Il personaggio

Se la passione diventa “malattia”: da Monza ecco la storia di Marco Colombo, fan degli U2

Quest'intrepido direttore commerciale, che è uno dei più grandi collezionisti italiani della band di Bono, ci racconta, in un'intervista, come è nato l'amore per il gruppo di Dublino. Senza dimenticare quello per il calcio Monza.


Monza. Con i soldi spesi per gli U2 avrebbe potuto comprare almeno un ampio trilocale a Monza. Se mettesse insieme i pezzi della sua collezione dedicata alla band irlandese guidata da Bono, tra cd, vinili, libri, foto e scalette autografate, potrebbe aprire un museo.

Soprattutto, però, Marco Colombo, monzese di nascita, ma residente a Carate Brianza, con il racconto delle pazzie fatte in giro per il mondo in più di 30 anni di onorata carriera da fan degli U2, potrebbe riempire le pagine di un libro. Forse anche due.

Noi di MBNews ci siamo “limitati” a chiedere a Marco Colombo, 49 anni, direttore commerciale di un’azienda di Giussano, come è diventato uno dei più grandi collezionisti italiani, e tra i primi in Europa, degli U2. E soprattutto perché questa sua incredibile passione, che lui definisce senza remore “malattia”, non tende a scemare, come sarebbe naturale, con l’avanzare dell’età.

Tra l’altro Marco unisce all’inarrivabile amore per gli U2, quartetto irlandese capace di vendere oltre 200 milioni di dischi in più di 40 anni di carriera, quello per il calcio Monza, di cui è da sempre un grande tifoso con posto fisso in curva Pieri e quasi sempre anche in trasferta.

L’INTERVISTA

Marco, gli U2 sono una componente fondamentale della tua vita. Non a caso ricoprono anche una buona parte del tuo corpo. Ma come ti sei avvicinato alla band di Bono?

La musica mi piace sin dalla più tenera età, ma non ascoltavo gli U2. Poi nel 1985 per il mio undicesimo compleanno mio padre, di ritorno da un allestimento fieristico, mi regalò casualmente l’album “The Unforgettable Fire”.

Quella stessa sera mi venne la febbre molto alta e, così, visto che il giorno dopo non potevo andare a scuola, incominciai ad ascoltare le canzoni degli U2 al giradischi. Ne rimasi folgorato, consumai quell’album e iniziò la rovina dei miei genitori.

Quando hai visto la prima volta gli U2 in concerto?

Il 30 maggio 1987 a Modena. Avevo 13 anni e fu un’esperienza particolare, in condizioni decisamente non ottimali, che mi permise solo di cominciare ad assaporare tutto quello che poi mi sono goduto in seguito.

AL CUOR NON SI COMANDA…

Da allora sono passati più di 35 anni. Quante volte hai assistito ad un’esibizione degli U2 dal vivo?

Circa 110 volte. Per seguirli sono stato in tutto il mondo, a parte l’America latina. Dal 1992 in poi, infatti, anche supportato da alcuni amici di Monza, ho cominciato a vedere 30-40 date, in Italia e all’estero, di ogni tour degli U2. Ricordo, in particolare, il PopMart Tour nel 1997 di cui non ho perso una tappa.

Mi portò, dormendo dove capitava e spendendo comunque quasi 9 milioni delle vecchie lire, anche a Sarajevo, dove Bono, the Edge, Adam e Larry si esibirono il 23 settembre, a quasi un anno dalla fine del conflitto civile nell’ex Jugoslavia, in un’atmosfera che non era ancora delle migliori.

Marco, da fan sfegatato quale sei, hai incontrato di persona gli U2 in svariate occasioni. Quali pazzie ricordi di più?

Di sicuro la prima volta che sono riuscito a vederli da vicino. Era il 17 luglio del 1993. Vengo a sapere che alloggeranno all’hotel Baglioni di Bologna. Mi faccio prestare 300mila lire per dormire lì anche io e riuscire ad incontrarli nella hall alle 5 del mattino dopo una lunghissima attesa.

Del resto non conto più le ore che ho trascorso nei vari appostamenti per riuscire a salutarli da vicino, farsi una foto con loro, scambiare due battute. Secondo mia moglie tutto questo tempo assomma almeno a 10 anni.

PASSIONE SENZA FINE

Oggi quali sono i tuoi “trucchi” per riuscire a beccare gli U2 a tu per tu?

Ormai più o meno so a che ora arrivano per fare il sound check per i concerti e quali giri fanno quando sono in tour. Mi aiuta anche essere diventato amico della guardia di Bono, che mi conosce come “Tatoo Man”, visto che ho tre grossi tatuaggi dedicati a lui e agli U2 sul braccio destro, sul petto e sulla pancia.

Negli anni sei diventato anche un grande collezionista della band di Dublino. Quali i tuoi pezzi più pregiati?

Ho tutte le edizioni e le stampe della discografia ufficiale degli U2, album e singoli pubblicati. Nel complesso, sparsi nella mia casa di Carate Brianza, fanno 1400 cd, 900 vinili oltre ad un numero imprecisato di libri, quasi tutti autografati, scalette e foto con i quattro del gruppo o solo con alcuni di loro.

Il pezzo più pregiato della mia collezione, che ha un valore tra i 4 e i 5mila euro, è il vinile di stampa australiana del singolo “All I want is you” del 1989. Con la copertina color porpora, come quello che ho acquistato io anni fa ad una fiera del disco in Spagna, ne sono state pubblicate solo 300 copie in tutto il mondo.

IL MONZA

Prima ancora di diventare un fan degli U2, nel tuo cuore è nato l’amore per la squadra di calcio della tua città. Quando è successo?

A circa 6 anni andavo con mio zio allo stadio Sada a seguire i colori biancorossi. Per me, che sono nato a Monza e cresciuto nel quartiere San Rocco, il calcio è una passione cresciuta in età giovanile. Tra l’altro è uno sport che ho anche praticato a buon livello e ho dovuto lasciare per un infortunio. A 18 anni ho comprato il mio primo abbonamento in curva, che allora era costato 10mila lire.

In epoca più recente, quando il Monza navigava in cattive acque, la tua passione si era affievolita. Negli ultimi anni, però, è ripresa con grande vigore. Che tifoso sei oggi?

Ho ripreso a seguire il Monza con continuità già in serie C. Poi con la B ho ricominciato ad andare anche in trasferta. Quest’anno, in questa prima storica stagione biancorossa in serie A, ho seguito tutte le partite, a parte le trasferte di Lecce e La Spezia. Sono uno dei membri del Monza Club Alta Brianza, che ha sede a Casatenovo ed è presente nella curva Pieri, con il quale organizzo anche i pullman per le trasferte.

Cosa pensi di questa prima stagione in serie A del Monza e cosa prevedi per l’anno prossimo?

La stagione appena conclusa è andata oltre ogni più rosea aspettativa. Ora l’importante è restare con i piedi per terra, autogestirsi per puntare a restare il più a lungo possibile in serie A sul modello dell’Udinese e del Sassuolo.

A differenza di altri, che ora parlano di Europa, io credo che l’anno prossimo sarebbe già un ottimo risultato ripetersi. Per questo sono contento della conferma di mister Palladino e mi auguro che il mercato ci porti un centravanti da 9-10 gol a stagione e un paio di rinforzi di esperienza che sostituiscano i giocatori in partenza.

Chi ha letto l’intervista fino a questo punto, probabilmente si starà chiedendo: come fa Marco Colombo a conciliare gli U2 e il Monza con la vita lavorativa e familiare?

Sono sicuramente molto fortunato. Facendo il direttore commerciale, riesco a gestirmi il tempo con una notevole flessibilità. Inoltre ho una moglie e una figlia di 18 anni che sono delle sante perché, anche se non seguono quasi mai gli U2, hanno la pazienza di convivere con la passione smodata del sottoscritto. Per fortuna almeno per quanto riguarda il Monza ho il sostegno della mia famiglia, che spesso mi accompagna alle partite, anche in trasferta.

 

 

 

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