L’altro lato del nubifragio: i bar serrati. Come il Masnada di Brugherio

Il locale di Parco Increa ha lasciato a casa 15 collaboratori. Fatturato tagliato del 25% e nell’umido sono finiti alimenti per migliaia di euro.
L’altro lato del nubifragio di luglio: i danni agli pubblici esercizi collocati nei parchi chiusi per gli alberi caduti e pericolanti. A Brugherio a pagare sono state due attività, una delle quali è tuttora chiusa perché inserita nel Parco Increa. Si tratta del Masnada, bar and food gestito su concessione del Comune dalla cooperativa La Corte dei Miracoli, fatta di 5 soci che, nel periodo estivo, impiegano anche 15 persone con contratti a termine. “Sono tutte a casa in questo momento – spiegano i cinque – e in diversi casi hanno famiglie monoreddito che nei mesi estivi poggiano sul loro lavoro al Masnada. Gente giovane, ma anche persone mature: 54 anni. Giornali, social e altri mezzi che hanno raccontato i danni del maltempo in Brianza non hanno mai parlato di questo aspetto che invece è socialmente molto rilevante”.
BAR SERRATO PER I DANNI AL PARCO
Il Masnada è aperto tutti i giorni, per tutto il giorno, in alcune serate anche con concerti dal vivo. Ma questi orari sono circoscritti al periodo tra marzo e settembre. In inverno si apre solo nel fine settimana, l’attività si contrae e sul campo restano solo i cinque soci: Luca Alpini, Paolo Pesenti, Mimmo Maiorino, Chiara Magni, Konè Souleymane. Facile comprendere che perdere mesi di attività, per la chiusura del parco significa rimetterci una fetta importante del fatturato (il 25%, dicono) e non dormire la notte nel timore di non ottenere ammortizzatori sociali per pagare il personale a casa. I pronostici dell’Amministrazione comunale riferiti oggi, 31 agosto, sono quelli di una riapertura al pubblico per la metà di settembre. A quel punto saranno quasi 2 i mesi di serrata per il bar che fa anche pranzi e cene.
MIGLIAIA DI EURO IN CIBO BUTTATO
“Avevamo appena preso due ragazzi di 17 anni ma li abbiamo dovuti lasciare a casa dopo una settimana” raccontano i soci. Hanno facce e colorito di chi non ha fatto le vacanze. C’era troppo da fare e la speranza, giorno dopo giorno, di poter riaprire a breve: “Ci siamo mossi subito scrivendo al Comune, offrendoci di liberare noi il sentiero per il bar da ramaglie e alberi. Abbiamo sperato che si potesse predisporre una messa in sicurezza parziale per rendere accessibile l’attività. E abbiamo fatto una corsa per salvare i generi alimentari”. Con il carrello, a piedi perché l’accesso ai mezzi era vietato, si è salvato il salvabile, ben poco. Migliaia di euro di derrate alimentari sono finite nei cassonetti dell’umido.
Ovvio immaginare che l’attesa della riapertura è trepidante, “rischiamo di dover chiudere i battenti”, paventa qualcuno. Qualcun altro segnala anche il problema, a cascata, dell’indotto: “abbiamo appena finito di parlare con il fornitore della birra. Senza i nostri ordini avrà delle difficoltà quest’anno e gli abbiamo anche dovuto dire che lo pagheremo in tre anni”.