Don Gianni Cesena saluta i desiani: “Trovate il tempo per voi stessi”

Il prevosto, che a settembre si trasferirà a Lecco, fa un bilancio dei suoi 7 anni di servizio a Desio, dalla raccolta fondi per il restauro della cupola della Basilica, agli anni del Covid, dal dialogo con i pakistani ai rapporti con l’amministrazione comunale sui temi sociali ed educativi.
Don Gianni Cesena, prevosto di Desio e responsabile della comunità pastorale “Santa Teresa di Gesù Bambino” , si sta preparando a lasciare la città, dopo 7 anni di servizio. Da settembre sarà vicario episcopale a Lecco, come ha deciso l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini. Al suo posto, a Desio, arriverà don Mauro Barlassina.
“Ho già incontrato il nuovo parroco per il passaggio di consegne. Ci incontreremo di nuovo nelle prossime settimane. Non prevedevo di andare via al settimo anno, pensavo di rimanere almeno per 9 anni. Stavo pensando a come organizzare i prossimi anni a Desio, quando mi è stato comunicato il nuovo incarico a Lecco”
Che comunità lascia a Desio? Che cosa è cambiato in questi 7 anni?
“Credo che debbano essere gli altri a giudicare che cosa lascio, non io. Quella di Desio è una comunità grande, di oltre 40 mila abitanti. Ma ce ne sono altre, vicine, ancora più grandi e impegnative. Il mio lavoro è stato quello di cercare di costruire una comunità unita tra le parrocchie. Mi sono chiesto: come sarà la comunità cristiana di Desio tra 10 anni? Dobbiamo seminare oggi quello che sarà il futuro. Il tipo di servizio dei preti cambierà, perché ci saranno meno sacerdoti. Dovrà crescere l’amalgama tra le parrocchie. Come si dice spesso, i preti cambiano, le comunità restano. Come sarà la vita della chiesa locale qui a Desio? Sicuramente servirà più compattezza tra le comunità, per una maggiore condivisione e un unico obiettivo”.
Come vede il futuro della comunità desiana?
“Non è vero che Desio è una città che invecchia. Lo vediamo nelle scuole e negli oratori: ci sono molte famiglie giovani. Invecchia, però, la comunità cristiana, ovvero coloro che frequentano la chiesa. Le generazioni giovani, intendo i 40-50enni, hanno uno stile di vita che mette al centro il lavoro e impedisce loro di approfondire le cose importanti. Siamo la società del benessere, ma è molto difficile trovare tempo per rientrare in sé e dare il senso alle cose. E lo dimostra il fatto che ci siano tante incertezze nelle famiglie nel dare le linee educative. C’è l’impressione che i ragazzi siano lasciati a sé stessi. Non è colpa di nessuno. Ma è importante che la comunità cristiana lanci un appello a un risveglio”.
Desio è una città viva?
“L’associazionismo è molto vivo su diversi temi: sociale, culturale, sportivo. Mi sembra però che ognuno coltivi il proprio orticello. Ed è molto difficile creare eventi pubblici, per fare partecipare attivamente la cittadinanza. Oggi gli eventi di aggregazione sono più legati al business che alla partecipazione spontanea e volontaria. Ogni manifestazione popolare è mortificata. Parlo a livello generale. Ci sono troppi paletti burocratici. Va bene garantire la sicurezza, ma a volte agli organizzatori si pongono delle questioni assurde”.
Quali sono i ricordi più belli legati ai suoi 7 anni a Desio?
“E’ difficile dirlo perché temo di dimenticare qualcosa o qualcuno. Gli anni del restauro della cupola sono stati sicuramente significativi. L’intervento alla cupola della Basilica non era programmato ma si è reso necessario per questioni di sicurezza, perchè il pericolo era imminente. E’ stato un momento in cui si è percepito che la città ha bisogno di simboli, non necessariamente di carattere religioso. La mobilitazione per la raccolta fondi è stata interessante. E’ stato un momento intenso, di attività culturali, artistiche, incontri, musica, partecipazione. Il gruppo di lavoro ha dimostrato come un ristretto numero di persone, se motivato, riesce a fare molto. Questo è stato sicuramente un modello positivo”
Quali sono invece i ricordi meno piacevoli?
“Il Covid è stato sicuramente una fase negativa, anche perché ha lasciato in eredità una certa chiusura nell’individuale. Forse solo ora iniziamo a rivedere una certa vivacità, anche se è ancora difficile vedere il tema dell’impegno sociale. Bisogna fare in modo che la gente si rialzi in piedi e riprenda in mano la propria vita. Anche qui tante persone sono morte. Dopo il lockdown abbiamo contattato le famiglie che hanno avuto dei lutti e per ciascun defunto abbiamo celebrato una messa. Abbiamo coltivato la memoria dei defunti e questo è stato molto apprezzato.
Vorrei inoltre ricordare alcune figure importanti, capisaldi della vita comunitaria, che sono venute a mancare in questi anni, anche dopo il Covid. Mi vengono in mente Giorgio Trabattoni e Nino Valtorta. Due persone che hanno dato tanto alla comunità, senza chiedere niente in cambio. Persone disponibili e creative. Sono stati compagni di strada generosi, che vanno ringraziati”.
Molti cittadini si chiedono come mai il teatro parrocchiale del centro sia chiuso
“Con una battuta, direi che i parroci della generazione precedente alla mia vengono ricordati per le realtà che hanno inaugurato. Io ho timore che la nostra generazione sarà quella che dovrà, con dispiacere, chiudere o sospendere alcune attività e realtà. Il primo giorno in cui sono arrivato a Desio, nel settembre 2016, nella chiesa di Santa Maria sono caduti calcinacci e abbiamo dovuto chiuderla. La chiesa del Crocifisso è chiusa in inverno perché il riscaldamento è costoso. Tra le strutture che hanno avuto problemi, c’è il teatro che è inagibile e avrebbe bisogno di un intervento strutturale. Mi dispiace, inoltre, che dopo il Covid non siamo stati più in grado di riaprire l’università del tempo libero”
In questi anni ha partecipato alle feste islamiche della comunità pakistana: è stato importante il dialogo?
“C’è stato un forte legame con la comunità pakistana che mi è stata presentata fin dal primo giorno in cui sono arrivato. Ci sono state molte occasioni di incontro e amicizia, di cui sono grato. Pur essendo una minoranza qui tra noi, i pakistani mi hanno accolto in occasione delle loro feste, con delicatezza e attenzione . Sono stati preziosi, inoltre, i messaggi di auguri che ci hanno sempre scritto a Natale, messaggi improntati da fraternità, stima e desiderio di pace”
Come sono stati i rapporti con le istituzioni?
“Con le amministrazioni comunali i rapporti sempre stati molto cordiali e di stima reciproca. Ci siamo sentiti spesso sul tema dell’ educazione, per le scuole paritarie e per le proposte estive. Ci sono stati sempre molti contatti anche tra i centri di ascolto parrocchiali e i servizi sociali. Il confronto è sempre stato aperto, a volte dialettico. Abbiamo cercato insieme delle soluzioni al tema del disagio. Ricordo, tra tutti, il tema della casa. Il consiglio pastorale ha lanciato due appelli su questo fronte. Serve una progettualità più ampia”
Che consigli si sente di dare a Don Mauro Barlassina, che prenderà il suo posto?
“Al mio successore suggerisco di stare con la gente. Noi abbiamo tanti impegni anche al punto di vista della gestione delle parrocchie. Ma io ho cercato di privilegiare le relazioni con le persone, anche con chi frequenta poco la vita della chiesa. I battesimi, i matrimoni, i funerali sono occasioni per entrare in contatto con le persone, sono momenti fondamentali”