Monza, al Manzoni l’attore e regista Arturo Cirillo porta in scena Ferdinando

L’attesissimo spettacolo, sul palco da venerdì 1 a domenica 3 dicembre, è basato sul capolavoro del drammaturgo Annibale Ruccello.
Il palcoscenico del Teatro Manzoni di Monza ospiterà, da venerdì 1 a domenica 3 dicembre 2023, l’attesissimo spettacolo “Ferdinando”, firmato dal regista Arturo Cirillo e basato sul capolavoro del drammaturgo Annibale Ruccello. Lo spettacolo vanta un cast di talentuosi attori, tra cui Sabrina Scuccimarra, Monica Piseddu, Arturo Cirillo e Nino Bruno, mentre la regia è curata dallo stesso Cirillo.
Arturo Cirillo, già acclamato per le sue riuscite interpretazioni delle opere di Ruccello come “Le cinque rose di Jennifer” e “L’ereditiera”, entrambe vincitrici del prestigioso Premio Ubu, si cimenta ora con un altro capolavoro, mantenendo l’equilibrio tra classicismo e contemporaneità.
Trama
Il dramma di Ruccello, ambientato nell’agosto del 1870, racconta la caduta del Regno delle Due Sicilie e la reazione della baronessa borbonica Donna Clotilde nella sua villa vesuviana. La nobildonna è afflitta da un profondo disprezzo nei confronti del re sabaudo e dell’Italia piccolo-borghese nata dall’unificazione recente.
Gesualda, è la cugina povera e amara, nonché segreta amante del corrotto prete Don Catellino, che si prende cura dell’ipocondriaca nobildonna. Tuttavia, l’arrivo di Ferdinando, un sedicenne dalla bellezza efebica, sconvolgerà l’equilibrio domestico, risvegliando passioni sopite e mettendo a nudo antichi delitti.

Con scenografie di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi, disegno luci di Badar Farok e musiche di Francesco De Melis, lo spettacolo promette di immergere il pubblico nell’atmosfera intensa e coinvolgente di un classico intramontabile. Ma la domanda rimane: chi è veramente Ferdinando?

Note di regia
Logica ed inconsueta, allo stesso tempo, mi appare la mia decisione di portare in scena Ferdinando di Annibale Ruccello. Logica perché riconosco in Ruccello un mio autore, un autore sul quale sono tornato più volte, e con spettacoli per me importanti. Ma la scelta mi appare anche inconsueta, poiché per me Ferdinando è sempre stato legato allo spettacolo che curò l’autore stesso (nonché primo interprete del ruolo di Don Catellino), che ha girato per molti anni tutta l’Italia avvalendosi della grande interpretazione di Isa Danieli.
Inoltre per me il testo è sempre apparso molto diverso da tutti gli altri di Ruccello, un testo più realistico, storico, un dramma con una struttura classica. Il desiderio per un inafferrabile adolescente, nato da un inconsolabile bisogno d’amore, matura nella mente di tre personaggi disperati (Donna Clotilde, Donna Gesualda e Don Catello), prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall’abitudine.

Allora tutto l’aspetto storico mi è apparso una finzione, un teatro della crudeltà mascherato da dramma borghese, in cui anche la lingua, il fantomatico napoletano in cui si sostanzia Donna Clotilde, è esso stesso lingua di scena, lingua di rappresentazione, non meno del tanto “schifato” italiano.
Una scena composta da un unico grande drappo che scende dall’alto e contiene il luogo dell’azione, un luogo claustrofobico in cui convivono tutti i personaggi, che vediamo spogliarsi, rivestirsi, incontrarsi (come in un film di Luis Bunuel).
Personaggi rinchiusi in abiti scuri, monacali e preteschi, per devozione o lutto, ma forse solo per difesa. Illuminati da luci rivelatrici, come in un miracolo pagano, dove l’intimità delle note di un pianoforte convivono con quelle sontuose e barocche di un organo.
Poi c’è Ferdinando, ragazzino normale di un tempo presente, portatore solo del proprio corpo giovane sul quale gli altri tre personaggi, di questo quartetto, disegnano le proprie visioni e i propri desideri. Trascendendo dalla persona in sé, come spesso avviene nell’innamoramento, si ingannano e si lasciano ingannare.
Dopo gli resta solo la constatazione del proprio fallimento e della propria folle e disperata solitudine, in un luogo spettrale abitato dai morti e dai ricordi.
Mi pare che con Ferdinando, ancora una volta e ancora di più, Ruccello faccia fuori i generi, sessuali e spettacolari, per mettere in scena l’ambiguo e il sortilegio.
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