telecomunicazioni, meccanica e macchine utensili. Guardando alle relazioni, nell’ultimo decennio oltre 6 brevetti monzesi ogni 10 sono nati da collaborazioni con realtà localizzate al di fuori dalla provincia. All’interno di essi, ben l’80% dei patent con collaborazioni esterne è sviluppato con soggetti di territori italiani e, in particolare, il partner geografico più importante è Milano. Infine, tra il restante 20% di brevetti a collaborazione internazionale emerge come principale la connessione con l’ecosistema statunitense.
Altro elemento chiave per la crescita e competitività delle imprese sono le risorse umane. Nel 2022 la Provincia monzese conta quasi 400 mila occupati tra i 15 e gli 89 anni, un numero ampiamente sopra il livello pre Covid a testimonianza di un territorio che ha saputo reagire e recuperare l’impatto della pandemia. Tra gli occupati, ben il 44,7% sono donne, una percentuale superiore sia alla media italiana si a quella lombarda. Considerando gli indici di performance del mercato del lavoro nel 2022, il tasso di occupazione è del 69,7% (ben sopra il dato regionale e nazionale) e il tasso di disoccupazione è del 4,3% (a livelli ormai fisiologici e pari a quasi la metà dell’8,1% medio italiano), ma la disoccupazione giovanile si colloca al 21,5% (ben sopra al 16,4% della Lombardia, anche se in forte ridimensionamento nell’ultimo biennio).
Infine, la popolazione ha un livello di istruzione più elevato della media lombarda: i diplomati sono il 39,3% e le persone con istruzione terziaria il 15,1% (in entrambi gli indicatori la seconda provincia più virtuosa lombarda) a fronte di una percentuale di popolazione con titolo di licenza media o inferiore del 45,5% (contro una media lombarda del 47,4%).
DIMENSIONE SOCIALE E TERZO SETTORE
La Brianza è un caso rappresentativo di quelle aree ad alto sviluppo, sia economico che socio-demografico, tipiche dei contesti metropolitani contemporanei, oggi interessate da importanti cambiamenti di tipo economico e produttivo, che portano con sé anche la necessità di ripensare e adattare il sistema di welfare locale ai nuovi scenari. Il territorio vive da parte sua una doppia condizione: la collocazione all’interno di un’area, quella metropolitana milanese, centrale per lo sviluppo nazionale ed europeo, ma che, allo stesso tempo, presenta rischi connessi all’assorbimento di servizi e funzioni ad opera dei grandi centri attrattori.
L’area ha visto un’evoluzione (tuttora in corso) e una transizione da un’economia fondata sull’industria e il settore secondario a un’economia sempre più incentrata sulle attività terziarie, che ha permesso, anche se con difficoltà come in molti altri casi, di trovare una nuova direzione di sviluppo. Ciò si riflette anche nella struttura del suo sistema dei servizi socio-assistenziali, che in alcuni settori non ha nulla da invidiare al resto della regione, anzi vede una mobilitazione di risorse anche superiore. Il territorio è, infatti, indubbiamente ricco di risorse nel suo complesso, sebbene queste si trovino distribuite in maniera diversificata al suo interno.
Le aree meridionale e occidentale della provincia appaiono infatti come in media più svantaggiate, sia in termini di domanda di servizi che per alcune dimensioni dell’offerta di interventi sociali. In particolare, è l’Ambito di Desio quello che più frequentemente rientra nelle categorie più svantaggiate (sempre in termini relativi s’intende), seguito da quello di Seregno. Lo testimoniano ad esempio la quota di spesa in carico ai cittadini, tendenzialmente più elevata che altrove, o la maggiore presenza di popolazione straniera, che è spesso associata a un livello di reddito mediamente più basso e quindi più bisognosa di interventi e supporto. È infatti questa area della provincia quella in generale in cui i contribuenti hanno un reddito imponibile mediamente più basso, e in cui si concentrano coloro che si collocano nei quantili più svantaggiati della distribuzione. È qui che l’intervento in termini di servizi si concentra maggiormente, e in cui sono più presenti unità di offerta locale; tuttavia, è anche questa l’area in cui è superiore la densità di popolazione, da cui si può dedurre una possibile maggiore necessità di potenziamento dei servizi.
In parallelo si può osservare come invece la vivacità del tessuto associativo non sia altrettanto sviluppata come altrove: l’Ambito di Vimercate, infatti, è particolarmente ricco di associazioni e organizzazioni di volontariato, che rappresentano una risorsa importante per la capacità di prevenire le situazioni di bisogno, grazie al lavoro a livello comunitario che esse garantiscono, e di conseguenza di ridurre la necessità di interventi sul disagio conclamato.
La porzione di provincia più in sofferenza gioverebbe del potenziamento della presenza di realtà associative, per due ragioni specifiche. Una è già stata citata ed è la capacità di anticipare, intercettando le situazioni di rischio di fragilità sociale, il manifestarsi dei bisogni (che richiedono inoltre risorse tendenzialmente più ingenti in termini di interventi). La seconda, non meno importante, è quella di agire come “antenne territoriali” in grado di monitorare e intercettare i cambiamenti nel tessuto sociale che non riescono ad essere colti dal sistema dei servizi, ancora, molto spesso, vincolato a strutture, pratiche e modalità di azione plasmate su una realtà in continuo e rapido mutamento.
Negli ultimi anni è, dunque, alla comprensione di come possa essere declinata in ciascun contesto specifico quella nuova modalità di cura e intervento che rientra sotto il più ampio contesto del “welfare di comunità” che si rivolge l’attenzione di molta parte degli esperti sul tema dei servizi. Una sfida che tutti i territori debbono affrontare e per cui è opportuno mettere a sistema il già ricco patrimonio di risorse economiche, organizzative e umane che essi possiedono