Sanità

Sangue infetto: da Brugherio uno dei contagiati guida la battaglia

Luciano Ruffinoni ha preso l'Epatite C dalla moglie, vittima del sangue infetto: "Significa vivere con pochi amici perchè hanno paura".

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Luciano Ruffinoni.

Vittime del Sangue Infetto: il referente di un nuovo comitato spontaneo per Lombardia e Piemonte da quest’anno è Luciano Ruffinoni di Brugherio. Perché molti dei predecessori sono morti, contagiati da trasfusioni non controllate, per Epatite C e Hiv. Gli strascichi dello scandalo che ha colpito in Italia tra gli anni ’70 e ’90 sono lunghi anche se da tempo fuori dalle prime pagine: cittadini che lottano con i sintomi di patologie croniche e che percepiscono un indennizzo mensile di 700 euro, prova tangibile di una responsabilità riconosciuta dal Ministero della Sanità. E contributo irrisorio per chi non è in grado di lavorare (e vivere dignitosamente) per colpa della malattia.

I RISARCIMENTI PER LE PATOLOGIE DA SANGUE INFETTO

Nesso di causa da accertare, data del contagio, prescrizione sono grossi freni a risarcimenti più equi che decine di migliaia di contagiati non riescono ad ottenere. Proprio sul fronte dei risarcimenti il gruppo di cui fa parte Ruffinoni sta lavorando, anche nelle aule dei tribunali, in cerca di giustizia. “In questo comitato siamo meno di 10 persone – spiega il brugherese – molti in questi anni sono morti. Ci siamo divisi le aree regionali e tanti di noi intanto procedono con le loro cause legali personali.

LE CAUSE LEGALI

Nel mio caso si contano il ricorso al Presidente della Repubblica, il ricorso al Tar del Lazio, al Consiglio di Stato, al processo di Brescia e andrò alla Corte Europea. Come comitato ci stiamo muovendo anche a livello politico (stiamo dialogando con Massimiliano Romeo) e cerchiamo di ottenere soprattutto modifiche a due leggi, la 210 del 1992 e il 27 bis, decreto legge 90/2014, sull’equa riparazione. Lo scopo è quello di allargare gli aventi diritto ai risarcimenti”.

L’ESPERIENZA DI RUFFINONI DI BRUGHERIO

Ruffinoni ha 65 anni, è un contagiato indiretto, ha contratto l’Epatite C dalla moglie Marina Banfi, a sua volta vittima del sangue infetto per una trasfusione. Venne effettuata sulla fine degli anni ’70 al San Gerardo di Monza. Per lei come per migliaia di altri italiani furono usate le sacche infette con emoderivati prelevati da soggetti ignoti, senza una verifica sui possibili virus e senza il trattamento con inattivatori virali. Da decenni supera le difficoltà di una competenza inadeguata (prima della pensione era idraulico) per studiare i documenti: ha imparato a capire i dettagli dei procedimenti giudiziari e quelli dell’ambito sanitario. Racconta lo scandalo del sangue infetto su scala nazionale, cita Duilio Poggiolini  direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del Ministero della Sanità al tempo dei fatti. Secondo i dati dell’Associazione politrasfusi, tra il 1985 ed il 2008 sono state 2605 le vittime di trasfusioni con plasma infetto. Sono 66 000 le richieste di risarcimento giunte dai pazienti al Ministero della Salute, ma l’inchiesta, dopo il trasferimento da Trento a Napoli, è stata archiviata nel 2005 per prescrizione dei termini e impossibilità di prova del nesso di causalità.

UNA VITA SEGNATA

Ruffinoni ha il piglio del combattente, ha girato l’Europa per i problemi di salute della moglie e per le complicazioni del contagio, ma la voce gli si incrina quando racconta cosa è significato per lui e la moglie, nella quotidianità, avere una malattia cronica, grave e trasmissibile: “significa avere pochi amici, perché hanno paura, significa dover dire sempre che sei un infetto, ogni volta che vai dal dentista o a una visita. Lo faccio per responsabilità, per tutelare chi ho davanti, ma è un dolore, ogni volta”. E poi cita una delle figure chiave dell’inchiesta, una vittima che ha contratto l’Epatite C in una trasfusione seguita a un incidente, Angelo Magrini che con la sua testimonianza diede il via alle indagini: “siamo vittime innocenti di uno stato latitante”. Da Brugherio in Brianza, Ruffinoni porta avanti una battaglia di interesse nazionale nella quale una delle grandi difficoltà è quella di accedere alle cartelle, “per scovare quella di mia moglie e leggere la scritta “provenienza non nota” del sangue ricevuto, ho dovuto seguire le tracce di quei cartellini di cartone che mettevano ai piedi dei letti d’ospedale”. Agli altri brianzoli nelle stesse condizioni che si vogliano impegnare al di là del caso personale rivolge l’invito a contattarlo al numero 3382570169.

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