I 130 anni della Cgil Monza e Brianza, “Senza togliersi il cappello” riempie il Manzoni!

L’opera teatrale, inedita, autoprodotta e interpretata da giovani attori, ha raccontato la Monza dei cappellifici tra fine Ottocento e la Seconda Guerra Mondiale. Al centro della storia il personaggio di Ettore Reina.
Monza. Un’epoca è fatta dalla moltitudine di persone che la vivono, la creano e l’attraversano. Poi, però, ci sono pochi individui che riescono a diventare simboli di un periodo storico e sociale fino ad assumere il ruolo di “monumenti umani” nella pagine della Storia.
Per Monza e la Brianza tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, quella dove i capelli erano il prodotto trainante di una fiorente industria manifatturiera, Ettore Reina è sicuramente un personaggio centrale nella direzione della lotta per i diritti e le tutele di lavoratori e lavoratrici.

Ed allora per la Cgil di Monza e Brianza, che nel 2023 festeggia i 130 anni dalla fondazione della Camera del Lavoro di Monza, tra le prime a nascere in Italia l’1 ottobre 1893, è stato quasi naturale voler ricordare le proprie origini proprio raccontando Reina e il suo mondo nello spettacolo “Senza togliersi il cappello – Le voci del lavoro”, andato in scena il 12 ottobre al Teatro Manzoni di Monza.
LA TRAMA
L’opera teatrale, inedita e autoprodotta, ha ripercorso le tracce principali di una vicenda, personale e allo stesso tempo generale, che nello spazio di pochi decenni ha avviato cambiamenti i cui effetti si sono protratti nel tempo e sono arrivati sino ai giorni nostri.
In un teatro Manzoni pieno non solo di spettatori, ma anche di striscioni che testimoniano battaglie vecchie e nuove della Cgil, da quella contro la violenza sulle donne alla più recente in difesa della sanità e dell’istruzione, è emersa con forza la passione, animata da ideali cristallini, di Ettore Reina e di uomini quali Costantino Lazzari.
I giovani attori in scena, Matilde Burzotta, Gregory Fontana, Lorenzo Galimberti, Francesco Longoni, Federica Mazzei e Alessandro Carlo Restelli, accompagnati dall’esperienza e dalla professionalità di Claudio Cremonesi, nello spettacolo Ettore Reina, hanno dato vita ad un numero impressionante di personaggi. Alcuni di caratura nazionale, altri monzese e brianzola. Sindacalisti, politici, uomini e donne del popolo.
PASSATO, PRESENTE E FUTURO
Sul palco più importante di Monza, impreziosito dalle scenografie preparate dal Liceo Artistico “Nanni Valentini” di Monza e dalle maschere e dagli oggetti di scena di Enrico Mason, immortalato dalle foto di scena di Federica Casetta e reso coinvolgente dall’audio e dalle luci di Marcello Seregni, si è parlato di giustizia sociale, di pace e libertà.
Conquiste oggi date erroneamente per scontate, che invece sono da difendere strenuamente. Come dimostra la manifestazione che il 7 ottobre ha portato a Roma più di 100 associazioni, reti e realtà della società civile. Anche perché i diritti e le tutele conquistate dai lavoratori e dalle lavoratrici in anni di rivendicazioni oggi rischiano di essere messe in discussione.
Soprattutto per questo lo spettacolo “Senza togliersi il cappello – Le voci del lavoro”, frutto della scrittura scenica e della messa in scena di Davide Fossati e Fausto Longoni, con la consulenza storica e bibliografica di Giuseppe Maria Longoni e la ricerca storica e bibliografica di Matteo Casiraghi, è di un’attualità estrema.

Pur descrivendo, infatti, un’epoca a noi lontana, ancora profondamente contadina, ma che già mostrava i segni dell’industrializzazione, in primis quella dei piccoli cappellifici tradizionali, capaci a Monza di produrre 20 milioni di cappelli in un anno ed esportarli in tutto il mondo, mostra l’ardore per l’equità salariale e la tutela dei diritti necessario anche oggi per affrontare le nuove trasformazioni derivanti dalle sfide ambientali e della digitalizzazione.
L’INTERPRETAZIONE
Non meraviglia, quindi, che al Manzoni, nelle circa due ore dell’opera teatrale, i giovani attori, tutti tra i 21 e i 23 anni, appena diplomati in recitazione alla Scuola Moholedi Milano, nelle loro continue entrate ed uscite di scena abbiano anche frequentemente fatto un salto temporale. A confronto il nostro oggi fatto di un lavoro impoverito e reso meno dignitoso da varie forme di precariato e gli anni tra fine Ottocento e la Seconda Guerra Mondiale, pieni di usurpazioni, lotte politiche e differenze di classe sociale, non sono sembrati in fondo così diversi.
Mussolini, Lenin, Pertini, Parri, Rosselli, Turati e Altobelli, solo per citare alcuni dei personaggi portati sul palco da “Senza togliersi il cappello – Le voci del lavoro”, hanno fatto parte, ognuno con la propria valenza, di una Storia il cui lungo filo non si è mai davvero spezzato. E che andrà a scrivere anche il prossimo futuro.

“Unità, autonomia, rappresentanza, solidarietà e giustizia sono ancora le parole che attraversano il mondo del lavoro oggi – afferma Walter Palvarini, Segretario generale della Cgil di Monza e Brianza – il sindacato continua ad interrogarsi per dare le risposte più adeguate alle istanze dei lavoratori e delle lavoratrici”.
L’ESEMPIO
Nessuno ha la sfera di cristallo per sapere con esattezza quel che ci aspetterà, ma sicuramente avremo ancora bisogno di uomini come Ettore Reina, dotati di valori saldi e della capacità di scendere in strada e bussare alle porte di tutti con l’obiettivo di raggiungere il benessere di ciascuno.
Uomini che abbiano il coraggio di scelte difficili. Come quando proprio Reina, tra i fondatori della Camera del Lavoro di Monza e della Cgil, segretario generale dell’Unione internazionale dei cappellai, rifiutò l’offerta di un Mussolini ormai al potere di creare una federazione di sindacati fascisti. E preferì continuare in clandestinità la sua attività di sindacalista socialdemocratico.

IL MESSAGGIO
A vedere “Senza togliersi il cappello – Le voci del lavoro” al Teatro Manzoni di Monza non sono mancati, oltre ad esponenti di tutti e tre i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, anche rappresentanti delle istituzioni locali, delle associazioni di categoria e della società civile.
“Il lavoro è trasformazione della realtà che è intorno a noi – afferma Paolo Pilotto, sindaco di Monza – ognuno deve farsi carico della propria parte e alla Cgil deve andare il nostro grazie perché porta avanti ideali di unità e condivisione in un mondo dove è sempre più diffuso il pensare agli interessi individuali e di parte”.

Il bisogno di agire secondo il “noi” come unico modo per l’affermazione di tanti “io” è condiviso anche da Lara Ghiglione della Segreteria nazionale della Cgil. “Bisogna ripartire dal sentirsi parte di una comunità – conclude – è importante lavorare per la propria emancipazione senza dimenticare e lasciare indietro gli ultimi”.